Inflazione: l’Istat a gennaio registra una frenata specie per i consumi alimentari

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POTERE D'ACQUISTO PERDITA EROSIONE INFLAZIONE EURO

+0,5% su anno. Preoccupazione dei consumatori e dei commercianti. La situazione economica nazionale è ancora critica. A NordEst i rincari maggiori

A febbraio 2018, l’indice nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettività (NIC) elaborato dall’Istat, al lordo dei tabacchi, registra una variazione nulla su base mensile e aumenta dello 0,5% su base annua (da +0,9% di gennaio). La stima preliminare era +0,6%.

La frenata dell’inflazione si deve prevalentemente all’inversione di tendenza dei prezzi degli Alimentari non lavorati (-3,2% da +0,4% di gennaio), cui si aggiunge il rallentamento della crescita dei prezzi sia degli Alimentari lavorati (+1,3% da +2,1%), sia dei Beni energetici regolamentati (+5,3% da +6,4%). Il rallentamento non riguarda la dinamica dell’“inflazione di fondo”, al netto degli energetici e degli alimentari freschi, che si attesta a +0,6% come a gennaio. L’inflazione al netto dei soli Beni energetici si riduce invece di quattro decimi di punto percentuale (+0,2%, da +0,6% del mese precedente).

La variazione nulla registrata su base mensile dall’indice generale è la sintesi di una dinamica opposta e simmetrica dei prezzi dei beni (-0,4%) e dei servizi (+0,4%). La flessione dei primi è dovuta prevalentemente ai Beni alimentari (-0,7%), la crescita dei secondi ai Servizi relativi ai trasporti (+1,6%). Su base annua la crescita dei prezzi dei beni decelera (+0,3%, da +1,3% di gennaio) mentre accelera, seppur di poco, quella dei servizi (+0,8% da +0,6%). Il differenziale inflazionistico tra servizi e beni torna quindi positivo dopo cinque mesi risultando pari a +0,5 punti percentuali (era -0,7 a gennaio). L’inflazione acquisita per il 2018 è pari a +0,4% per l’indice generale e nulla per la componente di fondo.

Secondo il Codacons la frenata dell’inflazione a febbraio «è influenzata dal crollo delle vendite, con il commercio al dettaglio che continua a soffrire e a registrare numeri negativi – spiega il presidente Carlo Rienzi –. La mancata ripresa dei consumi incide sui prezzi che non crescono come dovrebbero, o addirittura diminuiscono come nel caso degli alimentari, i cui listini scendono dello 0,8% rispetto all’anno precedente. Ciò significa che solo per i beni alimentari la famiglia media risparmia 43 euro su base annua, cifra che sale a 57 euro nel caso di una coppia con due figli». La frenata del tasso di Inflazione allo 0,5% porta l’aggravio di spesa annuale per famiglia tipo a fermarsi a +152 euro (+195 euro per un nucleo composto da genitori e due figli)».

Per Massimiliano Dona, presidente dell’Unione Nazionale Consumatori, il calo dell’inflazione «è un ottima notizia, anche se è il sintomo dei consumi ancora al palo. Finalmente la casalinga di Voghera potrà risparmiare andando al mercato, visto che scendono dello 0,6% i prezzi del carrello della spesa. L’Inflazione a +0,5%, per una coppia con due figli, la famiglia tradizionale di una volta, significa avere una maggior spesa annua complessiva di 195 euro, ma per il carrello della spesa il risparmio è di 46 euro. Mentre per la coppia con 1 figlio, ossia la tipologia di nucleo familiare ora più diffusa in Italia, a fronte di un rialzo di 180 euro su base annua, i ribassi per spesa di tutti i giorni sono pari a 43 euro, 36 euro per la famiglia tipo Istat».

L’UNC ha anche calcolato quali saranno le città che più subiranno i rincari dell’inflazione: in testa alla graduatoria dei capoluoghi più cari, in termini di maggior spesa, si conferma Bolzano, con il picco dell’inflazione, 1,6%, equivalente, per una famiglia da 4 componenti, ad una spesa supplementare su base annua di 895 euro (681 per la famiglia tipo Istat da 2,4 componenti), contro una media per l’Italia di 193 euro. Al secondo posto Venezia, dove il rialzo dei prezzi dell’1,1% determina un aumento del costo della vita, per una famiglia di 4 persone, pari a 515 euro (402 per la famiglia media Istat) e, terza, Trento, dove l’inflazione dello 0,9% comporta un aggravio annuo di spesa di 459 euro (284 per la famiglia tipo).

A livello di regione, quelle più care sono il Trentino Alto Adige, dove l’Inflazione dell’1,2% significa, per una famiglia di 4 persone, una batosta pari a 649 euro su base annua (443 per la famiglia media Istat da 2,4 componenti). Segue la Toscana, dove l’incremento dei prezzi pari allo 0,9% implica un’impennata del costo della vita pari a 411 euro (305 per una famiglia media) e, terza, la Liguria, dove l’Inflazione dello 0,9% genera una spesa annua supplementare di 362 euro (247 per la famiglia media).

Allarmata Confcommercio: «la revisione porta a zero la dinamica congiunturale dei prezzi a febbraio, un dato troppo basso che tradisce una pericolosa debolezza dei consumi. La disaggregazione territoriale della variazione dei prezzi indica, rispetto a 12 mesi fa, un’inflazione moderata al Nord, ma quasi nulla al Sud, a testimonianza che la fase di ripresa è ancora particolarmente fragile in alcune regioni del Paese. In questo quadro le prolungate incertezze sul possibile incremento dell’Iva per 12,5 miliardi di euro a partire dal prossimo mese di gennaio non aiuteranno la fiducia di famiglie e imprese».