Se il Pil nazionale ristagna, l’attività manifatturiera cala a settembre (-0,4%)

La produzione industriale è ancora sotto del 20,6% rispetto ad aprile 2008. Serve una politica di sviluppo del paese che vada oltre i provvedimenti tampone e l’assistenzialismo. 

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attività manifatturiera

Ancora un calo per l’attività manifatturiera in Italia: a settembre l’indice Istat fa registrare una contrazione dello 0,4% su agosto e di ben il 2,1% sul settembre 2018. Mentre il Pil si mantiene lievemente in territorio positivo con incrementi congiunturali dello 0,1% in ciascuno dei primi tre trimestri 2019, l’attività manifatturiera continua ad accusare difficoltà ed anzi, secondo l’Istat, vi sono rischi dell’estensione del rallentamento industriale anche al settore dei servizi.

Previsione decisamente preoccupante, che porterebbe in crisi i già traballanti conti dello Stato, messi a dura provaanche dalla messa a bilancio di ben 7 miliardi dalla riduzione degli interessi sul servizio dell’immane debito pubblico nazionale, scenario già scricchiolante dalla vicenda AcelorMittal che ha contributo a fare impennare il differenziale sui tassi italiani, ormai peggiori pure di quelli di una disastrata Grecia.

Secondo Gian Primo Quagliano, presidente del Centro Studi Promotor, «il quadro dell’attività manifatturiera in Italia è decisamente preoccupante in quanto rispetto al massimo ante-crisi dell’aprile 2008, in settembre si registra ancora un calodi ben il 20,6%. E’ un dato che si commenta da solo, ma che appare ancora più grave se si considera l’importanza del settore manifatturiero per l’economia italiana. Occorre un’energica e convinta azione di governo per ridare slancio alla produzione industriale in Italia. Non è certo un obiettivo facile, ma è assolutamente essenziale dato che il Pil è attestato ancora su livelli inferiori del 4,3% rispetto al 2007, cioè rispetto all’anno che ha preceduto la grande crisi, grande crisi che in tutto il mondoè un lontano ricordo, ma che invece in Italia morde ancora». E che rischia di rodere ancora sotto l’incapacità d’azione del governo BisConte e, soprattutto, dell’accoppiata Pd-M5s.

Secondo Paolo Mameli, economista senior di banca Intesa Sanpaolo, «il punto di minimo del settore manifatturiero potrebbe essere alle spalle, ma la ripresa sarà molto lenta».

Lo spaccato per settore di attività manifatturiera mostra che la contrazione nel mese è dovuta alle attività estrattive (-10,2% m/m) e alla fornitura di energia, al netto delle quali la produzione nel solo settore manifatturiero ha registrato un aumento, in controtendenza con l’indice generale (+0,3% m/m).

La performance per settore (su base tendenziale) è molto variegata: tra i comparti manifatturieri più importanti, spicca il netto progresso dell’industria alimentare (+7,8%) e dell’elettronica (+6,4%), mentre si registrano flessioni per la maggior partedegli altri settori, in particolare per il tessile (-8,1%), il metallurgico (-7,1%) e gli articoli in gomma a materie plastiche (-5% m/m e -6,1% a/a). Ancora in calo anche i comparti cruciali dei mezzi di trasporto e della meccanica.

La produzione industriale ha chiuso il trimestre estivo con un calo di -0,5% t/t, dopo il -0,8% t/t dei mesi primaverili. Ciò significa che l’industria in senso stretto dovrebbe ancora aver frenato il PIL nel terzo trimestre.

In generale, secondo Mameli, «i dati sulla produzione industriale, così come quelli sulle indagini di fiducia delle imprese manifatturiere, stanno dando in questa fase indicazioni più negative rispetto ai dati di contabilità nazionale, visto che il PIL è cresciuto, sia pur marginalmente, in tutto l’ultimo anno, nonostante un calo della produzione industriale in media di quasi mezzo punto a trimestre».

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