Energia da scarti agricoli, un’esperienza italiana da esportare

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La filiera può contribuire a ridurre emissioni inquinanti, creando 21.000 posti e ricadute per 85,8 miliardi al 2030 

consorzio italiano biogas cib logoIl modello del biogas/biometano agricolo “Made in Italy” è una buona pratica a livello europeo e globale, una filiera seconda per grandezza in Europa e quarta al mondo, esportabile, sostenibile dal punto di vista ambientale oltre che driver economico che produce occupazione. E’ quanto emerso nei due giorni di convegno annuale “Biogas Italy” che si è svolto a Roma.

L’eccellenza del modello italiano è riconosciuta anche dal gruppo di ricerca internazionale coordinato dal professor Bruce Dale della Michigan University, già consulente del governo Usa, e comprendente i professori Jorge Hilbert dell’Inta Argentina, Jeremy Woods dell’Imperial College London, Tom Richard della Penn State University e Kurt Thelen della Michigan State University. Il team di esperti ha decretato la possibilità e l’opportunità di esportare il modello italiano del “Biogasfattobene” ad altre latitudini, per rispondere già oggi alle necessità di riduzione delle emissioni, di produzione energetica rinnovabile e di valorizzazione economica delle aziende agricole. Secondo le stime del gruppo di lavoro, l’Argentina potrebbe sostituire completamente le importazioni di gas naturale con biogas prodotto con il metodo “Biogasfattobene”; negli Usa le potenzialità del “Biogasfattobene” potrebbero superare del 20% quelle del gas di origine fossile.

«Il biogas non è una bioenergia come le altre – dichiara Piero Gattoni, presidente del Consorzio Italiano biogas (Cib) che conta quasi 800 aziende associate e più di 440 MW di capacità installata – in quanto, se “fatto bene”, non solo produce energia rinnovabile e programmabile, ma diventa anche uno strumento essenziale per decarbonizzare le pratiche agricole correnti, rendendo concreta la prospettiva di un’agricoltura carbon negative. Tutto ciò è perseguibile grazie alla maggiore capacità produttiva del suolo e a pratiche agronomiche che favoriscono lo stoccaggio del carbonio nel terreno». 

Il gas rinnovabile può avere un ruolo fondamentale nel permettere all’Italia di raggiungere gli obiettivi imposti dagli Accordi di Parigi e di arrivare al traguardo di un’economia a emissioni zero entro il 2050. Secondo stime Cib, l’Italia sarebbe nelle condizioni di raggiungere una produzione di 10 miliardi di metri cubi di biometano al 2030, di cui almeno 8 da matrici agricole pari a circa il 15% dell’attuale fabbisogno annuo di gas naturale e ai due terzi della potenzialità di stoccaggio della rete nazionale. Uno studio presentato dalla società di consulenza ambientale Althesis parte da questa stima per definire uno scenario al 2050, dove un potenziamento della produzione di biometano potrebbe evitare emissioni di CO2 per 197 milioni di tonnellate. Lo sviluppo della filiera consentirebbe, inoltre, già entro il 2030, di creare oltre 21.000 posti di lavoro e di generare un gettito tributario di 16 miliardi di euro tra imposte sulle imprese e fiscalità di salari e stipendi. Le ricadute economiche complessive al 2030 si misurerebbero in 85,8 miliardi di euro, di cui 17,7 miliardi euro nell’uso elettrico, 15 miliardi euro nel settore dei trasporti e 53,1 miliardi euro grazie all’immissione nella rete. 

Uno studio commissionato da Gas for Climate, consorzio formato da aziende europee di trasporto di gas (Enagas, Fluxys, Gasunie, GrTgaz, Open Grid Europe, Snam, Tigf) e da Cib ed Eba, e presentato da Ecofys, società di consulenza energetica e climatica, riconosce il ruolo fondamentale del gas rinnovabile nel percorso di decarbonizzazione dell’economia europea. «Un impianto di biogas – aggiunge Gattoni – se connesso sia con la rete gas che con la rete elettrica, diventa una piccola bioraffineria, flessibile e decentralizzata in grado di produrre biometano, elettricità, calore, fertilizzanti organici. Il “greening” della rete gas fa diventare la rete stessa un’infrastruttura che raccoglie energia rinnovabile dal territorio, la concentra, la accumula e la trasporta a costi competitivi. L’energia può essere usata dove e quando è più conveniente e nella forma più consona, come elettricità, carburante, combustibile per i fabbisogni di calore dell’industria. E’ evidente che il nostro Paese si trova ad avere una risorsa verde d’inestimabile valore – conclude – per questo chiediamo che venga sostenuta in modo adeguato: le nostre aziende hanno bisogno di un quadro normativo chiaro e definito per poter effettuare gli investimenti necessari a introdurre nelle loro attività le tecnologie più performanti e più sostenibili a disposizione sul mercato. Il varo del decreto biometano, ad oggi ancora in fase di valutazione da parte della Commissione Ue, potrebbe gettare le basi per una forte crescita del nostro comparto e consentire alle nostre aziende di velocizzare il processo di decarbonizzazione dell’economia nazionale, nel rispetto degli impegni presi con gli Accordi di Parigi». 

Il biometano è il risultato di un processo di miglioramento del biogas che si ottiene dalla digestione anaerobica di biomasse agro-industriali, quali sottoprodotti agricoli, reflui zootecnici, colture di integrazione, dalla frazione organica dei rifiuti urbani provenienti dalla raccolta differenziata. In Italia sono operativi quasi 2.000 impianti di biogas, dei quali l’80% in ambito agricolo, con una potenza elettrica installata di circa 1.400 MW, equivalente a una produzione di biometano pari a 2,8 miliardi di metri cubi all’anno. 

Secondo stime Cib, potenzialmente l’Italia potrebbe produrre fino a 10 miliardi di metri cubi di biometano al 2030, di cui almeno 8 da matrici agricole, pari a circa il 15% dell’attuale fabbisogno annuo di gas naturale e ai due terzi della potenzialità di stoccaggio della rete nazionale. La filiera del biogas-biometano risulta inoltre il settore a maggiore intensità occupazionale tra le rinnovabili con 6,7 addetti per MW installato e ha già favorito la creazione di oltre 12.000 posti di lavoro stabili e specializzati. 

Il biometano è stato disciplinato per la prima volta con l’approvazione del decreto interministeriale 5 dicembre 2013, che ne ha autorizzato l’utilizzo nell’autotrasporto, nella rete nazionale del gas e nella cogenerazione ad alto rendimento. L’immissione nella rete nazionale del gas non è stata, tuttavia, pienamente regolamenta e ora si attende l’approvazione di un nuovo decreto (attualmente in fase di valutazione da parte della Commissione Europea) che dovrebbe prevedere la revisione dell’intervallo temporale per l’accesso agli incentivi; un target annuo minimo di immissione di biometano in rete; un sistema di contabilizzazione che valorizzi maggiormente i benefici ambientali prodotti dalla digestione anaerobica.