“FAKECARE”, programma triennale promosso dal gruppo eCrime dell’Università di Trento e finanziato dalla Commissione Europea con oltre 400.000 euro per sventare la contraffazione in collaborazione con la polizia
Maxi sequestri di farmaci ed integratori illegali, venduti online e per canali alternativi alle farmacie; ricoveri o decessi legati all’assunzione di farmaci acquistati in rete; denunce e arresti per contraffazione di medicinali: la cronaca è piena di episodi che denunciano quanto il fenomeno del commercio online di farmaci contraffatti sia pervasivo e pericoloso. L’ultimo caso (l’operazione Pangea V, coordinata da Interpol) che ha guadagnato le prime pagine dei quotidiani di tutto il mondo è stata la maxi operazione che ha coinvolto 100 paesi e portato all’arresto di 80 persone e al sequestro di 3,7 milioni di medicinali contraffatti potenzialmente rischiosi per un valore di oltre 10 milioni di dollari.
Per affrontare il problema, la Direzione generale affari interni della Commissione Europea ha riservato una sezione specifica al tema della contraffazione e della criminalità nel settore farmaceutico nell’ambito del bando ISEC 2011, lanciato per finanziare progetti di ricerca nel settore del crimine economico. Una vera e propria minaccia alla salute pubblica, quella delle truffe farmaceutiche online, su cui si propone di lavorare il progetto “FAKECARE” (www.fakecare.com), promosso dal gruppo eCrime della Facoltà di giurisprudenza dell’Università di Trento, che si è aggiudicato il finanziamento di oltre 400.000 euro per tre anni (2012-2015), di cui oltre 366.000 euro dalla Commissione Europea.
Una collaborazione che si sviluppa da Trento che abbraccia una rete di partner nazionali e internazionali di primo piano nel settore, come l’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) – una delle agenzie regolative sui farmaci più attive in questo settore – e beneficia dell’esperienza di Domenico Di Giorgio, direttore dell’Unità prevenzione contraffazione, considerato uno dei massimi esperti in Europa sul tema. La collaborazione scientifica si estende anche fuori dai confini nazionali con l’Università di Teeside (UK), il Centro Ricerche e Studi su Sicurezza e Criminalità (RiSSC), l’INTERPOL (ICPO – Medical Products Counterfeiting and Pharmaceutical Crime) e l’Istituto internazionale per la prevenzione dei medicinali contraffatti (IRACM – FR).
La contraffazione di medicinali e il loro commercio online sono due fenomeni, tra loro strettamente correlati, che hanno raggiunto dimensioni allarmanti, soprattutto per quanto riguarda l’impatto sulla salute pubblica.
Il progetto si basa su competenze multidisciplinari maturate dai vari ricercatori coinvolti in ambiti accademici e professionali diversi tra loro. Esperti di diritto, criminologia, scienze statistiche e informatica metteranno a disposizione la loro competenza per mettere a punto strumenti sofisticati per aiutare le istituzioni a contrastare e prevenire il fenomeno. Per farlo, utilizzeranno le risorse messe a disposizione da nuovi sistemi di ricerca, quali l’etnografia virtuale, le indagini via web e persino l’osservazione diretta del comportamento dei potenziali clienti anche attraverso siti trappola. Cuore del progetto è proprio la costruzione di un prototipo che sfrutta le potenzialità delle ICT per l’identificazione automatica delle farmacie online illegali. La migliore conoscenza dei meccanismi di domanda e offerta che il progetto garantirà sarà offerta a forze dell’ordine e istituzioni coinvolte per rendere più efficienti le misure di prevenzione e contrasto del fenomeno.
I ricercatori sono già al lavoro e il progetto offrirà inoltre un metodo attendibile per misurare il rischio che un determinato farmaco sia contraffatto e venduto online. Ogni farmaco può essere più o meno vulnerabile a secondo delle sue caratteristiche e della sua appetibilità. Possiede infatti un rischio intrinseco di diventare oggetto di attività di contraffazione (e conseguente commercio online). Misurare preventivamente questo rischio consente, già nella fase di produzione, di inserire dispositivi adeguati anticontraffazione nel packaging. Un’attività di prevenzione mirata – in termini tecnici “crime proofing” – dei prodotti per renderli a prova di criminalità, che possono svolgere già le case produttrici.
Il commercio di medicinali contraffatti – così come avviene per altre attività illecite, come il traffico d’armi o di organi o la prostituzione – prende piede là dove vi è un ambiente particolarmente favorevole, tra le pieghe di sistemi di controllo inefficaci o non adeguati a controllare un fenomeno in rapida crescita. Si tratta di un’attività estremamente lucrativa per le organizzazioni criminali, perché aggira gli alti costi di produzione dei principi attivi (che pesano per circa il 95% sul costo finale), mettendo sul mercato prodotti contraffatti a basso costo, che assomigliano agli originali e garantiscono un volume d’affari costante. Si stima che la contraffazione di un farmaco di grande diffusione renda circa 500.000 dollari su un investimento iniziale di 1.000 (dati IFPMA). La pratica della contraffazione è particolarmente efficace perché riesce a sfruttare le zone grigie della lunga e tortuosa catena che lega il produttore al consumatore.
A contribuire alla diffusione del fenomeno è l’assenza di pene adeguate a sanzionare i crimini di questo tipo. Circa il 30% dei Paesi in tutto il mondo, infatti, manca di una legislazione ad hoc oppure ne adotta una poco restrittiva. Il fatto di non riconoscere la contraffazione di farmaci come crimine peggiora ulteriormente la situazione, perché le discrepanze tra i sistemi legislativi degli Stati rendono difficoltoso perseguire i colpevoli a livello trasnazionale.
Ad aggravare la situazione, l’allentamento dei controlli alla dogana ha fatto sì che il commercio di farmaci illegali assuma proporzioni enormi (da mezzo milione nel 2005 a 4 milioni nel 2007). Nel 2010, ad esempio, il 69% degli articoli intercettati dai controlli doganali era costituito da sostanze illecite. Nei Paesi europei, dove è anche possibile adattare e modificare il packaging del prodotto si stima che il commercio illegale di sostanze farmaceutiche abbia raggiunto quota 10,5 milioni di euro nel 2010. Internet costituisce senz’altro un veicolo formidabile per i traffici illeciti, perché garantisce l’anonimato. Ben il 96% delle farmacie online sarebbero infatti non autorizzate (stime NAPB).