I legali che seguono le cause promosse dai consumatori ritengono che il costruttore tedesco degli impianti di iniezione non possa non avere contribuito all’alterazione dei dispositivi antinquinamento
Nello scandalo delle emissioni oltre la norma dei motori Diesel costruiti dal gruppo Volkswagen ora entra in ballo anche il costruttore degli impianti di iniezione del carburante e delle centraline di controllo dei motori. Le accuse contro la Bosch, colosso tedesco dell’elettronica e della meccanica di precisione, sono riportate in un documento di 742 pagine depositato in una Corte federale di San Francisco dagli avvocati che portano avanti la class action miliardaria, intentata da centinaia di migliaia di automobilisti.
Se le accuse verso il gruppo di Gerlingen fossero dimostrate, si aprirebbe un caso di proporzioni ancora più grandi rispetto a quelle del caso Volkswagen, in quanto i suoi prodotti sono presenti nella quasi totalità dei veicoli prodotti. E le ricadute sull’immagine del “Made in Germany” sarebbero ancora più gravi.
Secondo i legali, le centraline Edc Unit 17, prodotte da Bosch in stretta collaborazione con Vw per un decennio contenevano uno specifico algoritmo per regolare nel motore, i flussi di carburante, la pressione dell’aria e il ricircolo dei gas esausti. Valori che sarebbero stati alterati rispetto a quelli di omologazione per migliorare i dati delle emissioni durante i test.
Il software illegale è stato usato su circa 11 milioni di veicoli diesel installati su automobili Volkswagen, Audi, Seat, Skoda e Porsche, 600.000 dei quali sono stati venduti negli Stati Uniti. Per gli avvocati americani Bosch avrebbe avuto un ruolo centrale nello sviluppo dei programmi di gestione delle centraline incriminate, apparecchi che ben difficilmente potrebbero essere alterati fuori dalla fabbrica in quanto inserite in contenitori siglillati per resistere alle condizioni estreme di funzionamento.
«È inconcepibile – si legge nel documento – che Bosch non fosse a conoscenza del fatto che ci fosse un sistema illegale nel software di quelle centraline di cui aveva la responsabilità della progettazione, dello sviluppo di prodotto, dei test e della manutenzione». Per i legali che seguono la class action Usa, Bosch sarebbe stata complice di Vw nell’intero Dieselgate.
Da parte sua, Bosch in una nota non ha commentato le accuse e ha ricordato che da mesi «collabora con le indagini americane e difende i suoi interessi nei procedimenti legali aperti». Nonostante ciò, il gruppo tedesco ha già deciso accantonamenti per 650 milioni di euro nel bilancio 2016 per il contenzioso legale negli Usa e non ha aderito all’accordo extragiudiziale da 15,3 miliardi di dollari per evitare la causa civile firmato da Vw a fine giugno con l’Authority ambientale Epa e con i consumatori americani, con il risultato che la causa civile prosegue.