Proposta comune per arginare il boom dell’import dai paesi asiatici aderenti all’accordo “EBA”
La decisione del governo italiano di dare il via all’etichettatura obbligatoria della provenienza dei prodoti alimentari è solo un primo passo per tutelare il “Made in Italy” alimentare, ad iniziare dalla pasta e dal riso, esposti ad una fortissima pressione delle importazioni da paesi in via di sviluppo a seguito della cancellazione dei limiti e dei dazi alle importazioni.
Il governo italiano è sceso in campo per raccogliere alleati in Europa su un dossier dove fino a oggi era rimasta quasi isolata: l’attivazione della clausola di salvaguardia per fermare l’import a dazio zero di riso dai Paesi meno avanzati, in particolare da quelli aderenti all’accordo Eba (Everything but arms, tutto tranne le armi), l’accesso in assenza di dazi del riso della Cambogia e della Birmania che ha messo in ginocchio una filiera – e quella italiana del riso è la maggiore in Europa – già provata dal progressivo smantellamento degli aiuti della Politica agricola comune e dalla crisi dei prezzi.
Fino ad ora, la Commissione europea ha continuato a negare l’esistenza di condizioni di mercato tali da giustificare l’attivazione della clausola di salvaguardia che prevede il ripristino dei dazi, ignorando le richieste giunte finora da Roma. Visto che il problema non riguarda più solo l’Italia, Francia, Spagna, Bulgaria, Grecia, Ungheria, Portogallo e Romania, hanno sollecitato nel corso dell’ultimo Consiglio Ue «un intervento urgente alla Commissione europea per rendere operative misure adeguate a sostegno del comparto risicolo». Iministri dell’Agricoltura degli otto paesi chiedono a Bruxelles quattro interventi fondamentali: oltre alla clausola di salvaguardia sull’import, il riconoscimento della specificità del settore in vista della riforma della Pac, il rafforzamento dei modelli di etichettatura «attraverso adeguate iniziative per aumentare il consumo del riso prodotto nell’Unione europea» e nuovi studi per valutare l’impatto che gli accordi riguardanti i Paesi meno sviluppati e i sistemi di preferenze generalizzate hanno avuto sui diritti sociali dei lavoratori nei paesi beneficiari, «come anche le conseguenze ambientali dei sistemi di produzione locali». Quest’ultimo punto accende un faro sul fatto che l’apertura alle importazioni a dazio zero potrebbero non avere portato benefici agli agricoltori della Cambogia e della Birmania, ma potrebbero avere favorito altri interessi, con in più la beffa di avere ingiustamente penalizzato le filiere agricole dei paesi europei.
La richiesta avanzata dagli 8 ministri dell’agricoltura alla Commissione Europea è in sostanza di cambiare i parametri che consentono di riattivare i dazi, visto che fino a oggi non è stato possibile, nonostante il progressivo aumento delle importazioni di riso, che ha raggiunto il 65% dal 2009 al 2016, anno record con 1,34 milioni di tonnellate. Anche per le giacenze finali di quest’anno è atteso un nuovo record di 586.000 tonnellate, equivalenti al 30% dell’intera produzione europea. Per il ministro Maurizio Martina «non possiamo più permetterci uno squilibrio di mercato come questo, frutto di accordi che mettono in difficoltà i nostri agricoltori oggi e rischiano, in prospettiva, di azzerare la produzione europea».