l’Italia è pronta per il biologico

Cia: «il 28% delle imprese ortofrutticole italiane produce biologico, agricoltori sensibili alla sostenibilità». La Ue ha stanziato 40 milioni di euro a sostegno del settore.

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Dati positivi sul biologico secondo Cia-Agricoltori secondo cui il settore ortofrutticolo italiano è pronto per affrontare la sfida europea alla transazione verso il bio. 

Durante il confinamento da Coronavirus, l’ortofrutta è uno dei pochi settori che ha continuato la sua ascesa, aumentando del 20% per il reparto della frutta, e del 13% per la verdura. Si tratta di un vero è proprio pilastro del “Made in Italy” che vanta un fatturato di 13 miliardi di euro e più di 300.000 aziende all’avanguardia sia dal punto di vista economico che ambientale.

Cia afferma come oggi il 28% delle imprese ortofrutticole italiane produce biologico, numeri che evidenziano quanto gli agricoltori siano sensibili alla sostenibilità e all’innovazione. Le direttive europee sono chiare ed orientate alla sostenibilità e all’innovazione, tematiche centrali nel “Green New Deal”, nelle strategie “Farm to Fork” e “Biodiversity”. Cia ritiene il settore ortofrutticolo italiano all’altezza di affrontare la sfida ambientale europea purché le istituzioni, sia europee che nazionali, tengano conto di alcune priorità per raggiungere il traguardo biologico. «Garantire agli agricoltori strumenti ad hoc per continuare a produrre e fare reddito; aumentare la resistenza alle crisi di mercato; far fronte ai crescenti rischi fitosanitari con minor disponibilità di sostanze attive; soddisfare i bisogni dei consumatori, sempre più interessati a prodotti ortofrutticoli “100% Made in Italy”»

Il presidente nazionale di Cia, Dino Scanavino, ha ribadito «l’importanza dell’innovazione tecnologica al fine di puntare su soluzioni alternative come la chimica verde, essenziale per ridurre l’impatto ambientale e per dare alternative economiche interessanti alle imprese, specialmente in un momento di crisi come quello che stiamo vivendo».

La Pac «potrà essere di supporto concreto al “Green New Deal” se saprà essere moderna e semplificata, continuando a perseguire altri obiettivi di sostenibilità – continua Scanavino – come un adeguato reddito ai produttori, aree rurali rivitalizzate e sempre maggiore protagonismo degli agricoltori, anche tramite il sistema delle Op e delle organizzazioni interprofessionali che nell’ortofrutta sono una realtà consolidata. Infine, per essere competitivi sui mercati internazionali, va costruita una politica commerciale a tutela del settore, il cui export solo in Italia vale 8,4 miliardi».

Intanto, la Commissione europea ha appena aperto una consultazione pubblica sul Piano d’azione per il biologico ed ha stanziato 40 milioni di euro per le politiche di promozione biologico del 2021. «Oggi più che mai – spiega una nota di FederBio – la questione abbraccia diversi stati che puntano al biologico come modello di riferimento per il sistema agroalimentare».

Causa restrizioni a seguito della pandemia, per evitare difficoltà burocratiche alle imprese ed agli operatori del sistema biologico, la commissione Ue ha proposto il rinvio al 1° gennaio 2022 dell’entrata in vigore del nuovo Regolamento UE 848/2018 sul biologico. In questo quadro, FederBio punta il dito sull’Italia, ritenendo inammissibile che il Paese non si allinei a questa strategia, rischiando di non sfruttare le risorse finanziarie stanziate dall’UE ed andando a gravare nel lungo periodo sul territorio e sui giovani.

«Mentre l’Europa sta puntando con decisione sul biologico, è paradossale che in Italia la legge sul bio sia ferma da oltre due anni al Senato, dopo essere stata approvata quasi all’unanimità alla Camera. In linea col “Green New Deal” europeo, riteniamo fondamentale che il nostro Paese colga al più presto tutte le opportunità legate allo sviluppo dell’agricoltura biologica – afferma Maria Grazia Mammuccini, presidente di FederBio -. Si tratta di un’occasione storica considerando che l’Italia è particolarmente vocata al biologico. Con condizioni normative e una politica agricola comune adeguate potrebbe raggiungere agevolmente il 40% di superficie biologico entro il 2030 e fare del sistema agroecologico un vero driver di sviluppo per rilanciare la nostra economia».

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