L’agricoltura punta al rilancio della cerealicoltura italiana dopo anni di declino per soddisfare la domanda di grano duro da destinare a prodotti alimentari, ad iniziare dalla pasta, interamente italiani.
Il Gruppo Barilla, a partire dal 2020, intende acquistare 120.000 tonnellate in più di prodotto nazionale, totalizzando 800.000 tonnellate per un valore di oltre 240 milioni di euro l’anno. Il tutto con la regia del ministero delle Politiche agricole, alimentari e forestali, che investirà 40 milioni di euro a sostegno dei contratti di filiera nel periodo 2019-2022attraverso un aiuto a ettaro agli agricoltori.
Il ministro Teresa Bellanova il vicepresidente del Gruppo di Parma, Paolo Barilla, hanno siglato un protocollo con un doppio obiettivo: rilanciare la cerealicoltura italiana valorizzando la filiera del grano duro italiano e rispondere alla domanda che chiede sempre più pasta al 100% italiana, quando la produzione odierna si basa in maggioranza sulle importazioni di grano dall’estero con il Canadain testa.
Secondo l’Ismea, le vendite di pasta integralmente italiana sono aumentate lo scorso anno dell’11%, mentre per la generica sono calate dell’1,2%. «Questo protocollo ci potrà aiutare a scrivere una nuova pagina per il futuro del grano duro in Italia», ha detto Bellanova precisando che l’aumento degli acquisti da parte di Barilla «conferma che intervenendo su innovazione e ricerca in Italia si possono avere materie prime di altissima qualità e garantire ai consumatori un prodotto di eccellenza».
Grazie a molti anni di lavoro e ricerca, Barilla, come ha spiegato il vicepresidente del Gruppo pastario, è in grado oggi di aumentare gli acquisti di grano italiano di quasi il 20%, trovandolo nella giusta quantità e qualità. Un impegno che continua, visto che il Gruppo con questo protocollo, si impegna a sviluppare la ricerca varietale sul grano duro di alta qualità e a promuovere tecnologie per il supporto agli agricoltori, rafforzando la cooperazione avviata con il Cnr e con altri enti di ricerca italiani.
La strategicità della filiera del grano duro per la pasta, simbolo della tavola italiana, è nei numeri ricordati dal direttore generale di Ismea, Raffaele Borriello: 200.000 imprese agricole per un valore alla produzione tra 1,2 e 1,6 miliardi di euro, che, con i loro investimenti, hanno favorito un aumento del 20% in dieci anni delle esportazioni.
Secondo Coldiretti, attorno al grano duro italiano c’è una significativa inversione di tendenza, dopo che nell’ultimo decennio è scomparso un campo di grano su cinque, con la perdita di quasi mezzo milione di ettari coltivati ed effetti dirompenti su economia, occupazione e ambiente.
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