Veicoli aziendali: il governo Conte rinnova la deroga al regime Iva e ammortamento all’UE

L’italia – unico tra i “grandi” Paesi della Comunità – continua a mantenere il limite al 40% della deducibilità Iva e al 20% di un tetto di 18.076 euro. Unrae: «è auspicabile che l’UE rifiuti la richiesta dopo oltre trent’anni di deroghe». 

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parco circolante federauto

Nonostante la perdurante crisi del mercato dell’auto e della filiera dell’automotive italiana, il governo Conte alla chetichella ha chiesto all’Unione Europea di prorogare per altri tre anni il regime di deroga al trattamento Iva ed ammortamento dei veicoli aziendali non esclusivamente strumentali nell’esercizio dell’attività d’impresa (come furgoni, camion, taxi, ecc). Deroga che, da un rinnovo all’altro, dura da oltre trent’anni.

«Anche per il prossimo triennio, aziende e partite Iva continueranno a poter dedurre per i veicoli che non siano strumentali alla loro attività (come le normali auto) la “miseria” del 40% dell’Iva all’acquisto e il 20% del prezzo d’acquisto entro un tetto massimo di 18.076 euro, ovvero 903,80 euro per ciascuno dei 4 anni di ammortamento ordinario previsto per legge – critica il deputato di Forza Italia, Dario Bond -. Di fatto, un’azienda o una partita Iva non riesce a dedurre e ad ammortizzare integralmentenemmeno un’utilitaria. L’Italia, unico tra i “grandipaesi europei, continuerà così ad avere un sistema economico costretto a correre zoppo, in quanto la mobilità è un fattore di costo sempre più strategico e rilevante, i cui costi sono solo in minima parte deducibili, quando all’estero è possibile farlo al 100% sia per l’Iva che per il prezzo d’acquisto senza alcun tetto».

Bond critica il governo Conte sulla sua “attenzione” verso la mobilità: «invece di varare provvedimenti monchi e penalizzanti come il meccanismo “bonus-malus” che è finito con il causare l’ennesimo cospicuo calo delle vendite di auto nuove a marzo (senza considerare che ad un mese dalla sua entrata in vigore mancano ancora i relativi decreti applicativi), il governo Conte (e con esso M5s e Lega) avrebbero fatto meglio a riportare l’Italia nel novero dell’ordinarietà del regime della deducibilità dei veicoli aziendali, cosa che avrebbe consentito di assicurare maggiori vendite per almeno 100.000 pezzi in più ogni anno per un controvalore di almeno 2 miliardi di euro/anno, volume d’affari su cui lo Stato avrebbe incassato tasse aggiuntive per almeno mezzo miliardo di euro all’anno tra Iva, Ipt, tassa di proprietà, ecc. Senza contare la maggiore occupazione connessa con il settore».

«Non si lamentino i vari Conte, Di Maio, Salvini se l’economia nazionale va male e tutti gli osservatori internazionali sono concordi che la politica economica varata dal governo gialloverde è fallimentare, tanto da avere riportato il Paese in recessione – commenta il deputato azzuro -. Continuare a sbagliare così come stanno facendo con pervicacia degna di migliore causa è semplicemente diabolico».

Sul tema interviene il vice direttore generale dell’Unrae (l’associazione delle case automobilistiche estere attive in Italia), Antonio Cernicchiaro: «ci spiace per l’ennesima richiesta di deroga ad un sistema oggettivamente penalizzante sia per il settore dell’automotive che per le aziende che utilizzano l’automobile per le loro attività, deroga che persiste ormai da oltre un trentennio».

Dinanzi ad un “governo del cambiamento” che preferisce rimanere nello stesso solco tracciato da decenni di politica del centro sinistra e del centro destra che ha fatto della deroga e della provvisorietà un’azione di governo, Cernicchiaro evidenzia come «il trattamento fiscale vigente in Italia sui veicoli aziendali non strumentali è decisamente penalizzante e anticompetitivo rispetto ai maggiori paesi europei, dove vige il criterio della completa deducibilità del costo senza alcun limite». Cernicchiaro conferma come «l’applicazione del regime fiscale ordinario sui veicoli aziendali consentirebbe maggiori vendite per almeno 100.000 auto in più all’anno, con innumerevoli vantaggi sia per il gettito fiscale che per l’occupazione», tanto da auspicare che sia la stessa “Unione Europea a dire basta ad un sistema di deroghe che penalizzano l’economia italiana, costringendo l’Italia finalmente ad adeguarsi al regime fiscale ordinario».

Un auspicio condivisibile e che è auspicabile che a Bruxelles lo facciano proprio rimandando al mittente l’ennesima richiesta di proroga.

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