Preoccupazione di Coldiretti su un settore già fortemente penalizzato dai bassi prezzi di remunerazione del latte
E’ una pesante eredità delle troppe incertezze e disattenzioni del passato nel confronti dell’Europa nell’attuazione del regime delle “quote latte” che è terminato quasi una anno e mezzo fa, il 31 marzo 2015. E’ quanto ha affermato la Coldiretti nel commentare l’avvio della causa della Corte di Giustizia europea contro l’Italia per recuperare ben 1,343 miliardi dalle “quote latte” proprio nel momento in cui il prezzo insostenibile riconosciuto agli allevatori sta provocando la chiusura delle stalle.
La procedura di infrazione dell’Ue per il mancato recupero dei prelievi dovuti dagli allevatori che hanno superato le “quote latte” individuali per il periodo compreso fra il 1995 e il 2009 è stata determinata da una disattenzione nei confronti delle politiche comunitarie sulla quale si sono accumulati errori, ritardi e compiacenze che – ha sottolineato la Coldiretti – hanno danneggiato la stragrande maggioranza degli agricoltori italiani che si sono messi in regola ed hanno rispettato le norme negli anni acquistando o affittato quote per un valore complessivo di 2,42 miliardi di euro. Le pendenze a cui fa riferimento l’Unione Europea riguardano appena duemila produttori con 600 di loro che devono pagare somme superiori a 300.000 euro, cioè la gran parte del debito. Un comportamento che – continua la Coldiretti – mette a rischio le casse dello Stato e fa concorrenza sleale alla stragrande maggioranza dei 33.000 allevatori italiani che sono costretti ad affrontare una drammatica situazione di mercato.
La questione “quote latte” – ha ricordato Coldiretti – è iniziata oltre 30 anni fa, nel 1984, con l’assegnazione ad ogni Stato membro dell’Unione di una quota nazionale che poi doveva essere divisa tra i propri produttori, ma all’Italia fu assegnata una quota molto inferiore al consumo interno di latte a causa della disattenzione dei rappresentanti politici di allora.
Dalla fine delle “quote latte” hanno chiuso in Italia – ha sottolineato la Coldiretti – almeno 1.500 stalle da latte, la maggioranza in montagna, per effetto del crollo del prezzo pagato agli allevatori che è sceso addirittura al di sotto dei costi di alimentazione del bestiame, su valori di ben quindici anni fa. Per effetto di questi pochi centesimi le stalle presenti in Italia dopo la fine delle “quote latte” sono scese al minimo storico di meno di 33.000 unità, rispetto alle 180.000 attive nel 1984 all’inizio del sistema delle quote, con il rischio concreto che di questo passo nel giro di qualche anno la montagna italiana sia spopolata dalla indispensabile presenza degli allevamenti, che hanno garantito fino ad ora biodiversità, ambiente e equilibrio socio economico delle aree più sensibili del Paese.
«Adesso ci sono tutte le condizioni per alzare anche in Italia il prezzo pagato agli allevatori da Lactalis che ha giustamente chiuso un accordo in Francia con un aumento di 3 centesimi al litro» ha affermato il vicepresidente di Coldiretti, Ettore Prandini, nel chiedere l’immediata apertura del confronto con l’industria lattiero casearia italiana e con Lactalis Italia (leader di mercato) per discutere un prezzo del latte che tenga conto della nuova situazione di mercato. «Occorre adeguare i contratti ai cambiamenti degli ultimi mesi con il prezzo del latte spot venduto cioè al di fuori dei normali contratti di fornitura che – ha concluso Prandini – è salito del 48% passando da 24,74 della fine di aprile a 36,60 centesimi al litro della fine di agosto in soli 4 mesi».