Il mercato del lavoro nelle province italiane

0
3136
AUDIZION

Studio di CNA sulle dinamiche occupazionali di un’Italia sempre più divisa in due con differenze che si allargano invece che ridursi. 

Nel 2017 l’occupazione italiana è tornata quasi ai livelli del 2008. La ripresa della base occupazionale pre-crisi è stata realizzata in un periodo relativamente breve: quattro anni, nei quali ogni giorno sono stati recuperati in media circa 570 posti di lavoro.

Anche il tasso di occupazione (ovvero l’occupazione in rapporto alla popolazione) è cresciuto negli ultimi quattro anni attestandosi alla fine dello scorso anno al 58%, il livello più alto degli ultimi dieci anni.

Secondo l’analisi effettuata dall’Ufficio studi di Cna il recupero dell’occupazione non ha riguardato però tutti i territori. Rispetto al 2016 il tasso di occupazione è aumentato in due terzi delle province italiane e l’aumento del tasso di occupazione è risultato lievemente più accentuato nel CentroNord che nel Mezzogiorno.

Le differenze dell’occupazione tra Nord e Sud dell’Italia non riguardano solo l’andamento ma anche il livello e la composizione della stessa. A fine 2017, infatti, le province del CentroNord presentavano tassi di occupazione superiori alla media nazionale mentre le province meridionali erano accumunate da tassi di occupazione più bassi. Inoltre nei territori settentrionali la distanza che separa l’occupazione maschile da quella femminile risulta più contenuta che nel Mezzogiorno.

In un orizzonte di lungo periodo, il divario tra i risultati dell’occupazione a livello territoriale appare anche più marcato. Tra il 2008 e il 2017 solo trentasei province su centosette hanno recuperato i livelli occupazionali pre-crisi. Si tratta per lo più di province settentrionali. Nella maggior parte del Mezzogiorno, invece, l’occupazione resta ancora lontana dai livelli del 2008.

Il sentiero di crescita dell’occupazione intrapreso dal nostro Paese a partire dal 2013 non è stato in grado di ridurre il gap occupazionale tra Nord e Sud, che al contrario si è ampliato. Appare quindi necessaria una nuova e più incisiva strategia di coesione territoriale capace di innescare un processo di convergenza che porti ad un avvicinamento tra i livelli occupazionali delle diverse regioni italiane.

Nel 2017 l’occupazione italiana in rapporto alla popolazione di età compresa tra i 15 e 64 anni è aumentata dello 0,7 rispetto al 2016, risultando pari al 58,0%, il valore più alto dal 2008. La crescita dell’occupazione dello scorso anno, determinata da settantuno province1 su centosette, si inserisce in un trend positivo di cinque anni al termine del quale lo Stivale ha finalmente recuperato i posti di lavoro pre-crisi.

Il recupero dell’occupazione dello scorso anno non ha riguardato tutti i territori allo stesso modo. Rispetto al 2016 il tasso di occupazione è aumentato in due terzi delle province italiane e l’aumento della base occupazionale in rapporto alla popolazione è risultato lievemente più accentuato al CentroNord (+0,8 punti percentuali) che nel Mezzogiorno (+0,6). Gli incrementi più alti del tasso di occupazione (superiori ai 3 punti) sono stati registrati a Vibo Valentia (+4,8), Venezia (+3,4) e Piacenza (+3,1). Le contrazioni più accentuate sono state invece registrate ad Ancona (-3,0 punti), Foggia (-2,5), Lucca (-2,0) e Imperia (-2,0).

Le differenze dell’occupazione tra Nord e Sud dell’Italia non riguardano solo l’andamento ma anche il livello e la composizione della stessa. A fine 2017, infatti, la situazione dell’occupazione italiana risulta ancora molto disomogenea a livello territoriale: nelle province del CentroNord sono occupate in media oltre sei persone su dieci, in quelle del Mezzogiorno poco più di quattro su dieci. Considerando le singole province, la distanza che separa il tasso di occupazione provinciale più alto (il 72,9% di Bolzano) e quello più basso (il 37,5% di Reggio Calabria) è addirittura di 35,4 punti percentuali.

