La “Renzinomic” non funziona: a maggio produzione industriale nuovamente in calo (-0,6%)

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Grafico calo sfondamento pavimento
Crescono i settori manifatturieri in difficoltà (da 1 a 4). Secondo Banca Intesa Sanpaolo probabile ulteriore ridimensionamento della crescita del Pil nel 2016

 

Grafico calo sfondamento pavimentoNonostante le promesse, la “Renzinomic” continua a non funzionare, con l’economia italiana che arranca sempre più, con il rischio di vedere nuovamente rivisto al ribasso l’andamento del Pil nazionale nel corso dell’anno, con tutto quel che ne consegue sull’andamento del debito pubblico e sul rispetto delle soglie europee.

Secondo quanto calcolato dall’Istat, a maggio la produzione industriale frena nuovamente: l’indice destagionalizzato è diminuito dello 0,6% rispetto ad aprile. Nella media del trimestre marzo-maggio 2016 la produzione è aumentata dello 0,1% rispetto al trimestre precedente. Corretto per gli effetti di calendario, a maggio 2016 l’indice è diminuito in termini tendenziali dello 0,6% (i giorni lavorativi sono stati 22 contro i 20 di maggio 2015). 

L’indice destagionalizzato mensile presenta variazioni congiunturali negative in tutti i comparti; diminuiscono i beni strumentali (-1,8%), i beni intermedi (-0,9%), l’energia (-0,6%) e i beni di consumo (-0,3%). In termini tendenziali gli indici corretti per gli effetti di calendario registrano, a maggio 2016, un solo aumento nel comparto dei beni intermedi (+1,8%); diminuiscono invece l’energia (-5,9%) e, in misura più lieve, i raggruppamenti dei beni strumentali (-1,5%) e dei beni di consumo (-0,7%). 

Per quanto riguarda i settori di attività economica, a maggio 2016 i comparti che registrano la maggiore crescita tendenziale sono quelli della fabbricazione di mezzi di trasporto (+5,6%), della fabbricazione di computer, prodotti di elettronica e ottica, apparecchi elettromedicali, apparecchi di misurazione e orologi (+4,3%) e della produzione di prodotti farmaceutici di base e preparati farmaceutici (+2,5%). Le diminuzioni maggiori si registrano nei settori dell’attività estrattiva (-13,5%), della fabbricazione di coke e prodotti petroliferi raffinati (-9,7%) e delle industrie tessili, abbigliamento, pelli e accessori (-6,5%).

Secondo il Centro Studi Promotor se si osserva l’andamento della produzione industriale italiana in un arco temporale che parte dall’inizio della crisi economica, emerge che l’indice della produzione industriale nel maggio scorso è ancora inferiore di ben il 23,9% al massimo ante-crisi toccato nell’aprile 2008. Come mostra il grafico, nella fase iniziale della crisi, e in particolare tra aprile 2008 e marzo 2009, il crollo della produzione industriale toccò il 25,9%. Vi fu poi una ripresa del 15% culminata nell’aprile 2011 e seguita da un nuovo calo esauritosi a fine 2012. Questo calo lasciò spazio ad una situazione di stagnazione che dura tuttora. Da gennaio 2013 ad oggi infatti gli indici della produzione industriale si sono mantenuti in un canale compreso tra quota 90,2 e quota 93,3. All’inizio del 2015 l’indice si è portato nella parte alta del canale, ma lo scenario resta di stagnazione.

«Considerando i dati del periodo gennaio-maggio – ha dichiarato Gian Primo Quagliano, presidente del Centro Studi Promotor – è indubbio che nel 2016 è in atto una ripresina, ma l’intensità del recupero non è tale da indurre a ritenere che lo scenario di stagnazione delineatosi nel 2013 sia superato. E la conseguenza è che rispetto ai massimi ante-crisi la produzione industriale italiana sta ancora girando a tre cilindri».

Per Paolo Mameli, senior economist di Intesa Sanpaolo, «la ripresa è confinata solo ad alcuni settori, mentre la variazione “acquisita” della produzione industriale nel II trimestre è pari a -0,3% t/t (era +0,3% t/t il mese scorso). Difficilmente il settore industriale contribuirà alla crescita del valore aggiunto nel II trimestre, a differenza che a inizio anno quando i due terzi della crescita del PIL erano venuti proprio dall’industria in senso stretto. Dopo questo dato non si può escludere che il Pil possa rallentare nel trimestre primaverile (verosimilmente a 0,2% t/t)».