Tav, imprese pronte ad una nuova protesta

I governatori di Veneto (Luca Zaia) e di Lombardia (Attilio Fontana) su piede guerra sul tentativo M5s di cancellare l’opera ferroviaria strategica per l’economia del Nord Italia.

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Ancora una puntata della tragicommedia della Tav dove il M5s punta i piedi per bloccare definitivamente i cantieri per la realizzazione della nuova linea ferroviaria che è indispensabile per collegare l’economia italiana ed in particolare di quella manifatturiera del Nord Italia con i mercati d’esportazione europei. Una posizione che, se non smontata al più presto, rischia di causare danni epocali all’economia, oltre a cancellare ogni residua credibilità dello Stato italiano, soprattutto di quello a guida grillina con la stampella leghista.

Tutti ricordano lo storico evento del 3 dicembre 2018 quando a Torino associazioni datoriali e di categoria insieme, unite avevano manifestato a difesa della Torino-Lione. A tre mesi di distanza, di fronte all’indecisione del governo e dinanzi al sempre più concreto scenario di blocco dell’opera, il sistema delle imprese è pronto a una nuova dimostrazione che passerà alla storia. Nel caso in cui i bandi della Tav dovessero essere fermati, le 33 associazioni delle imprese che animano il fronte del “” annunciano una grande mobilitazione. Accanto a loro, i sindacati. E non è escluso che possa scendere in piazza anche il presidente del Piemonte Sergio Chiamparino, che della difesa all’opera ne ha fatto il suo cavallo di battaglia in vista delle regionali del prossimo maggio.

Se lunedì 11 marzo, Telt, la società franco-italiana che si occupa dei lavori del tunnel di base, non potrà dare il via libera alle gare di appalto da 2,3 miliardi di euro, il governatore piemontese invierà una lettera al ministero dell’Interno, il leghista Matteo Salvini, perché nello stesso giorno delle regionali e europee, il 26 maggio, i piemontesi possano esprimersi se continuare o meno la realizzazione della Tav. Chiamparino sa di avere dalla sua decine di migliaia di cittadini che sono già scesi in piazza due volte a difesa dell’opera, oltre che sugli imprenditori. E sa di poter contare sul supporto dei colleghi governatori di Lombardia e Veneto. Leghisti che mal digeriscono le posizioni di mediazione del Carroccio di governo, anche se nelle ultime ore Salvini ha detto chiaro e tondo che per la Lega la Tav va fatta.

«Tav e infrastrutture veloci, sicure e moderne servono non solo alle imprese, ma a tutta Italia. Giusto approfondire i costi reali e chiedere di più a Francia ed Europa, ma impensabile bloccare i bandi» scrivono in una nota congiunta Attilio Fontana e Luca Zaia. La pubblicazione dei bandi è in bilico, il governo deciderà soltanto lunedì se bloccarli o meno, come ha precisato il presidente del Consiglio Giuseppe Conte. Per Chiamparino «di fronte a questa palese incapacità del governo di decidere, è necessario che tutte le forze economiche, professionali, sindacali, civiche, che si sono mobilitate in questi mesi per la Tav, esercitino ogni pressione possibile».

Qualcuno dovrebbe spiegare a Luigi Di Maio e soci che la Tav non è assolutamente paragonabile alle scie chimiche tanto care a troppi grillini, ma si tratta di un progetto concreto indispensabile per modernizzare i trasporti tra Italia e Francia, visto che l’infrastruttura attuale è stata realizzata nella seconda metà dell’Ottocento da Camillo Benso conte di Cavour, scavando in alta quota una galleria a binario unico che per le sue caratteristiche impedisce il passaggio dei moderni convogli con sagoma più grande (cosiddetto “Gabarit D”) e più lunghi e pesanti, che non riescono ad inerpicarsi in quota, oltre che per una mera questione di sicurezza. Senza considerare il fatto che la cosiddetta analisi costi benefici commissionata dal ministro alle Infrastrutture DaniloToninelli è farlocca, costruita su basi totalmente inattendibili, buone solo a dimostrare il preconcetto negazionista della Tav. E se sulla Tav deve cadere l’innaturale alleanza di governo M5s-Lega, allora cada pure e gli italiani vadano alle urne in contemporanea con le Europee per rinnovare un Parlamento condannato all’ingovernabilità, sperando che gli elettori, fatta l’esperienza giallo-verde, sappiano orientare più costruttivamente il loro voto.

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