La produzione di salumi (compresa la bresaola) italiani nel 2017 si è attestata a quota 1,177 milioni di tonnellate con un rialzo di +0,3%. Il fatturato, invece, ha fatto registrare un discreto miglioramento: 7.977 milioni di euro (+1,3%). La struttura dei consumi interni ha visto al primo posto sempre il prosciutto cotto, con una quota pari al 26,5% del totale dei salumi, seguito dal prosciutto crudo – ridimensionatosi al 21,9% – da mortadella e wurstel saliti al 19,2%, dal salame in aumento al 7,9% e dalla bresaola stabile all’1,3%. Chiudono gli altri salumi, scesi al 23,2%.
I dati del settore sono stati diffusi in occasione dell’annuale assemblea di Assica (l’Associazione Industriali delle Carni e dei Salumi aderente a Confindustria), tenutasi a Milano, in cui ha posto al centro della discussione il tema dell’internazionalizzazione, oltre a presentare i dati economici di un settore, quello dei salumi, che torna a crescere nel fatturato, nell’export, e registra una ripartenza nei consumi interni.
Le aziende associate ad Assica – circa 180 rappresentative dei più importanti marchi della salumeria italiana – esprimono l’80% del fatturato industriale della produzione delle carni trasformate (salumi, carni in scatola, grassi suini lavorati) pari a oltre 8 miliardi di euro. Di questi, circa 1,5 miliardi di euro sono provenienti dall’export.
«I nostri prodotti, con la loro distintività qualitativa rispetto ai concorrenti internazionali, mantengono il loro appeal presso i consumatori in Italia e nel Mondo. Questa specificità della nostra salumeria lega strettamente il nostro comparto all’immagine del “Made in Italy” alimentare. “Made in Italy” che – ha dichiarato il presidente di Assica, Nicola Levoni – si identifica nel “saper fare” dei nostri produttori: ovvero nella “ricetta”, nelle tecnologie e nella cultura della qualità che caratterizza da sempre la nostra industria».
Nel convegno, cui hanno partecipato oltre a Nicola Levoni, Fabio Del Bravo (direttore servizi per lo sviluppo rurale Ismea), Matteo Pignatti (esperto Centro studi Confindustria), Emanuele Gallo Perozzi (amministratore delegato di Seeds&Chips), Giovanni Umberto De Vito (esperto agroalimentare per la promozione del sistema Paese – Farnesina), Anna Flavia Pascarelli (dirigente Area agroalimentare ICE), Fabrizio Curci (amministratore delegato Fiera Milano), Attilio Fontana (presidente Regione Lombardia), si sono approfonditi gli scenari futuri del settore alimentare, il secondo per fatturato in Italia, e del settore della lavorazione e trasformazione delle carni suine.
Secondo le elaborazioni Assica sui primi dati Istat, nel corso del 2017 l’export italiano ha raggiunto quota 179.318 ton (+3,3%) per un valore di 1,5 miliardi di euro (+6,9%). Un risultato soddisfacente, soprattutto considerando che il contesto economico in cui è maturato, caratterizzato da costi crescenti, ha imposto una revisione del mix dell’offerta. Vivace la dinamica dell’export verso i Paesi terzi, dove sono tornate a crescere le spedizioni verso gli USA, discreta quella delle spedizioni verso i Paesi Ue.
«L’export si è confermato anche nel corso del 2017 un traino irrinunciabile – ha sottolineanto Levoni, commentando i dati Istat -. Il nostro settore, già molto penalizzato dalle barriere non tariffarie, ha seguito con particolare attenzione l’evolversi dello scenario internazionale e l’acuirsi delle tensioni legate ai neoprotezionismi. Nonostante le molteplici difficoltà, l’Associazione ha continuato a investire tempo ed energie sui fronti internazionali più delicati come quello cinese, senza tralasciare i mercati consolidati». Il saldo commerciale del settore ha registrato un incremento del +6,5% attestandosi a 1,3 miliardi di euro.