Inoltre la provincia meridionale col più alto tasso di occupazione è Chieti dove l’indicatore si colloca a un livello (57,9%) poco al di sotto di quello medio nazionale.

Il divario occupazionale Nord-Sud emerge anche nelle statistiche disaggregate per genere. A livello nazionale, il tasso di occupazione maschile (67,1%) supera di circa diciotto punti quello femminile (48,9%). Di norma, i territori del CentroNord, con i tassi di occupazione più alti, sono caratterizzati anche da squilibri di genere più contenuti. In questo senso il primato appartiene a Trieste dove il tasso di occupazione maschile supera quello femminile di soli 7 punti. Gap molto più ampi, invece, si riscontrano nelle province del Mezzogiorno. Tra queste spicca in negativo Crotone dove la differenza tra tasso di occupazione maschile e femminile sfiora addirittura i 30 punti percentuali. Le province del Centro-Nord sono anche quelle nelle quali il tasso di occupazione femminile raggiuge i livelli più alti (con valori dell’indicatore che superano il 65% a Bologna e Bolzano) e nelle quali la dinamica dell’occupazione rosa lo scorso anno è stata più sostenuta. Nel 2017, infatti, il tasso di occupazione femminile, ha registrato incrementi superiori ai 4 punti nelle province di Venezia (+5,4), Prato (+5,0), Pesaro-Urbino (+4,4), Ragusa (+4,3), e Vibo Valentia (+4,0). Riduzioni marcate sono state registrate invece sia a Nord che a Sud e, in particolare, nelle province di Ancona (-4,0), Imperia (-3,7), Verbano-Cusio-Ossola (-3,6), Taranto (-3,3) e Lucca (-3,2).

Il miglioramento delle condizioni del mercato del lavoro italiano si riflette anche nelle statistiche riguardanti la disoccupazione. Nel 2017, infatti, il tasso di disoccupazione, ovvero il numero di persone in cerca di occupazione in rapporto alle forze di lavoro, è diminuito per il terzo anno consecutivo attestandosi all’11,2%. Lo scorso anno, per la prima volta dal 2007, la diminuzione della disoccupazione ha accomunato tutte le ripartizioni geografiche. Le aree del CentroNord, che presentano i tassi di disoccupazione più bassi, sono quelle in cui rispetto al 2016 la quota di persone in cerca di occupazione è diminuita in maniera più evidente. Il tasso di disoccupazione è diminuito di 0,7 punti al Nord, dove esso risulta pari al 6,9%, di 0,4 punti al Centro, dove si attesta al 10,0%, e appena di 0,2 punti nel Mezzogiorno dove raggiunge il 19,4%.

La provincia con il tasso di disoccupazione più alto è Crotone, dove quasi un terzo della popolazione compresa tra 15 e 64 anni è in cerca di un occupazione (29,0%). La provincia con il tasso di disoccupazione più basso è invece Bolzano nel quale i disoccupati sono appena il 3,1% della forza lavoro.

Il tasso di occupazione 2017 (58%) resta lievemente al di sotto del valore registrato a fine 2008 (58,6%). Nonostante questo, in alcune province i livelli pre-crisi dell’occupazione sono stati recuperati e, in alcuni casi, anche superati. Si tratta di 36 province (su centosette) localizzate per lo più nel Nord del Paese e in Toscana e nel Lazio.

Dall’analisi condotta emerge un’Italia divisa in due, al Centro-Nord, in cui si trova la maggior parte delle province che hanno recuperato i livelli occupazionali pre-crisi, si contrappone il Mezzogiorno dove si rilevano ancora ritardi considerevoli nel recupero dei posti di lavoro. Complessivamente nel Centro-Nord si registrano tassi di occupazione più elevati e livelli di disoccupazione più contenuti. Questo divario trova conferma anche nel differenziale tra tasso di occupazione maschile e femminile, meno accentuato al Nord e più profondo al Sud, con il risultato che il gap occupazionale tra Nord e Sud si è ampliato.