Progetto europeo, cui partecipa anche UniTrento, impegnato nello sviluppo di un sistema bioelettronico in grado di stimolare la rigenerazione dei conduttori dell’impulso nervoso, la loro funzionalità così come quella motoria dell’organismo. Quattro anni di lavoro e oltre 5 milioni di finanziamento nell’ambito del programma Horizon 2020
Quando una lampada a cui si tiene molto cade a terra e si rompe, si fa il possibile per ricomporre o sostituire con cura i pezzi e ripristinare la connessione elettrica perché possa tornare funzionale. Un gruppo di ricercatori sta cercando di fare una cosa simile: “riparare” il midollo spinale. È l’ultima frontiera della nanotecnologia e il materiale chiave per raggiungere lo scopo è una microfibra composita di grafene, materiale ultrasottile e versatile che si ottiene dalla grafite, il minerale usato per le matite, costituito da un singolo strato di atomi di carbonio.
Il progetto, che è partito proprio in questi giorni, è stato selezionato dalla Commissione europea nell’ambito del programma Horizon 2020 (H2020), settore delle tecnologie emergenti (FET Proactive – Boosting emerging technologies). A proporre il progetto “Neurofibres” (Biofunctionalised Electroconducting Microfibres for the Treatment of Spinal Cord Injury) è stato un consorzio di sette partner, coordinato dall’Hospital Nacional de Parapléjicos (Servicio de Salud de Castilla La Mancha), tra le strutture più accreditate per il trattamento dei paraplegici. Tra le istituzioni coinvolte c’è l’Università di Trento accanto a quella di Cambridge. Il gruppo si compone di neuroscienziati, medici, bioingegneri, fisici, ingegneri elettronici e meccanici e collabora con un’azienda di microsensoristica.
La sfida consiste nel produrre un sistema (scaffold) attivo bioelettronico sicuro ed efficace per il trattamento di lesioni al sistema nervoso centrale. Il progetto, dall’approccio interdisciplinare, si propone di dare un contributo alla neurologia riparativa sviluppando sistemi bioelettronici in grado di stimolare la rigenerazione degli assoni (conduttori dell’impulso nervoso) e l’attivazione del circuito neuronale.
Nicola Pugno, referente del progetto per UniTrento e professore del Dipartimento di Ingegneria civile, ambientale e meccanica spiega come «lo scopo finale è riparare le lesioni al sistema nervoso centrale per recuperare le funzioni importanti, a cominciare dalla capacità di camminare. L’obiettivo è molto ambizioso e la strada per raggiungerlo è lunga e piena di interrogativi e difficoltà. Ma abbiamo fiducia nel progetto e nella rete di collaborazione che si è creata per metterlo in atto».
Pugno illustra il funzionamento del microsistema: «il materiale chiave sarà una microfibra – che al momento pensiamo di realizzare in carbonio – avvolta in una guaina composita di polimero conduttore caricato con grafene. Passeremo quindi a progettare, produrre e caratterizzare microfibre conduttive e quindi uno scaffold (che si presenta come una spugna fibrosa) biocompatibile, elettroattivo e meccanicamente robusto. Far coesistere questi tre fattori fondamentali rappresenta un salto di qualità, il superamento del limite odierno, necessario se si vuole sperare nella rigenerazione e nel ripristino della funzionalità. Nei test preliminari le fibre si rompono, si disancorano o migrano, non conducono a sufficienza e promuovono ulteriore infiammazione. Le neurofibre verranno inserite nel punto di rottura del midollo spinale e dovrebbero promuovere – tramite elettrostimolazione e la specifica topologia unidimensionale – la crescita degli assoni, e quindi il ripristino della loro funzionalità e, con questa, quella motoria del paziente. Uno degli aspetti più complessi riguarda lo studio delle risposte immunologica e neuronale del tessuto all’impianto».
Al consorzio di Neurofibres partecipano il Servicio de Salud de Castilla La Mancha (Spagna), University of Cambridge (Regno Unito), Axon Cable (Francia), Università di Trento (Italia), Kungliga Tekniska Hoegskolan (Svezia), Universite D’Aix, Marseille (Francia) e University of Saarland (Germania). Oltre 5 milioni di euro il finanziamento complessivo, di cui quasi 700.000 a UniTrento, per i quattro anni di durata del progetto.