Presentata a Torino Incontra l’ultima edizione dell’Osservatorio sulla componentistica automotive italiana, indagine realizzata dalla Camera di commercio di Torino, da Anfia (Associazione Nazionale Filiera Industria Automobilistica) e dal Center for Automotive and MobilityInnovation (CAMI) del Dipartimento di management dell’Università Ca’ Foscari di Venezia.
«I dati della nostra indagine dimostrano un settore in salute, che ha chiuso il 2017 con tutti gli indicatori in crescita: fatturato, numero di addetti, capacità produttiva, previsioni ottimiste per il futuro. E in questo panorama si conferma come sempre protagonista il Piemonte, dove si realizza il 40% del fatturato totale – ha dichiarato il presidente della Camera di commercio di Torino, Vincenzo Ilotte. – Non possiamo, tuttavia, ignorare alcuni segnali che ci fanno guardare al 2018 con attenzione, in particolare a livello piemontese, a partire dal rallentamento della produzione industriale di parti e componenti per auto. Inoltre, dopo un positivo 2017 in cui le esportazioni piemontesi del comparto hanno registrato un aumento del +7%, nei primi sei mesi dell’anno registriamo una debole ma significativa frenata (-0,1%)».
«I dati positivi della componentistica automotive italiana confermano la sua capacità di stare al passo con l’evoluzione del settore e di proseguire sulla via dell’internazionalizzazione – ha osservato Giuseppe Barile, presidente del Gruppo componenti Anfia -. L’export del comparto ha visto un ottimo 2017 – superando i 21 miliardi di Euro (+6%), con un saldo della bilancia commerciale di 5,7 miliardi (+6%) – e anche nel primo semestre 2018 è in accelerazione (+7,8%), con un saldo della bilancia positivo per 3,8 miliardi (+27%), in linea con ordinativi esteri in crescita (+5,6% a gennaio-luglio 2018). Le consolidate competenze della filiera rappresentano un’importante base per le sfide tecnologiche e normative all’orizzonte, che mettono l’innovazione prepotentemente al centro delle dinamiche competitive del settore. È indispensabile, tuttavia, una politica industriale nazionale a sostegno del processo di trasformazione e riconversione alle nuove tecnologie dell’automotive, che richiederà alle imprese notevoli investimenti in ricerca e sviluppo, in formazione e in impianti produttivi».
Secondo Francesco Zirpoli, direttore scientifico CAMI del Dipartimento di management dell’Università Ca’ Foscari, «la filiera automotive italiana vive un momento di crescita e può diventare il perno dello sviluppo dell’industria della mobilità in Italia. Tuttavia, il quadro che emerge dal rapporto dell’Osservatorio è ancora una volta quello di una filiera che investe poco nella ricerca e sviluppo, con l’intento di seguire piuttosto che anticipare le esigenze del cliente. Vanno, ad esempio, potenziati gli investimenti in ricerca e sviluppo nelle nuove tecnologie legate alle propulsioni alternative e all’auto a guida autonoma: sia FCA sia eventuali nuovi player che volessero entrare in Italia necessitano, infatti, di una filiera propositiva sul piano delle nuove tecnologie, affidabile e flessibile in termini di capacità di sviluppo prodotto e di produzione».
Di seguito i principali dati economici e le previsioni per il futuro del comparto.
Il contesto internazionale 2017-2018
Nel 2017 la domanda mondiale di autoveicoli ha totalizzato circa 97 milioni di unità, con un rialzo del 3% rispetto al 2016. Nel I semestre 2018, con 48,8 milioni di nuove registrazioni, l’aumento tendenziale si attesta al 3,3%. Sul fronte europeo, la domanda di autoveicoli nel 2017 ha registrato un aumento delle nuove immatricolazioni (+3,3%), avvicinandosi ai livelli pre-crisi. Nel I semestre 2018, la domanda in UE è ancora cresciuta del 3%, con quasi 9,8 milioni di nuovi autoveicoli. La domanda è tuttavia molto condizionata dalle incertezze che riguardano la circolazione delle auto a gasolio e dall’evoluzione delle normative sia a livello locale che a livello europeo. In Italia la domanda di autoveicoli è cresciuta nel 2017 del 6,8%, ma rallenta nel I semestre 2018 dell’1%.
