Secondo la Cgia gran parte dei 186,7 miliardi di crediti insoluti sono legate solo al primo 10% degli affidati
Nonostante gli emolumenti fantasmagorici che i vertici degli istituti bancari si sono autoliquidati nel corso degli ultimi anni, i risultati conseguiti in termini di qualità del lavoro effettuato ha lasciato molto a desiderare, specie se si guarda alla mole delle sofferenze bancarie maturate nel corso degli ultimi anni e che ora con tutta probabilità dovranno essere coperte dai contribuenti con una tassa che ammonta a circa 300 euro a famiglia.
Al 30 settembre 2016, ultimo dato disponibile, le sofferenze riferite solo al sistema bancario italiano si sono attestate a 186,7 miliardi di euro lordi. Sebbene il tasso di copertura nazionale continui ad essere superiore alla media europea, in nessun altro Paese dell’Ue la dimensione complessiva dei crediti deteriorati ha raggiunto tale importo.
A chi sono riconducibili questi 186,7 miliardi di euro di sofferenze lorde che hanno messo in serie difficoltà le banche italiane e in generale tutta la nostra economia? In relazione a una elaborazione su dati Banca d’Italia, l’Ufficio studi della Cgia segnala che al 30 settembre scorso l’80% circa dei finanziamenti per cassa era stato erogato dalle nostre banche al primo 10% degli affidati. Soggetti, questi ultimi, di segmento alto che sicuramente non appartengono alle categorie dei piccoli commercianti, degli artigiani o dei lavoratori autonomi. Per contro, la quota di sofferenze causate dal primo 10% degli affidati è stata pari a poco più dell’81%.
Questa situazione ha provocato una forte contrazione dei prestiti all’economia reale italiana. Non essendo in grado di recuperare una buona parte dei prestiti erogati, le banche hanno deciso di non rischiare più e hanno chiuso i rubinetti del credito, creando non pochi problemi specie alle piccole e medie imprese. Solo nell’ultimo anno (novembre 2016 su novembre 2015) gli impieghi alle imprese italiane sono diminuiti di 21,3 miliardi di euro.
Secondo Paolo Zabeo, coordinatore dell’Ufficio studi della Cgia, «nel rapporto tra banche e imprese, quelle di grandi dimensioni hanno sempre fatto la parte del leone, mentre le piccole e le micro, ancorché più affidabili rispetto alle altre, continuano ad avere un potere negoziale con gli istituti di credito pressoché nullo. Se da anni la migliore clientela – costituita quasi esclusivamente da grandi imprese, grandi famiglie e gruppi societari – riceve dalle banche italiane ben l’80% dei finanziamenti erogati per cassa nonostante sia poco solvibile, visto che l’81% dei crediti deteriorati presenti in Italia è in capo a quest’ultima tipologia di clientela, vuol dire che nel suo complesso il sistema presenta delle distorsioni molto preoccupanti che vanno assolutamente eliminate. Un’anomalia tutta italiana – continua Zabeo – che si è alimentata in questi ultimi decenni attraverso il massiccio ricorso al credito relazionale; ovvero i soldi, nella stragrande maggioranza dei casi, venivano prestati agli amministratori, ai soci e ai conoscenti senza garanzie, con la complicità delle istituzioni predisposte al controllo che, colpevolmente, hanno fatto finta di non vedere».
Anche analizzando l’ammontare complessivo delle sofferenze bancarie suddivise per classi di grandezza, emerge che dei 186,7 miliardi di crediti deteriorati ben 131,2 sono ascrivibili a prestiti sopra i 500.000 euro che, di norma, vengono erogati a grandi gruppi e a grandi aziende. Soggetti, questi ultimi, che secondo l’Ufficio studi della CGIA sono, assieme ai manager delle banche che hanno concesso con molta generosità i prestiti, i principali “responsabili” di questa situazione.
A livello regionale è interessante notare che al Sud il primo 10% degli affidati ottiene meno credito delle rispettive fasce presenti nel resto d’Italia, ma genera una quota di sofferenze quasi in linea con il dato medio nazionale. Al Nord, invece, le grandi imprese ottengono percentuali di credito molto alte, con livelli di affidabilità che, comunque, si allineano attorno al dato medio nazionale. In altre parole si può dire che i grandi gruppi del Nord sono più “virtuosi” di quelli presenti nel Mezzogiorno.
I dati a livello provinciale dicono che il primo 10% degli affidati ha in capo l’86,9% delle sofferenze a La Spezia: record nazionale rispetto a una media Italia pari all’ 81,1%. Scorrendo la graduatoria al secondo posto con l’86,6% Roma, al terzo con l’86,5% Verbania, al quarto con l’86,3% Bolzano e al quinto con l’85,7% Bologna. In coda alla classifica 3 province lombarde: con il 69,8% Varese, con il 69,7% Sondrio e con il 65,5% Lodi.