Il Coronavirus ha segnato una battuta d’arresto anche nell’agroalimentare, filiera strategica del “Made in Italy” e il primo forum Anb-Coop (Associazione di agricoltori con più di 3.000 soci su territorio nazionale che fa parte del gruppo CGBI-Confederazione generale bieticoltori italiani) e Nomisma ha fatto il punto sulle colture industriali dei cereali ed in particolare sulla soia.
Preoccupa lo scenario dei consumi alimentari domestici, fiaccati da una ristorazione chiusa per quasi tre mesi e dove spicca, tuttavia, un nuovo atteggiamento del consumatore sempre più orientato a guardare con attenzione all’origine e alla sostenibilità del prodotto, elementi che hanno peraltro acquisito maggior rilievo durante il confinamento. Si è registrato un calo del 6,4% dell’export di alimentari & bevande dall’Italia verso i paesi Ue nel mese di aprile, rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso, ma basta osservare il business annuo dei prodotti lattiero-caseari all’estero nel 2019 – pari a 2,8 miliardi di euro – e quello di prosciutti e insaccati – pari a 1,8 miliardi –, per capire che la sostenibilità economica della nostra zootecnia è sempre più legata alle esportazioni e alle nuove opportunità offerte dal mercato globale.
I dati Nomisma evidenziano che le filiere zootecniche scontano ancora uno scarso autoapprovvigionamento di materie prime proteiche a fronte di una produzione di mangimi in crescita (+1,3% sul 2018), spinta dalla richiesta degli allevamenti soprattutto quelli avicoli, il cui patrimonio è aumentato del 10% nel decennio. Va sottolineato che più fattori – PAC, prezzi remunerativi e calo delle superfici coltivate a mais (da granella) in Italia – hanno incentivato gli agricoltori a investire in proteoleaginose (soia, colza, girasole): il grado di autoapprovvigionamento della soia è passato dal 20% al 36% nel periodo 2009-2019 e il Paese mantiene saldamente la posizione di vertice della produzione in Europa; stesso andamento per il girasole, dal 43% al 57% e per la colza, dal 30% al 51%. C’è poi da annotare che circa il 23% delle imprese alimentari, intervistate nella ricerca Nomisma sugli effetti del Coronavirus, intende incrementare la fornitura regionale di materie prime.
Il forum ha dato il via a una serie di incontri che metteranno al centro l’agricoltura e la ricerca e che coinvolgeranno imprenditori, industriali, esperti di settore e rappresentanti delle istituzioni, con l’obiettivo di affrontare il mutevole scenario della domanda-offerta e le dinamiche di un mercato globalizzato e favorire la condivisione di strategie produttive e commerciali tra i principali player.
«Il Covid-19 ci lascia in eredità uno scenario complicato e in continua evoluzione dove però si possono individuare alcuni punti fermi – afferma Denis Pantini, responsabile Agroalimentare di Nomisma -. Tra questi una maggior necessità di fare filiera nei comparti agroalimentari sia alla luce della rinnovata rilevanza strategica riconosciuta al settore da parte delle istituzioni e dell’opinione pubblica, sia dallo stesso consumatore che vede nell’italianità e nella sostenibilità delle produzioni i principali valori ricercati al momento degli acquisti alimentari».
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