La produzione mondiale di autoveicoli, sostenuta dall’andamento positivo della domanda, nel 2017 ha totalizzato 97,8 milioni di unità con una crescita del 2,3% rispetto al 2016. L’incremento produttivo mondiale è stato di circa 2,2 milioni di autoveicoli, dovuto, in particolare, agli aumenti in Cina, Brasile, Giappone, Messico, India, Iran e Russia. La produzione in Europa ha totalizzato nel 2017 19,2 milioni di autoveicoli (+0,5% e una quota del 20% sul totale mondiale). In Italia, la produzione di autoveicoli è cresciuta nel 2017 del 3,5%, mentre a gennaio-giugno 2018 registra una contrazione del 2,8%. La produzione industriale del settore automotive nel suo complesso (incluso la produzione di carrozzerie e componenti), dopo gli incrementi del 3% nel 2016 e del 4,3% nel 2017, registra un andamento piuttosto altalenante nei mesi del 2018, che portano il consuntivo di gennaio-agosto a -0,1%, soprattutto per i cali registrati nei mesi di luglio (-5,9%) e di agosto (-5,5%).
L’Osservatorio sulla componentistica italiana – Edizione 2018
Come già nella precedente edizione, anche quest’anno l’Osservatorio, basato su 467 questionari e sull’analisi di 2.190 bilanci, ha incluso nell’indagine, oltre ai tradizionali attori e alle imprese dei ricambi, nuovi settori ad elevata innovazione, come quelli dell’infomobilità e del motorsport, le cui soluzioni trovano sempre più spazio anche nelle auto di serie. Il bacino di riferimento è stato quindi incrementato rispetto alle edizioni passate soprattutto grazie all’individuazione di nuove realtà produttive, in prevalenza subfornitori, coinvolti però in maniera più marginale nelle lavorazioni del settore automotive.
Le imprese della componentistica si possono quindi dividere nelle seguenti categorie:
– gli integratori di sistemi e i fornitori di moduli, ai vertici della catena di fornitura, con stabilimenti collocati in prossimità del costruttore
– gli specialisti “puri”, produttori di parti e componenti con un contenuto di innovazione tale da costituire un vantaggio competitivo, tra cui rientrano anche gli specialisti in telematica che si occupano di applicazioni legate all’infomobilità;
– gli specialisti in motorsport che, partendo dalla preparazione di autovetture per le competizioni sportive, progettano e realizzano componenti o forniscono soluzioni adottate anche per le produzioni di serie;
– gli specialisti in aftermarket, che realizzano parti e componenti che vendono direttamente sul mercato tramite una rete distributiva o consorzi di ricambisti. Possono avere rapporti di fornitura con le Case automobilistiche, ma esistono anche divisioni aftermarket delle stesse case produttrici;
– i subfornitori, che producono parti e componenti standardizzati, secondo specifiche fornite dai clienti e facilmente replicabili dai competitor;
– i subfornitori specializzati nelle lavorazioni, che realizzano lavorazioni meccaniche quali tornitura, fresatura, laminatura a caldo e a freddo, stampaggio a caldo o a freddo, o trattamenti (galvanici, termici, verniciatura ecc.);
– le attività di engineering e design (E&D), protagonisti nell’ideazione e nella progettazione di una vettura.
Nel 2017, l’universo complessivo delle imprese in Italia conta 2.190 unità, con un fatturato generato dal mercato automotive di 46,5 miliardi di euro, in crescita del 6,9%; gli addetti sono 156.463 (+1,3% rispetto al 2016). L’incremento è stato trasversale a tutti i mestieri della filiera, ma più marcato tra i subfornitori (+10,2%), in particolare quelli delle lavorazioni (+10,9%), dove si è registrata una performance particolarmente brillante. Positive anche le variazioni rilevate per gli specialisti del motorsport (+8,7%) e per i fornitori di moduli e sistemi (+7,9%).
Per quanto concerne i dati occupazionali, l’incremento è stato generalmente più contenuto: gli addetti sono aumentati del +1,3% rispetto all’anno precedente. Gli specialisti del motorsport (+5,0%) e le attività delle lavorazioni (+3,9%) si confermano i mestieri più dinamici sul fronte occupazionale, mentre gli specialisti dell’aftermarket e i sistemisti e modulisti vedono la loro forza lavoro sostanzialmente stabile.
Propensione all’internazionalizzazione
Nel 2017 in Italia si è stabilizzata la quota d’imprese esportatrici (il 74%), dato lievemente inferiore a quello del 2016 (il 76%), ma di quasi quattro punti superiore a quello del 2013. Le imprese automotive indagate hanno segnato un incremento dei ricavi esteri dell’8,5%. Seppur di rilevante entità, rappresenta una variazione leggermente inferiore a quella complessiva del fatturato (+9,5%), che ha potuto contare ancora sulla crescita della domanda interna.
