Bizzotto: “un pesante danno ai consumatori e gravi conseguenze per gli allevatori italiani”. Barbieri: “garantire ai consumatori trasparenza e tracciabilità di quello che acquistano”
Lunedì e martedì prossimi al Parlamento europeo riunito in seduta plenaria ci sarà battaglia sul progetto di cancellare l’etichettatura volontaria dai prodotti a base di carne, rendendo uniforme i dati su tutto il territorio europeo. Uno scenario che, se concretizzato, cancellerebbe l’esperienza fin qui fatta negli ultimi dieci anni a seguito dell’epidemia di “mucca pazza” che ha causato ingenti danni all’agricoltura europea. Da quella tragica vicenda che ha colpito specialmente i produttori di Gran Bretagna, Francia e Germania (in Italia i casi sono stati contenuti: solo 142 grazie alla qualità della filiera carne e ai relativi controlli), il prodotto nazionale è uscito a testa alta imbracciando la tracciabilità di tutta la filiera, proponendo al consumatore, attraverso quella che è stata definita l’etichettatura volontaria, tutto il percorso di lavorazione della bistecca servita al consumatore.
Un sistema volontario, controllato da organismi terzi, in ogni fase della filiera: mangimificio, allevamento, macello, punto vendita. In pratica, oltre alle informazioni obbligatorie sul Paese di nascita, allevamento e macellazione del singolo bovino, si può scrivere in etichetta il nome e l’indirizzo dell’allevatore, la razza e l’età del bovino, se è un vitellone oppure una scottona. Informazioni aiutano il consumatore a scegliere, fra carne di qualità e quella “anonima”, importata e spesso di qualità scadente. Ora, l’Europa vuole abolire la parte che riguarda le indicazioni aggiuntive, scontentando chi della produzione di carne di qualità ha fatto il suo credo, ad iniziare da Fabiano Barbisan, presidente del consorzio “L’Italia zootecnica” e di Unicarne che della trasparenza e qualità delle informazioni sull’etichetta ha fatto il suo credo: “confido che i parlamentari europei intervengano in Aula per respingere l’emendamento sostituendolo con uno che chiarisca definitivamente che l’art. 16 del Regolamento 1760/2000 relativo all’etichettatura facoltativa non va soppressa”. Per Barbisan, “la normativa finora vigente ha dimostrato di funzionare bene, arginando l’industria dell’anonimato della carne bovina e delle contraffazioni”.
Questo non è tutto: sembra che la Commissione europea abbia intenzione di riammettere nell’alimentazione dei bovini da carne e da latte l’impiego di quelle farine animali messe al bando nel 2000 perché furono ritenute alla fonte della diffusione dell’epidemia della “mucca pazza”: uno scenario inquietante, che farebbe contenti solo gli allevatori senza scrupoli che vogliono rese rapide e basso prezzo dai loro animali, non importa se a discapito della qualità dei prodotti e della salute pubblica.
L’europarlamentare veneta Mara Bizzotto ha fatto propria la battaglia: “invece di muoversi verso la completa tracciabilità dei prodotti per garantire al consumatore un acquisto consapevole e di qualità, l’Europa fa un passo indietro di dieci anni e propone di abolire l’etichettatura facoltativa delle carni bovine. Una decisione senza senso e controproducente, tanto per i consumatori quanto per gli allevatori italiani e veneti, da sempre capofila nella produzione di carne di qualità”. Per Bizzotto “eliminare l’etichettatura facoltativa significa incoraggiare gli allevatori meno virtuosi e favorire l’industria dell’anonimato e della contraffazione. In Italia una bistecca su due viene dall’estero, da Paesi Ue ed extra Ue, e molto spesso non sappiamo con esattezza nemmeno da dove: per questo diventa fondamentale che il consumatore, quando si reca in macelleria o al supermercato, sappia con certezza la provenienza, la razza e soprattutto l’alimentazione utilizzata dal bovino per avere la certezza di acquistare carne di qualità”.
Su 1.200.000 bovini macellati in Italia, oltre la metà (641.701) utilizza il sistema di etichettatura facoltativa e, tra questi, ben 322.764 (pari al 50,2%) provengono da allevamenti del Veneto: “questo significa che, grazie alla straordinaria competenza e professionalità degli allevatori veneti, la maggioranza della carne commercializzata ha un elevato livello di tracciabilità che garantisce al consumatore un acquisto genuino e consapevole” commenta Bizzotto che conferma come “l’etichettatura facoltativa vada mantenuta e, se possibile, ulteriormente migliorata ed implementata. Soltanto in questo modo potremo garantire un prodotto di qualità al consumatore e un futuro competitivo agli allevamenti nostrani”. Ora, l’auspicio è che l’Italia della carne non faccia la stessa fine dell’Italia tessile, quando l’Unione Europea impedì d’introdurre su tutti i capi tessili un sistema per certificare i veri capi “Made in Italy” da quelli che di italiano avevano solo l’etichetta applicata in Cina o in altri paesi a basso costo della manodopera.