Presentata la IV edizione dell’Osservatorio nazionale professioni 2018 elaborato da Cna

Crescono decisamente le professioni non ordinistiche. Al 2016, i professionisti ordinistici sono 334.019 (+3,4%) con un reddito medio di 16.460 euro (-2,4%). Un settore che è a maggioranza maschile.

0
705
Adepp Professionisti non ordinistici

La crescita deile professioni non ordinistiche procede senza soste. In coerenza con i colleghi ordinistici, con i dipendenti e con l’occupazione in genere. E in contrasto con l’andamento delle altre categorie di lavoro indipendente. Lo rileva la quarta edizione dell’Osservatorio nazionale professionisti 2018, curato dalla CNA per porre ancora una volta all’attenzione della politica la complessa realtà, nell’ambito dell’ampia platea del lavoro, nata con la Legge 4/2013. Una legge che ha contribuito a rendere più nitida la nebulosa di questa categoria di professionisti in precedenza trascurata, se non osteggiata, dal legislatore. Una legge che ha finalmente disciplinato la qualificazione delle competenze professionali secondo forme di regolazione volontarie definite attraverso gli standard della certificazione di qualità.

Ma chi è il professionista non ordinistico? E’ un soggetto munito di partita Iva che, non disponendo di un ordine e di una cassa previdenziale, versa i contributi alla Gestione separata Inps. Questo a grandi linee. In realtà, la categoria comprende professionisti esclusivi (versano la totalità dei contributi in prima persona), professionisti concorrenti (versano la quota prevalente di contributi in prima persona) e collaboratori concorrenti (non versano la quota prevalente di contributi, a carico invece dei committenti). Tra il 2015 e il 2016 (l’anno più recente del quale sono disponibili i dati Inps), i professionisti ordinistici in senso stretto sono aumentati del 3,4% salendo a 334.019. Viceversa, è diminuito del 2,2% scendendo a 766.787 unità il numero dell’intera platea. Questo calo è dovuto, però, esclusivamente al crollo dei collaboratori concorrenti (-6,1%).

La componente maschile è maggioritaria (57% circa). Gli ultra40enni rappresentano il 57,5% della platea totale. Dalla banca dati Inps emerge, inoltre, che nel 2016 i redditi complessivamente dichiarati sono stati pari a 5,5 miliardi mentre il reddito medio è ammontato a 16.490 euro (18.571 pro capite per la componente maschile, 13.455 per quella femminile), in calo del 2,4% rispetto al 2015.

L’indagine dell’Osservatorio nazionale professionisti 2018 curato dalla CNA ha coinvolto 39 professioni diverse di tre macro-settori di servizi: per il benessere, per le persone, per le imprese.

L’età media dei partecipanti è di 47 anni, lievemente più alta della media anagrafica degli iscritti alla Gestione separata Inps. Il 64,6% delle attività professionali condotte da quanti hanno partecipato all’indagine è stato aperto in questo millennio, con un picco dell’80,6% nei servizi per il benessere.

I professionisti non ordinistici si caratterizzano per l’alto livello d’istruzione: quasi il 63% degli intervistati possiede la laurea mentre solo il 2% si è fermato alla scuola media inferiore. Il maggior livello di laureati è nei servizi per il benessere (92%). Servizi nati più di recente che fruiscono del maggior livello di scolarità media della società italiana rispetto al passato. Otto professionisti su dieci hanno conseguito titoli per l’esercizio della propria professione. In più del 64% dei casi si tratta di titoli non obbligatori, che dunque vanno a elevare ulteriormente le competenze di questi professionisti. Un atout che di fronte alla clientela dovrebbe fare da solo la differenza con gli abusivi.

Il 74% degli intervistati svolge la propria attività in via prevalente come libero professionista. Il 44,3% svolge anche attività lavorative diverse. Poco meno della metà (46,1%) si avvale di lavoratori dipendenti. Un dato di tutto rilievo, che testimonia la capacità dei professionisti non ordinistici di creare occupazione aggiuntiva e, quindi, la necessità che la categoria venga protetta, prima di tutto dalla concorrenza illegale degli abusivi, e non sia ostacolata dalla mala-burocrazia.

