Emigrazione dalla montagna Dolomitica nel corso del Novecento

Una mostra fotografica che riscoprire il flusso migratorio dell’area Ladina all’Istituto Culturale Ladino “Cesa de Jan”. 

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Emigrazione dalla montagna Dolomitica

L’Istituto Culturale Ladino “Cesa de Jan” a Colle Santa Lucia offre l’opportunità di visitare linteressante mostra Emigrazione dalla montagna Dolomitica nel corso del Novecento a cura di Luciana Palla. Il fenomeno dell’emigrazione ha colpito l’Italia e il territorio bellunese con molti connazionali e conterranei che si trasferivano, permanentemente o stagionalmente, in altri Paesi o in altre città italiane per dare una svolta alla propria vita. Un fenomeno che dopo un arresto negli anni scorsi, ora torna a ripetersi.

La ricerca di Luciana Palla si focalizza sulla migrazione nel corso del Novecento nei comuni di Colle S. Lucia, Livinallongo e Rocca Pietore. Come ha affermato lei stessa, il suo studio è il risultato di due anni di ricerca, di cui il primo passato nei libri della Biblioteca delle migrazioni Dino Buzzati (sede dellAssociazione Bellunesi nel Mondo) per studiare da zero un fenomeno a lei abbastanza sconosciuto. Le sue analisi non si fermano allo studio distaccato del fenomeno: sa che il fattore umano è importante e, perciò, decide di andare lei stessa alla ricerca di testimonianze dirette parlando con gli stessi abitanti dei comuni sopra citati dalle quali traspare un’umanità complessa, ma utile al suo lavoro con lettere, foto e storie diverse fra di loro.

«Ogni comune aveva le sue caratteristiche, che hanno influenzato le modalità e i mestieri dell’emigrazione, ma le mete erano sicuramente l’Argentina, l’Australia, la Svizzera e il Sudtirolo – evidenzia Palla -. Da Livinallongo, ad esempio, le partenze già iniziano a fine Ottocento diventando una tradizione tramandata da padre a figlio».

Livinallongo e Colle S. Lucia, per il fatto di essere stati comuni austriaci fino alla Prima Guerra Mondiale, rappresentano una situazione economica e politica diversa che, di conseguenza, influenza gli spostamenti in modo differente. Tra le varie peculiarità, si sottolinea l’emigrazione minorile in Sudtirolo tedesco e ladino, oppure coloro che partivano già con un mestiere imparato e con i propri attrezzi (es. falegnami).

«Importante – continua Palla – è ricordare il ruolo delle donne: mogli e figlie, ma anche ragazze che partono da sole sia in America che in Europa e lavoravano nelle foreste, nelle miniere, nelle campagne, nelle fabbriche tessili o come balie e domestiche». Un altro aspetto che Luciana Palla sottolinea e che ancora oggi esiste, è lo spopolamento, fenomeno che inizia già nel 1945.

Per quanto riguarda l’immigrazione, Palla ha voluto indagare per vedere quanto il turismo e le montagne del Bellunese riescanoad attrarre persone e non solo a lasciarle andare. «Tra chi ce l’ha fatta, c’è purtroppo chi ha fallito e di cui purtroppo si sono perse le tracce, – puntualizza Palla -, ma è anche questo un aspetto che ho cercato di studiare, nonostante le fonti scarseggino».Emigrazione dalla montagna Dolomitica

«Uno studio di grande interesse al quale abbiamo dato subito la nostra collaborazione, oltre che il patrocinio – l’intervento del presidente dellAssociazione Bellunesi nel Mondo, Oscar De Bona – anche perché si conosce poco dell’emigrazione dell’alto bellunese».

«Un progetto voluto e sostenuto dall’Istituto Ladino “Cesa de Jan – conclude il direttore Denni Dorigo – anche perché il fenomeno migratorio è di estrema attualità, ma per comprenderlo dobbiamo conoscere il nostro passato».

La mostra sarà inaugurata il primo giugno alle 17.00 e rimarrà aperta per i mesi di giugno, luglio, e metà settembre (giovedì, venerdì e sabato dalle 15 alle 19) e agosto (tutti i giorni, sempre dalle 15 alle 19). Un percorso interessante fatto di fotografie, documenti e filmati che esplorano alcuni aspetti del territorio Bellunese a volte poco conosciuti. Uno spunto di riflessione in una ricerca che, come affermato dalla stessa Luciana Palla, è e sarà sempre in continuo movimento.

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