Pil: ripresa a rischio frenata senza interventi di politica economia e fiscale

Secondo Rete Imprese, nel 2018-2020 11.5 miliardi di euro di crescita in meno. 

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Rischio frenata per la ripresa e per il Pil. Senza interventi di politica economica e fiscale – tra cui la sterilizzazione delle clausole di salvaguardia – nei prossimi tre anni (2018-2020) si rischia di perdere 11,5 miliardi di euro di crescita del Pil. Il dato emerge dalle simulazioni condotte attraverso l’utilizzo di modelli econometrici da Cer Ricerche per R.E TE. Imprese Italia in occasione dell’assemblea annuale.

L’esercizio di simulazione traccia per il triennio 2018-2020 un quadro decisamente meno ottimista rispetto a quello contenuto nel DEF appena varato dal governo Gentiloni. E per i prossimi tre anni prevede una crescita cumulata del Pil del 3,5%, lo 0,7% – o 11,5 miliardi di euro – in meno delle previsioni governative (+4,2% tra 2018 e 2020), dovuta anche al rallentamento dei consumi nel triennio soprattutto per l’impatto degli aumenti IVA previsti dalle clausole di salvaguardia.

«La situazione economica attuale – secondo il Cer – sembra dunque presentare una maggiore fragilità rispetto a quanto delineato nel DEF. Pur trovando conferma l’allontanamento dalle condizioni recessive che hanno troppo a lungo segnato il paese, la preoccupazione non riguarda solo l’approfondimento della distanza dalla crescita media europea più in generale la possibilità di conservare nel medio periodo un incremento di Pil superiore all’1% e allo stesso tempo il mancato conseguimento degli obiettivi di bilancio. Il sentiero per la politica economica della XVIII legislatura appare dunque assai stretto e semplici interventi di “manutenzione” potrebbero rivelarsi insufficienti a garantire il consolidamento del ciclo economico. Le prospettive dell’economia italiana dei prossimi anni dovranno essere pertanto sostenute da un’azione politica che dia finalmente piena attuazione ai principi contenuti nello Statuto delle Imprese, in base al quale le norme devono essere, semplici, chiare, di diretta applicazione, proporzionali alla dimensione aziendale ed al settore di attività. Tali politiche dovranno essere pensate avendo a riferimento la peculiarità del tessuto produttivo dell’Italia, anche con specifiche misure per l’imprenditoria femminile e giovanile, e non limitarsi a prevedere soltanto delle deroghe».

Il quadro di previsione tracciato dal DEF dal Governo è apparentemente connotato da elementi di prudenza, ma potrebbe nei fatti rivelarsi viziato da un eccesso di ottimismo. In termini di confronto, nelle valutazioni del Governo l’incremento del PIL dell’1,5% verrebbe mantenuto anche nel 2018, per poi registrare solo un lieve rallentamento nel 2019-20. In media, l’incremento atteso del Pil nel prossimo triennio è pari all’1,4%. La stabilizzazione dei saggi di crescita si verificherebbe nonostante l’aumento dei prezzi, con l’inflazione stimata risalire al 2,2% nel 2019, per poi fermarsi al 2% nel 2020. Dal momento che le previsioni del DEF sono costruite col metodo della legislazione vigente, l’aumento dell’inflazione è dovuto all’applicazione, appunto a partire dal 2019, delle clausole di salvaguardia, ossia dal rialzo dell’IVA. Nelle assunzioni governative la dinamica del Pil resterebbe sostanzialmente insensibile alla manovra delle imposte indirette.

Le previsioni CER per R.E TE. Imprese Italia. L’esercizio di controllo predisposto per R.E TE. Imprese offre tuttavia un quadro meno rassicurante. Al di là dei possibili rischi connessi a un deterioramento del quadro internazionale (aumento dei tassi di interesse più pronunciato di quanto atteso, accelerazione del prezzo del petrolio, accentuazione delle tensioni protezionistiche), è in particolare l’andamento della domanda interna che potrebbe rivelarsi meno favorevole di quanto atteso nel DEF. Tanto che, a parità di incremento delle esportazioni, il modello econometrico CER indica come nel 2020 il saggio di crescita del Pil potrebbe tornare al di sotto dell’1%. Nel dettaglio, la variazione del prodotto potrebbe risultare pari all’1,4% quest’anno, all’1,3% nel 2019 e ridimensionarsi appunto allo 0,8% nel 2020.

A fronte di un profilo dell’inflazione sostanzialmente simile a quello governativo, la diversa valutazione che emerge dall’esercizio svolto per R.E TE. deriva dalla minore dinamicità delle componenti della domanda interna. Nel triennio di previsione, secondo le simulazioni Cer i consumi delle famiglie aumenterebbero complessivamente del 2,4%, invece del 3,1% indicato nel DEF. Importanti differenze di scenario si riscontrano altresì per il saldo di bilancio pubblico. La stima effettuata col modello CER colloca l’indebitamento al di sopra del 2% ancora per tutto il 2018 e a fine periodo l’obiettivo di pareggio, nonostante l’aumento IVA, non verrebbe conseguito.