Mipaaft: il cambio del nome del ministero dell’Agricoltura scatena le proteste delle aziende del settore

Etichette da sostituire per 280.000 aziende che producono bio, Dop e Igp. Protesta Assobio. 

0
2448
mipaaft

L’aggiunta di una banale “t” alla sigla già complessa (Mipaaf che si trasforma in Mipaaft) del ministero all’Agricoltura ad indicare l’acquisizione della nuova competenza in tema di turismo ha scatenato una serie di conseguenze per le aziende del settore agricolo, le quali dovranno sostenere costi non trascurabili per adeguarsi al nuovo corso.

La sigla del ministero delle Politiche agricole, alimentari, forestali ha risentito dell’effetto del “governo del cambiamento”, testimoniato dall’emanazione di una solerte circolare del 9 agosto con cui si sono informate tutte le aziende che producono prodotti alimentari sottoposti alla vigilanza del ministero della necessità – in seguito all’entrata in vigore del decreto legge 12 luglio 2018 n. 86 – di modificare nei prodotti certificati la dicitura “Organismo di Controllo autorizzato dal Mipaaf” (prevista dal Decreto ministeriale 27 novembre 2009, n. 18354) con “Organismo di Controllo autorizzato dal Mipaaft”. Appunto una “t” in più. Tutte le etichette dei prodotti alimentari biologici, Dop e Igp devono quindi d’ora in poi essere aggiornate aggiungendo la fatidica “t” finale: unica concessione, la possibilità di esaurire le scorte delle etichette vecchie prima di procedere con la sostituzione.

L’apparentemente banale aggiunta di una consonante nella sigla del ministero, comporta un impatto significativo per le aziende italiane che producono prodotti Dop e Igp e (oltre 83.000 secondo l’Istat), per le oltre 70.000 aziende del settore biologico e per le 125.000 aziende vinicole. Con l’entrata in vigore del nuovo decreto, 280.000 aziende saranno obbligate a spendere risorse non trascurabili per modificare gli esecutivi grafici per la stampa – si stima – di oltre 2 milioni di etichette.

Assobio ha protestato decisamente, chiedendo al Ministero il ritiro della circolare. “L’obbligo che tale circolare vorrebbe imporre – scrive l’associazione – non aggiunge nessuna informazione a vantaggio del consumatore, non migliora l’efficacia del sistema di controllo, reitera disposizioni già non in linea con la normativa europea, impone pesanti oneri immotivati a carico degli operatori nazionali». Nel quadro della normativa europea, spiega Assobio, «per il consumatore è del tutto ininfluente che l’acronimo del ministero sia stato modificato da “MiPAAF” a “MiPAAFT”. La massima parte dei consumatori ignora il significato dell’acronimo “MiPAAF” e continuerà a ignorare quello dell’acronimo “MiPAAFT”».

Assobio fa inoltre notare che l’autorizzazione degli attuali organismi nazionali di controllo è stata concessa dal “MiPAAF” e comunicata su carta intestata “MiPAAF” e cambiare tale denominazione sulle etichette potrebbe sconfinare in un falso. «Il ministero non può obbligare a fornire l’indicazione falsa che tale autorizzazione sarebbe stata concessa dal “MiPAAFT” (che come tale esiste solo dal 15 agosto 2018, data di entrata in vigore della legge 9 agosto 2018, n. 97 che converte il decreto-legge 12 luglio 2018, n. 86)».

Poi ci sono i costi di questa operazione. «La modifica degli impianti stampa di decine di migliaia di etichette di prodotti biologici comporterebbe un costo ingente a carico del sistema delle imprese. – continua Assobio nella nota – Tale costo colpirebbe la micro-azienda agricola che valorizza le proprie produzioni ortofrutticole in una dozzina di succhi, nettari, confetture e conserve destinate alla vendita diretta, l’industria di trasformazione che produce un centinaio di prodotti da forno, l’impresa di distribuzione con un catalogo di un migliaio di referenze a proprio marchio, le catene della grande distribuzione che propongono al consumatore centinaia di prodotti a private label, e ciò senza che alcuno tragga il minimo beneficio dalla modifica (se si eccettuano gli studi grafici a cui sarebbe necessario rivolgersi)».