Saba, arriva il nuovo Cd ‘Life Changanyisha’ (Sud Music/Egea)

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cd egea saba anglana 1di Giovanni Greto

Ad un anno di distanza da ‘Biyo-Water is Love’, in cui veniva posta l’attenzione sulla mancanza di acqua pulita, causa dell’80% delle malattie che colpiscono l’Africa, la collaborazione tra Saba e Amref prosegue con ‘Life changanyisha’, “la vita ci mescola”, il primo lemma inglese, il secondo kiswahili. Amref è un acronimo che sta per African Medical and Research Found, un’organizzazione sanitaria non governativa con sede a Nairobi, la capitale del Kenya, fondata da quattro chirurghi, un inglese, un neozelandese, un americano ed una francese nel 1957, indicati con il termine di ‘flying doctors’, perché arrivavano ovunque con i loro piccoli aerei per curare le popolazioni sul posto, vista la carenza e in molti casi l’assenza di ospedali.

Saba Anglana è nata in Somalia da padre italiano e madre etiope. E’ rimasta in Somalia soltanto 5 anni per poi trasferirsi in Italia. Il CD è il risultato di un viaggio nell’Africa orientale, in Kenya e Tanzania per la precisione. La cantante e compositrice è partita con Fabio Barovero, co-autore di tutti i brani, nel febbraio dello scorso anno, inoltrandosi fra le comunità, visitando i pozzi, i dispensari, i villaggi, le scuole, gli slum. E’ stata a Bandora, poche baracche e un pozzo in mezzo al nulla, ha scambiato canti, ha assistito a danze tradizionali ed ha ricevuto dal capo villaggio Johnson Mumba Mwayai l’accorata richiesta di raccontare all’Occidente com’è la vita lì, per ricevere aiuto e non essere dimenticati.

11 le tracce del disco, in cui figurano i musicisti presenti in ‘Biyo’, con l’aggiunta del tablista Federico Sanesi e di ospiti africani: i ragazzi dello slum di Dagoretti, il coro polifonico dei Kayamba Africa, il gruppo vocale femminile delle Bismillahi Gargar di Garissa, il coro dei bambini masai della scuola di Olmapinu, il gruppo delle donne di Enduet in Loitoktok, i cori masai di Rombo nella savana ai confini con la Tanzania, il coro Mijikenda di voci e percussioni, vicino al pozzo di Bandora, il coro Giriama in Bamba Earth Dam, il coro femminile delle Kiboko, quello Kamba vicino a Kibwezi.

In scaletta ci sono brani facilmente ballabili, suonati con strumenti moderni del pop occidentale (chitarre, tastiere, etc.) ed un uso frequente di programming. E’ stato invitato Federico Sanesi alle tabla, la coppia di membranofoni della musica indiana, con una funzione ornamentale in questo caso e per aggiungere colori diversi. Tra gli strumenti propriamente africani c’è la Kora, una sorta di arpa-liuto, appartenente alla famiglia dei cordofoni, nei quali il suono si genera mediante la vibrazione di fibre vegetali, animali o metalliche. In due pezzi compare il qanoun, piccola cetra a cassa trapezoidale composta da 26 corde metalliche triple, pizzicate con dei plettri infilati su entrambi gli indici, come in ‘Xamar’, registrato in Zanzibar per ricordare la città natale di Saba, Mogadiscio, difficilmente raggiungibile nei tempi odierni. Lo strumento conferisce sonorità orientali che influenzano tutta l’Africa dell’est, compreso il Kenya. Il pezzo che si può vedere in un colorato video su Youtube è ‘From within’, composto sotto un albero a Dagoretti, nei dintorni di Nairobi, da Saba, Barovero e un gruppo di ragazzi di strada, tra i quali il sedicenne James Ndichi, che conclude il CD raccontando in forma di rap la sua vita negli slum ai margini della società, i sogni, la lotta per la sopravvivenza.

Della componente materna dell’amore delle donne che danno la loro vita per dare la vita si parla in ‘Heskenna’, dove si vuol focalizzare l’attenzione sull’altissima percentuale di donne che muoiono al momento del parto : sembra un assurdo, se si pensa ai progressi della medicina, eppure nel 2012 e chissà per quant’altro tempo ancora, questa piaga non accenna a diminuire. E se nell’Occidente, Italia in primis, si muore per malasanità, in Africa si muore per assenza di sanità.

Saba si esprime in inglese, in kiswahili e in somalo. Forse il primo ascolto potrà apparire ostico, ormai abituati al suono dominante anglosassone. Con il fluire del tempo, però, a poco a poco si familiarizza e si riesce, pur non capendo, ad assaporare differenti sonorità fonetiche.