I mercati di destinazione più importanti sono quelli più vicini. I primi cinque mercati citati per importanza, infatti, restano tutti entro i confini dell’Europa mediterranea e della Mitteleuropa: Germania (25% delle citazioni), Francia (16%), Polonia (13%), Spagna e Regno Unito (entrambi 4,4%). Il rafforzamento degli scambi in Europa ha conseguentemente comportato una progressiva riduzione del peso delle relazioni commerciali con il Nord America (soprattutto Stati Uniti, il 4%) e con i Paesi dell’Asia Pacifica (il 3%).
Capacità produttiva
La componentistica è “in salute”, grazie al favorevole trend che in maniera congiunta ha riguardato l’export e la domanda interna, è riuscita non solo a mantenere, ma anche ad incrementare l’elevato livello di saturazione della capacità produttiva, che nel 2017 si è impennato ad una media dell’81% (era il 78% nel 2016), soglia da considerarsi fisiologicamente ottimale.
R&S e Industria 4.0
Per quanto riguarda la ricerca e sviluppo, i risultati dell’edizione 2018 dell’Osservatorio vedono alcuni aspetti migliorativi e altri peggiorativi rispetto alla passata edizione. Se, infatti, diminuisce la percentuale di rispondenti che hanno introdotto innovazioni di prodotto (56% rispetto al 58% del 2017), aumenta la quota di imprese che realizza tali innovazioni attivando processi collaborativi oltre i confini dell’impresa, con una netta diminuzione dell’innovazione prodotta “in house”.
Se si guarda poi alle imprese che hanno già introdotto una qualche innovazione riconducibile all’Industria 4.0, la percentuale è del 49%. Gli specialisti sono i fornitori che risultano maggiormente attivi in questo ambito, con il 72% che dichiara d’aver avviato iniziative 4.0 e oltre il 40% che ha dei piani di investimento strutturati. Tali investimenti, in generale, hanno riguardato soprattutto le aree della produzione (39%), della qualità (27%), della logistica (18%) e della manutenzione (14%).
Nuove tendenze tecnologiche
Una diversa cultura della mobilità delle persone, una crescente rilevanza delle questioni ambientali e una sempre maggiore sensibilità al tema della sicurezza costituiscono le nuove sfide del settore automotive. Nonostante un diffuso senso di cautela, alcune tendenzecominciano ad essere percepite come strategiche: il 31% dei fornitori vede con favore impatto positivo sul proprio business la riduzione della CO2. Allo stesso modo anche la diffusione di sistemi di alimentazione elettrici (il 28%) e di powertrain alternativi (il 27%) viene riconosciuta di potenziale impatto positivo. All’interno della piramide di fornitura sono gli E&D a mostrarsi maggiormente positivi in termini di impatto sul proprio business dei nuovi trend tecnologici. Se si analizza l’effettiva attivazione di progetti ad alto contenuto tecnologico, il 31% delle imprese italiane sondate ha dichiarato di avervi partecipato nel triennio 2015-2017, dato in linea a quello piemontese (il 30%). Di questi, il 60% ha preso parte a progetti su motorizzazioni e powertrain elettrici ed ibridi, il 51% su nuovi materiali, il 15% sul veicolo connesso e il 15% sulla guida autonoma. Fra i cluster, i più attivi su questo fronte sono i fornitori di moduli e sistemi e gli E&D.
Dinamiche del fatturato e previsioni
Dai risultati dell’indagine sul campo emerge che due fornitori su tre hanno ottenuto nel 2017 un fatturato in aumento, mentre diminuiscono le imprese che lamentano una contrazione (25% rispetto al 35%). Il saldo tra dichiarazioni di aumento e di riduzione del fatturato ha raggiunto pertanto la soglia del +42% (era +31% nel 2016).
La crescita ha interessato quasi tutti i segmenti della filiera, anche quelli che in passato avevano meno beneficiato della ripresa del comparto, in primis i subfornitori, e non solo le medie e grandi imprese, ma anche a numerose realtà meno strutturate. Fanno eccezione, per il terzo anno consecutivo, le attività di engineering e design che risultano la categoria più debole della filiera, caratterizzata da una marcata polarizzazione: a un gruppo di imprese particolarmente dinamico nella crescita, si contrappongono attività che riducono il fatturato di oltre 10 punti percentuale. Le prospettive future, nelle opinioni degli intervistati, sono favorevoli per l’84% (erano l’87%), con un rafforzamento tuttavia della quota delle imprese molto ottimiste (8%).
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