Diritti di copia digitale, la Corte di giustizia europea boccia la normativa italiana

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La gabella voluta dal decreto Bondi del 2009 su tutti gli apparecchi atti a registrare musica è illegittima sugli apparecchi destinati ad uso professionale, ad iniziare da cellulari, pc, hard disk e altro ancora

 

hard disk mano FbySHAncora una volta c’è voluta la Corte di giustizia europea per bloccare una norma che ha allontanato l’Italia dall’Europa. La corte ha cassato l’articolo 4 del Decreto Bondi del 2009 sulla copia privata, che riguarda le esenzioni ex ante per l’equo compenso, la contrattazione esclusiva da parte della Siae e i rimborsi ex post, affermando che questi sono «contrari« al diritto Ue.

I giudici di Lussemburgo hanno dato ragione al ricorso presentato da Nokia (cui è subentrata Microsoft), Hewlett-Packard, Telecom Italia, Samsung, Dell, Fastweb, Sony e Wind, che avevano presentato ricorso al Tar del Lazio contro la legislazione italiana del 2009 sugli aspetti relativi all’“equo compenso per copia privata”, ovvero un indennizzo forfettario garantito agli autori a carico delle società produttrici o distributrici degli apparecchi elettronici che consentono la registrazione di audio e video per uso privato. Un balzello variabile dai pochi centesimi di euro per un Cd alle decine di euro di un disco rigido per computer (il prelievo varia in base alla capacità di immagazzinamento dei dati) che ha penalizzato in particolare i consumatori professionali italiani i quali sono stati costretti a pagare più cari che altrove i dispositivi impiegati per uso professionale, il cui impiego va ben oltre alla mera possibilità di scaricare e archiviare musica e video soggetti al diritto d’autore.

Per la Corte tre sono gli aspetti incompatibili con la direttiva Ue in materia: dalla sottoposizione al sistema dell’equo compenso anche in ambito di fornitura a professionisti del settore audiovisivo per cui ci dovrebbe invece essere un’esenzione automatica e a priori, che però è inesistente nell’attuale sistema italiano. A questo s’aggiunge il fatto che «appare ancora più contraddittorio», sottolineano i giudici Ue, e «in particolare rispetto al principio di parità di trattamento», che la scelta dell’applicazione delle esenzioni sia «frutto di una negoziazione sostanzialmente privatistica in mano alla Siae, regolata esclusivamente dalla Siae stessa e senza che una legislazione precisa disciplini il procedimento e indichi i criteri da seguire», con la conseguenza che questo tipo di procedura «rischi verosimilmente di condurre a trattamenti diseguali». Infine, sul rimborso ex post la Corte chiarisce che questo «può costituire, in astratto, un’alternativa all’esenzione ex ante e può essere generalmente previsto a favore dei soli utilizzatori finali», ma «questa limitazione non è possibile in un sistema che non prevede un esonero ex ante per i produttori, importatori o distributori che forniscono i propri macchinari a soggetti con fini manifestamente estranei alla riproduzione per uso privato».

La Corte di Giustizia ha quindi respinto anche la domanda della Siae di limitare gli effetti nel tempo della decisione, constatando l’assenza di buona fede e ritenendo non ci siano «gravi rischi» per la Siae stessa in merito al recupero delle somme già accordate agli aventi diritto all’equo compenso. La Siae precisa inoltre che «spiace constatare che molti commenti abbiano gridato ad una generale bocciatura della disciplina sulla copia privata quasi augurandosene o preannunciandone una sorta di implicita abolizione, cosa che non è. La copia privata è e resta legittima, è e resta un presidio fondamentale della creatività anche in Italia e Siae proseguirà nel proprio lavoro anche in tale ambito».

Comunque sia, la Siae si dichiara «pronti ad adeguare immediatamente l’attività alle eventuali disposizioni che il ministero vorrà adottare in materia, così come è pronta ad adeguarsi alle decisioni che il Consiglio di Stato vorrà adottare in ragione dei principi sanciti dalla Corte di Giustizia».

Soddisfatta dei contenuti della sentenza Confindustria digitale: «grande soddisfazione per la sentenza  – afferma il presidente Elio Catania – che conferma definitivamente l’illegittimità del pagamento del compenso per copia privata per gli usi professionali da parte di produttori ed importatori. Abbiamo denunciato, fin dall’emanazione del decreto Bondi la contrarietà al diritto comunitario delle norme italiane che disciplinano il compenso per copia privata sugli usi professionali. Ora auspichiamo che la nuova regolamentazione recepisca integralmente le indicazioni e che le aziende siano prontamente risarcite per quanto indebitamente versato oggi».