Una proposta di legge per difendere l’italiano dall’utilizzo strabordante di parole inglesi al posto di quelle nella lingua di Dante

0
956

Conzatti: «doverosa la difesa dell’utilizzo della lingua italiana in tutti gli atti ufficiali delle amministrazioni pubbliche e delle società private».

Quanto accaduto con il ministero dell’Istruzione, pesantemente strigliato dagli esponenti dell’Accademia della Crusca e dai professori dell’Accademia Incipit che hanno trovato un documento ufficiale dell’amministrazione statale, il “Sillabo per l’educazione all’imprenditorialità nelle scuola” pubblicato lo scorso marzo pesantemente infarcito di lemmi inglesi tranquillamente sostituibili da altrettanti italiani, secondo la senatrice trentina di Forza Italia, Donatella Conzatti, «non deve più accadere».

Secondo l’esponente azzurra «oltre a denunciare una pesante omologazione al ribasso di chi lo ha redatto, accompagnata da un’ulteriore palese ignoranza culturale di chi ha difeso l’operazione (a partire dall’ineffabile ministro-sindacalista, non laureata ne diplomata, Valeria Fedeli), perseguitare a non valorizzare la lingua ufficiale dello Stato in atti emanati da una sua branca e rivolti al pubblico fa un cattivo servizio sia ai cittadini che alla cultura. Farsi capire da tutti indistintamente dovrebbe essere una cosa naturale, oltre che un obbligo morale da parte di un amministratore pubblico o da un pubblico funzionario».

Conzatti afferma di «condividere pienamente l’allarme lanciato dagli esponenti della Crusca e dell’Accademia Incipit» dove si denuncia «l’abbandono dell’italiano” da parte del Miur, oltre di “meccanica applicazione di un insieme concettuale anglicizzante, a fronte di un italiano volutamente limitato nelle sue prerogative basilari di lingua intesa quale strumento di comunicazione e di conoscenza». «Più che un’educazione all’imprenditorialità, sembra promuovere un abbandono sistematico della lingua italiana e delle sue risorse nei programmi formativi delle forze imprenditoriali del futuro – bocciano i linguisti – pare una sorta di contraffazione paradigmatica della cultura e del patrimonio italiano: è così che si vogliono promuovere e valorizzare le eccellenze italiane, il “Made in Italy”»?

A leggere il testo diffuso dal Miur tramite il Sillabo, spiegano i linguisti, pare che «per imparare a essere imprenditori non occorra saper lavorare in gruppo, bensì conoscere le leggi del “team building”; non serva progettare, ma occorra conoscere il “design thinking”, essere esperti in “business model canvas” e adottare un approccio che sappia sfruttare la “open innovation”, senza peraltro dimenticare di comunicare le proprie idee con adeguati “pitch deck e pitch day”».

«Gli accademici dell’istituto culturale fiorentino hanno lanciato un appello al Miur che condivido pienamente – dice Conzatti: si usi maggiore rispetto nei confronti della lingua e della cultura italiana».

Per tentare di arginare l’impoverimento della lingua italiana, tempo addietro si era ipotizzata l’istituzione di un Consiglio Superiore della Lingua Italiana sulla falsariga del francese l’Istituto Superiore della Lingua Francese, dotato per legge di ampi poteri nell’arginare l’impoverimento della lingua di Moliere, talvolta giungendo anche a vette di esasperato sciovinismo.

Secondo la senatrice trentina «la lingua per uno Stato con profonde radici storiche e culturali come l’Italia è uno dei principali vettori dell’identità nazionale e come tale dovrebbe essere valorizzata e coltivata, anche per evitare sempre più frequenti fenomeni di analfabetizzazione di ritorno imposti dalle nuove tecnologie che impediscono specie ai più giovani la formazione di un’espressività che vada oltre i 280 caratteri, che sappia scrivere a mano e in corsivo (frequentissimo l’impiego dello stampatello anche nei temi…) leggibile».

La soluzione secondo Conzatti è la definizione di una legge apposita: «ho dato incarico di predisporre un testo di legge che vada verso la valorizzazione e tutela della lingua italiana, soprattutto nel suo utilizzo da parte delle amministrazioni pubbliche di ogni ordine e grado, oltre che negli atti ufficiali utilizzati dalle società (si pensi solo alle comunicazioni relative all’andamento economico delle società quotate, zeppe di termini finanziari anglosassoni ignote ai più, soprattutto alla gran massa degli investitori), al potenziamento della diffusione della cultura e lingua italiana nel mondo (utile strumento anche per intessere nuove relazioni economiche e turistiche), all’incentivazione dell’utilizzo dell’italiano da parte di autori stranieri nel campo delle arti letterarie e della musica, a concorsi a premi tra gli studenti delle scuole italiane per le migliori composizioni in italiano. Il tutto accompagnato da sanzioni (economiche e di carriera) per chi utilizza per abitudine e pigrizia intellettuale un lemma anglosassone (o comunque straniero) quando esiste facilmente il suo corrispondente in italiano».