La crescita economica dell’area euro prosegue a un ritmo moderato

L’ipotesi di sviluppo dell’economia europea secondo i principali istituti di statistica. 

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area euro

Nella seconda parte del 2018 e nel primo trimestre del 2019, la crescita economica dell’area euro è attesa mantenere una dinamica congiunturale simile a quella registrata nel primo semestre 2018. Gli investimenti fissi lordi rappresenterebbero il principale fattore di sostegno, favorito dalle condizioni ancora favorevoli del mercato finanziario e dalle attese ancora positive, seppure con qualche segnale di indebolimento, sull’andamento dell’economia.

Nei primi due trimestri del 2018 la crescita del Pil dell’area euro ha perso slancio rispetto al periodo precedente (+0,4% la variazione congiunturale in T1 e T2) condizionata negativamente dal rallentamento del commercio estero. La decelerazione è stata diffusa tra i paesi dell’area euro.

Gli indicatori del clima economico confermano questa tendenza. L’Economic Sentiment Indicator (ESI) è diminuito anche ad agosto, condizionato dal calo della fiducia sia dei consumatori sia delle imprese del settore dei servizi, mantenendosi comunque al di sopra della media di lungo termine. Nello stesso mese, l’indice dei responsabili degli acquisti (PMI) è sceso dal livello superiore a 60 punti registrato all’inizio dell’anno a 54,4.

Anche gli ultimi dati riferiti agli indicatori della produzione e delle vendite hanno confermato l’attuale fase di debolezza. A luglio la produzione industriale ha segnato un calo congiunturale significativo (-0,8%). Nello stesso mese anche le vendite al dettaglio hanno registrato una flessione (-0,2%) rispetto a giugno. Nel secondo trimestre la produzione nel settore delle costruzioni è tornata ad aumentare (+1,3% la variazione congiunturale) dopo il risultato negativo del trimestre precedente caratterizzato dalle sfavorevoli condizioni climatiche invernali.

Nei prossimi trimestri l’economia della zona euro è attesa crescere con gli stessi ritmi del primo semestre. La crescita sarà sostenuta dagli investimenti. Le imprese beneficeranno delle condizioni ancora favorevoli dei mercati finanziari e delle attese ancora positive sull’andamento dell’economia. Un ulteriore fattore di stimolo agli investimenti è rappresentato dall’alto livello della capacità produttiva utilizzata. Si prevede che gli investimenti fissi lordi aumenteranno con la stessa intensità in T3 e T4 (+0,7%) per poi segnare un lieve rallentamento in T1 2019 (+0,6%). Le spese per consumi privati sono attese crescere di +0,3% nel terzo trimestre e di +0,4% nei trimestri successivi supportate dalle favorevoli condizioni del mercato del lavoro: il tasso di disoccupazione si è mantenuto all’8,2%, circa un punto in meno rispetto all’anno precedente. La produzione industriale è attesa aumentare a ritmi più contenuti rispetto a quelli del Pil, condizionata dal rallentamento delle esportazioni (rispettivamente +0,1%, +0,2% e +0,3% nei trimestri di previsione).

Ad agosto 2018 l’inflazione, misurata come variazione annua dell’indice armonizzato dei prezzi al consumo (IPCA), ha segnato un tasso del +2,0% condizionata dall’aumento dei prezzi dell’energia rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Per i prossimi mesi non si prevedono mutamenti sostanziali del profilo di crescita. In T3 e T4 l’inflazione si attesterà a +2,1% per poi segnare una lieve diminuzione in T1 2019 (+2,0%)  legata al rallentamento della dinamica tendenziale dei prezzi dei beni energetici.

L’inflazione core si manterrà su ritmi ancora contenuti. Sebbene lo scenario previsivo sia caratterizzato dalla tonicità del mercato del lavoro e dal livello elevato della capacità produttiva, la diffusione delle spinte al rialzo  sui prezzi appare ancora moderata. In T3 e T4 l’inflazione core si confermerà sugli stessi livelli di agosto (+1,2%) per poi salire di un decimo in T1 2019 al +1,3%)

I rischi dell’attuale scenario previsivo sono legati all’accentuarsi delle tensioni commerciali globali alimentate anche dalla politica intrapresa dagli Stati Uniti sui dazi. Sebbene il rallentamento del commercio internazionale si concentri attualmente su Cina, Canada e Messico, gli effetti potrebbero estendersi anche all’area euro.

Un ulteriore rischio è rappresentato dal possibile irrigidimento della politica monetaria negli Stati Uniti. La divergenza nei tassi di interesse reali ha già portato ad un deprezzamento della maggior parte delle valute rispetto al dollaro USA. Un’ulteriore escalation potrebbe portare a una crisi valutaria in alcune economie in via di sviluppo come ad esempio la Turchia e l’Argentina con inevitabili ripercussioni sull’economia globale.

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