Per la Cgia manca una seria politica di sostegno dei consumi, che languono e sono ancora sotto il livello di pre crisi (unico caso tra i “grandi” d’Europa)
Su oltre 1.680 miliardi di ricchezza prodotta in Italia, quasi l’80% (per la precisione il 79,6) è riconducibile ai consumi interni che, a loro volta, sono composti per il 60,8% dalla spesa delle famiglie e un per un altro 18,8% dalla spesa del comparto pubblico, mentre gli investimenti sonosolo al terzo posto con il 17,1% del totale.
Secondo l’Ufficio studi della Cgia di Mestre, la gran parte del Pil nazionale è riconducibile alla voce consumi che presenta anche quest’anno livelli di crescita molto modesti. Nel 2017, l’aumento di quelli delle famiglie dovrebbe attestarsi all’1,4%; nell’area euro solo Francia (+1,1%) e Grecia (+0,9%) faranno segnare un risultato inferiore a quello italiano. Le spesa per consumi del comparto pubblico registrerà quest’anno uno striminzito +0,7%.
Per recuperare gli effetti negativi prodotti dalla crisi ci vorrà ancora del tempo: rispetto al 2007 (anno pre crisi) si deve ancora “riprendere” 2,8 punti di spesa delle famiglie e 1,7 di spesa della pubblica amministrazione. E sebbene la variazione del Pil nazionale sia tornata ad essere positiva dal 2014, per riportare il Paese allo stesso livello che registrato l’anno prima dell’avvento della crisi è necessario “riconquistare” ancora 5,4 punti percentuali.
Sebbene le vendite al dettaglio (che costituiscono il 70% circa delle vendite dei beni) siano in leggera ripresa anche in questi primi 9 mesi del 2017 (+0,4%), questo segnale positivo non coinvolge tutti gli operatori. Secondo il coordinatore dell’Ufficio studi della Cgia, Paolo Zabeo: «le piccole attività commerciali e artigianali continuano a non percepire la ripresa. Queste imprese, infatti, lavorano quasi esclusivamente per il mercato domestico e sebbene negli ultimi 3 anni i consumi sono tornati a salire, i benefici di questa crescita hanno interessato quasi esclusivamente la grande distribuzione organizzata. Dal 2006 al 2016, ad esempio, il valore delle vendite al dettaglio nell’artigianato e i nei piccoli negozi di vicinato è crollato del 13,1%; nella grande distribuzione, invece, è aumentato del 6,2%. Questo trend è proseguito anche nei primi 9 mesi di quest’anno: mentre nei supermercati, nei discount, nei grandi magazzini le vendite sono aumentate dell’1,7%, nei piccoli negozi la diminuzione è stata dello 0,6%.
Se negli ultimi 10 anni (2016 su 2006) i consumi delle famiglie per funzione principale hanno visto crollare del 12% quelle riferite ai beni, mentre le spese per i servizi sono aumentate del 7%, i settori che hanno subito le contrazioni più importanti sono stati i trasporti (-15,4%), i mobili/elettrodomestici (-15,1%) e gli alimentari/bevande (-11,2%).
Un’altra voce importante sono gli investimenti che, sul totale della ricchezza prodotta nel Paese, incidono per il 17,1%. Se negli ultimi 10 anni sono crollati del 24,3%, nel 2017 dovrebbero registrare una crescita del 2,5%, grazie anche alle misure messe in campo dal Governo negli ultimi 2 anni per favorire la diffusione della digitalizzazione nel nostro sistema produttivo.