Bisato: «due sì completamente diversi»
Di Alessandro Bisato, segretario regionale PD veneto
Col passare dei giorni, si vivacizza la discussione da parte dell’opinione pubblica sul referendum del 22 ottobre, cosiddetto sull’autonomia del Veneto. Vista la rilevanza che il tema ha assunto sui media e, in parte, presso l’opinione pubblica, credo necessario fare chiarezza sulla posizione che il Partito Democratico ha assunto e che giornalisticamente è stata riassunta in un “Sì Critico”.
Il 22 ottobre, chi si recherà alle urne troverà sulla scheda parola per parola il testo dell’articolo 116, comma 3 della Costituzione, in vigore dal 2001. Il testo del quesito approvato dalla Corte Costituzionale, infatti, recita testualmente: “Vuoi che alla Regione del Veneto siano attribuite ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia?”. In pratica, maggiori forme di autonomia su alcune materie possono essere contrattate dalle regioni su esplicita domanda della Regione interessata e dopo una trattativa tra Stato e Regione stessa. A oggi, l’unica regione ad aver attivato la procedura prevista dalla Costituzione è l’Emilia Romagna che infatti ha avviato un tavolo di lavoro con il governo. Purtroppo, invece, il Veneto non si è mai mosso in questo senso, lasciando passare invano 16 lunghi anni.
Il terzo comma dell’articolo 116 è stato voluto in Costituzione proprio dal centro sinistra ed è frutto di un articolato percorso che ha avuto come protagonisti di primo piano sindaci e amministratori veneti di centrosinistra dalla metà degli anni Novanta in poi. Tra le altre, il 4 settembre 2000 fu presentata in Consiglio regionale del Veneto la proposta di legge numero 46 a firma dei consiglieri Cacciari, Variati, Zanonato, Galante e Bettin dal titolo “Referendum consultivo in merito alla presentazione di una proposta di legge per il trasferimento alla regione di funzioni statali” con la quale si chiedeva tra l’altro “il trasferimento agli enti locali di tutte le funzioni amministrative regionali nel superamento di ogni forma di centralismo regionale e in applicazione dei principi di sussidiarietà e di differenziazione”.
Il centrosinistra veneto è storicamente favorevole all’autonomia rafforzata e al possibile riconoscimento di maggiori competenze alle regioni, in equilibrio di bilancio, con il conseguente affidamento da parte dello Stato delle risorse finanziarie necessarie a esercitare tali competenze. Una maggiore autonomia amministrativa, condivisa con gli enti locali, per la gestione delle materie e soprattutto dei servizi attraverso gli enti più prossimi ai cittadini. Niente di più e niente di meno.
Fin qui i dati oggettivi e le motivazioni orientate al bene comune che guidano la scelta del Partito Democratico per il Veneto e per i Veneti. Tuttavia, registriamo il costante sconfinamento nella propaganda della maggioranza leghista che rischia di danneggiare le ragioni del Veneto e allontanare il raggiungimento dell’obiettivo comune di ottenere maggiori forme di autonomia.
Non solo la maggioranza politica che regge la Regione, ma la stessa giunta attribuiscono al referendum significati che non ha: afferma la possibilità di trattenere l’intero residuo fiscale, ossia della differenza tra tasse pagate e servizi ricevuti, e la possibilità di trattenere i tributi versati in Regione, ben sapendo che non è parte del quesito referendario; carica l’opinione pubblica prefigurando la possibilità di ottenere per il Veneto lo statuto speciale sulla falsariga del Trentino Alto Adige, falso anche questo; consente che vengano utilizzate le istituzioni pubbliche locali, quindi i soldi dei cittadini, per fare propaganda fuorviante. Inoltre, approva negli ultimi mesi due leggi regionali per il riconoscimento del popolo veneto come “minoranza nazionale” e per l’esposizione obbligatoria della bandiera del Veneto negli uffici pubblici, obbligo esteso, a certe condizioni, anche ai privati. Si tratta di iniziative volte esclusivamente a occupare la scena mediatica e a innalzare il livello di scontro con il governo, quando invece sarebbe utile per tutti noi alimentare i canali del confronto serio tra istituzioni.
Di fronte al costante tentativo di avvelenare il clima politico e di esacerbare il dibattito pubblico ribadiamo con risolutezza la nostra posizione: il PD veneto è per votare “Sì” a maggiori forme di autonomia amministrativa su politiche del lavoro, della formazione e sociale, tutela dell’ambiente e sviluppo sostenibile nell’ambito dell’unità nazionale.
Quasi tutti, compresa parte degli organi di informazione, dopo anni di martellante propaganda fanno coincidere il termine “autonomia” ai termini “indipendenza e secessione”. Ripartiamo dal vocabolario per attribuire correttamente le giuste proporzioni al referendum del 22 ottobre. L’autonomia richiama tutti noi a maggiori responsabilità, non certo al bengodi della crescita incontrollata della spesa pubblica improduttiva immaginato da Zaia e dalla sua giunta.