Il reddito medio ricavato dall’attività professionale non supera i 20.000 euro annui per circa la metà degli interpellati. Ma va ricordato che oltre il 44% di loro lo integra con attività diverse. Il 70% circa degli intervistati ritiene che le attività professionali siano tassate in maniera eccessiva e il 36,1% ostacolate da un eccesso di burocrazia.

La riduzione dell’aliquota contributiva (89,1%), la deducibilità delle spese di formazione (83,9%) e di certificazione (83,8%), la riorganizzazione della Gestione separata Inps (82,5%) e la tutela della gravidanza e da malattie e infortuni (81,8%) sono gli obiettivi (da raggiungere) ritenuti più importanti dalla platea di professionisti non ordinistici. Mettere in questa “lista nera” riduzione dell’indennità contributiva e riorganizzazione della Gestione separata Inps riflette una forte insoddisfazione per l’organizzazione del sistema previdenziale non a misura dei professionisti non ordinistici. Non è casuale che il 43,7% dei coinvolti nell’indagine abbia sottoscritto un’assicurazione integrativa ai fini previdenziali e il 17,2% sia intenzionato a farlo.

Negli ultimi cinque anni sono stati approvati numerosi provvedimenti a favore dei professionisti non ordinistici. In particolare, il “Jobs Act del lavoro autonomo”. Ma tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare, secondo l’antico adagio, ora un po’ in disuso ma sicuramente attinente a questa presunta “rivoluzione” diventata una “grande incompiuta”. La legge prevedeva, infatti, quattro deleghe, tutte scadute, su: protezione sociale dei professionisti, allargamento del raggio d’azione delle prestazioni di maternità, semplificazione delle norme su salute e sicurezza, trasferimento di funzioni e atti pubblici alle professioni. CNA Professioni, di conseguenza, auspica che il Governo ripresenti un provvedimento analogo che riassegni le deleghe, eliminando quella sul trasferimento di funzioni e di atti pubblici alle professioni. A sua volta incompiuto è il diritto all’equo compenso: per rendere effettiva la norma servono atti interpretativi e la definizione dei parametri di riferimento.

CNA Professioni, più in generale, sta sollecitando la politica e il nuovo Governo a costituire un tavolo di confronto permanente tra le istituzioni e le principali associazioni di rappresentanza dei professionisti non ordinistici. Nel frattempo, ha predisposto un pacchetto organico di proposte che investono cinque aree: fisco, aggregazione e organizzazione, welfare, regolamentazione del mercato e previdenza.

Per quanto riguarda il fisco, CNA Professioni ritiene necessario definire le caratteristiche che escludono il professionista dal pagamento dell’Irap per assenza dell’autonoma organizzazione, mentre considera sicuramente positiva l’eliminazione dello split payment, contenuta nel Decreto Dignità. Vanno favorite forme di aggregazione e di organizzazione tra i professionisti. Un welfare a misura di professionista secondo CNA Professioni deve prevedere che sia sospeso il versamento dei contributi previdenziali, dei premi assicurativi, degli adempimenti tributari e delle imposte per l’intera durata della malattia o dell’infortunio (di gravità tale da impedire lo svolgimento dell’attività lavorativa per oltre 60 giorni). Indispensabile, secondo CNA Professioni, è anche una regolamentazione del mercato per razionalizzare  le attività riservate alle professioni ordinistiche nel rispetto dei principi comunitari di non discriminazione della libera concorrenza. Va riconosciuta la priorità nei rapporti con la pubblica amministrazione ai professionisti in possesso di certificazione di conformità alla norma Uni relativa alla professione come requisito di qualificazione. E vanno individuati strumenti e parametri per tutelare economicamente i professionisti, garantendo un equo compenso per l’attività svolta. In materia di previdenza, CNA Professioni chiede forme di tutela anche per quanti, versando i contributi alla gestione separata Inps, abbiano subito una significativa riduzione del reddito professionale per ragioni indipendenti dalla propria volontà o siano stati colpiti da gravi patologie mediche. E punta a eliminare, altresì, la discriminazione oggi esistente tra i pensionati dell’assicurazione generale e quelli della gestione separata Inps relativamente alla richiesta di un supplemento di pensione quando continuano a lavorare e, di conseguenza, a versare i contributi.