La Cgia lancia il Manifesto a sostegno del ceto medio produttivo

Quasi un lavoratore su due lavora per una micro impresa. Mobilitazione della categoria in vista della legge di Bilancio 2020. Bond: «faccio mia la proposta della Cgia».

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Manifesto a sostegno del ceto medio produttivo

La Cgia di Mestre lancia il “Manifesto a sostegno del ceto medio produttivo” a favore delle piccolemicro imprese che sono tantissime ma, soprattutto, sono importanti per l’elevato numero di persone cui danno un’occupazione: sono le micro imprese, vale a dire le attività imprenditoriali da 0 a 9 addetti (ad esclusione del comparto agricolo e delle libere professioni). In Italia sono oltre 4,1 milioni di unità (pari al 95% del totale) e danno lavoro a quasi 7,6 milioni di cittadini (pari al 44,5% del totale). Un numero quasi doppio rispetto a quello riferito alle grandi aziende che, secondo l’Ufficio studi della Cgia di Mestre, “assorbono” solo, si fa per dire, 3,8 milioni di addetti.

Se, inoltre, si mette a confronto gli addetti delle medie e grandi imprese (6 milioni) con quelli a libro paga nelle micro imprese(7,5 milioni), si può notare che in queste ultime lavorano 1,5 milioni di persone in più. Le micro imprese generano il 29% del valore aggiunto riconducibile alle imprese (220 miliardi di euro su un totale di 750) e il 25% del fatturato nazionale (746 miliardi su un totale di 2.950, secondo i dati più recenti aggiornati al 2016).

«Fino a quarant’anni fa erano ritenute residuali, quasi un effetto collaterale del boom economico esploso negli anni ’60 – afferma il coordinatore dell’Ufficio studi, Paolo Zabeo -. Molti esperti, addirittura, prevedevano che nel giro di qualche decennio sarebbero scomparse a causa della globalizzazione. Diversamente, le micro imprese si sono consolidate e oggi costituiscono uno degli assi portanti dell’economia italiana. E nonostante la crisi le abbia colpite duramente, mantengono ancora un peso occupazionale rilevante, sebbene la politica e in generale l’opinione pubblica non le tengano in grande considerazione».

Anche per queste ragioni, l’Ufficio studi dell’Associazione artigiani di Mestre chiede con forza che si inizi a legiferare con particolare attenzione alle richieste sollevate dal mondo delle piccole e micro imprese. Negli ultimi tempi, invece, le cose stanno andando diversamente. Introdotto con il “Decreto crescita”, lo sconto in fattura per i lavori relativi a ecobonus e sismabonus provocherà una forte distorsione alla concorrenza a danno dei piccoli imprenditori del comparto casa. A sollevare questa denuncia è stata l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato che in più di un’occasione ha segnalato come le disposizioni previste dall’art. 10 favoriranno i soli operatori economici di grandi dimensioni. Altrettanto preoccupanti rischiano di essere le conseguenze che potrebbero emergere con l’introduzione per legge del salario minimo a 9 euro lordi all’ora.

«Se questa misura diventasse legge – afferma il segretario della Cgia, Renato Mason – il costo aggiuntivo in capo alle sole imprese artigiane sarebbe di 1,5 miliardi all’anno. Un aggravio considerevole, anche se decisamente sottostimato, in quanto non include l’effetto trascinamento che l’introduzione del salario minimo per legge avrebbe nei confronti dei livelli retributivi che oggi si trovano sopra i 9 euro lordi. Appare evidente che, ritoccando all’insù la retribuzione per i livelli più bassi, la medesima operazione dovrebbe essere effettuata anche per gli inquadramenti immediatamente superiori. Diversamente, molti lavoratori si vedrebbero ridurre o addirittura azzerare il differenziale salariale con i colleghi assunti con livelli inferiori, pur essendo chiamati a svolgere mansioni superiori a questi ultimi».

Un banco di prova molto importante per misurare la sensibilità del Governo Conte, e in generale del Parlamento, nei confronti delle micro imprese sarà la legge di Bilancio 2020. Per questa ragione l’Ufficio studi della Cgia sta predisponendo un “Manifesto a sostegno del ceto medio produttivo” rivolto ad artigiani, commercianti, piccoli imprenditori, lavoratori autonomi e liberi professionisti che, entro il prossimo autunno, verrà recapitato a tutti i deputati e i senatori italiani, affinché le loro proposte legislative “rispettino” le 10 richieste avanzate dagli artigiani mestrini.

Questo pacchetto di misure sarà suddiviso in due gruppi [più (+) e meno (-)]. Entrambi saranno composti da 5 punti. Nel primo gruppo (+), l’Ufficio studi della Cgia chiederà più efficienza nella pubblica amministrazione, più credito, più investimenti pubblici, più formazione professionalizzante e più servizi digitali. Nel secondo gruppo (-), invece, l’Associazione veneta reclamerà meno tasse, meno burocrazia, meno criminalità organizzata, meno lavoro nero e meno concorrenza sleale. Ogni punto sarà corredato da una nota descrittiva e da un’illustrazione grafica.

I settori economici dove il peso occupazionale dei piccolissimi imprenditori è maggiore sono le attività immobiliari (93,3% del totale addetti), altri servizi alla persona, come il settore benessere composto da parrucchieri, barbieri, estetiste, massaggiatori, etc. (78,7%), i liberi professionisti (76%) e le costruzioni (65,4%). In termini assoluti, invece, il comparto dove il numero di addetti nelle micro imprese è maggiore è il commercio-autoriparazione, con quasi 2 milioni di soggetti. Seguono i liberi professionisti con poco più di 972.400 addetti, il ricettivo con 884.000, le costruzioni con poco meno di 856.000 e la manifattura con quasi 847.000 lavoratori.

A livello territoriale, infine, il peso delle micro imprese al Sud è nettamente superiore rispetto al resto del Paese e al Nord in particolare, dove sono in gran parte concentrate le medie e grandi imprese.

«Quelle avanzate dalle Cgia sono proposte improntate al buon senso, totalmente condivisibili – commenta il deputato azzurro bellunese, Dario Bond -. Per quanto mi riguarda sposo in pieno il “Manifesto a sostegno del ceto medio produttivo” e nei prossimi giorni proporrò una mozione da fare sottoscrivere ai rappresentanti di tutte le forze politiche al fine di creare una base comune di consenso al fine di passaredalle parole ai fatti, in quanto la piccola e piccolissima impresa italiana è da sempre la categoria produttiva più bistrattata in assoluto dalla politica dei governi degli ultimi decenni. Serve invertire la tendenza e dare un supporto concreto a chi rischia e investe responsabilmente in proprio».

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