“Progetto Industria 2030”: la meccanica strumentale dimostra la forza competitiva con +21,3% dei ricavi nel periodo 2007-2014

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rallentamento della manifattura metalmeccanica ingranaggi
Studio di Nomisma Crif dedicato al comparto manifatturiero di medie dimensioni diffuso in Lombardia, Emilia- Romagna e Veneto

 

industria meccanica ingranaggiNomisma con Crif avvia “Progetto Industria 2030”, un percorso pluriennale che intende essere – con cadenza periodica – un punto di riferimento per analizzare le diverse dinamiche del sistema industriale italiano. Uno strumento per conoscere meglio strutture, strategie e performance dei campioni del “Made in Italy” manifatturiero e disegnare una politica industriale moderna, con cui cogliere le opportunità del “nuovo Rinascimento del manifatturiero” aperte dalla Fabbrica del Futuro e raggiungere l’obiettivo fissato dal programma “Europa 2020”.

Lo studio curato da Nomisma analizza il macro-settore delle macchine strumentali, traino del “Made in Italy”, con un ammontare di export di 30,3 miliardi di euro nel 2015 pari al 7,3% del totale nazionale e un surplus di bilancia commerciale di circa 24,2 miliardi di euro, ben il 53,5% dell’intero saldo positivo del Paese. Una performance che appare però meno incoraggiante se si considera un orizzonte temporale di medio periodo (2007-2015). In questo lasso temporale l’export vede una crescita annua di solo l’1% con un miglioramento della bilancia commerciale reso possibile dal contestuale crollo dell’import.

Entrando nel dettaglio si evidenzia l’ottima performance dei produttori di macchine per l’industria alimentare (+37,8% periodo 2007-2015), per il packaging (+29,8%), per l’industria della carta e del cartone (+28,6%) e per l’agricoltura (+21,7%).  Segno negativo per le macchine destinate al settore metallurgico (-30,2%), con un calo del 7,6% nell’ultimo anno.

Per l’Italia il principale mercato di sbocco per le macchine strumentali resta l’Europa, a fronte di un allargamento della quota nordamericana e di quella africana che passa dal 5,8% del 2007 al 7% del 2015. Si contrae la quota di export verso l’Asia orientale (17,1% nel 2011 / 12,8% nel 2015). Osservando il mercato dal punto di vista dei paesi G20, la crescita di valore esportato nel periodo 2007-2014 è stata insufficiente per conservare la quota di mercato dell’Italia, che dal 9,3% del commercio totale è scesa all’8,2%. Solo nelle macchine automatiche per il confezionamento e l’imballaggio e nei macchinari destinati all’industria della carta e del cartone il saldo è positivo (si tenga conto che per quanto riguarda il confezionamento e l’imballaggio, nel mondo un macchinario su quattro è italiano).

In ambito UE il valore import dall’Italia si è contratto del -9% quando invece le importazioni totali di beni strumentali sono aumentate del +6%. Questa dinamica ha determinato un forte calo della  quota di mercato del Belpaese che passa dal 13,6% del 2007 all’ 11,7% del 2014. Nei paesi extra europei del G20 la dimensione del mercato è rimasta stabile con un’oscillazione tra il 6,4% e il 7%; si registra un aumento solo in Brasile che passa dal 14,4% al 16,4%.

La perdita di competitività in Europa si concentra in paesi strategici come Francia e Spagna e l’Italia – così come la Germania – ha fatto registrare un calo di esportazioni verso i paesi con elevata rischiosità.

Nomisma ha inoltre misurato – grazie alla banca dati CRIF-Cribis D&B – la forza competitiva della meccanica strumentale attraverso l’analisi delle 225 principali aziende del settore che presentano un fatturato superiore a 20 milioni di euro registrato nel 2014. La fotografia che ne viene evidenzia come queste siano in particolare imprese di medie dimensioni, posizionate in particolar modo in Lombardia (28,9%), Emilia-Romagna (26,2%) e Veneto (24%). I ricavi aggregati sono di circa 21,7 miliardi di euro nel 2014 con una crescita +21,3% dal 2007 (allora erano 17,9 miliardi di euro).

Il 71% di queste aziende è stato fondato prima degli anni Novanta; poche le imprese del Meridione (1,3%) e quelle nate nel Ventunesimo secolo (12,9%). Andando più nello specifico emerge una forte disomogeneità di performance tra le imprese e tra i diversi comparti di settore. Infatti il 20% delle aziende con tassi di variazione più elevati dei ricavi ha visto in media più che raddoppiare il proprio fatturato nel periodo 2007-2014, mentre per le aziende con i tassi di variazione peggiori la contrazione è stata del 35,2%.

Le migliori performance registrate sono quelle delle macchine per il settore metallurgico (+88,1%), del packaging (+38,8%) e delle macchine legate all’agricoltura e silvicoltura (+23,5%). Sotto la media le performance delle macchine per l’industria alimentare (+20,4%) e per le materie plastiche (+18,4%). Crescita lieve per le macchine per la formatura dei metalli e di altre macchine utensili (+4,7%) e per la carta e cartone (+4,2%). In territorio negativo le macchine per impieghi speciali (-3,7%) e quelle per le industrie tessili, abbigliamento e cuoio (-25,3%).

Sul fronte dell’internazionalizzazione, un numero crescente di aziende possiede filiali estere: si è passati nel complesso da 337 a 531 (+37 in Europa, +8 negli USA, +149 nel resto del mondo). Tra le realtà monitorate, sono ancora molte le aziende (122 nel 2014 a fronte di 127 nel 2007) che non hanno presenza all’estero.

Considerando gli assetti proprietari, pochissime sono le aziende quotate (Danieli, CNH Industrial, IMA, Prima Industrie, Biesse e Fidia) con una forte preponderanza della proprietà italiana (82,7%). Il 50% delle imprese sono a gestione familiare e nel 22% vi sono manager esterni in ruoli apicali. Solo nel 28% dei casi la proprietà è in mano a investitori istituzionali. Poca diversità di genere: le amministratrici nei consigli di amministrazione sono 16% del totale e sono solo 27 le donne al vertice.

Ben il 75% delle imprese ha realizzato attività brevettuale nel periodo 2007-2014, presentando domande presso l’Ufficio Italiano Brevetti e Marchi (UIBM), l’Ufficio Europeo dei Brevetti (EPO) e l’Ufficio Mondiale della Proprietà Intellettuale (WIPO).. Delle 168 aziende che rientrano in questa specifica, 49 (29%) competono su scala nazionale, 55 (33%) su quella europea e le restanti 64 (38%) in ottica mondiale. Le attività con sviluppo tecnologico più intenso sono le macchine per l’industria alimentare e per il packaging. Un campanello d’allarme viene dalla scarsa diffusione di pratiche d’identificazione e memorizzazione automatica di informazioni e dall’e-commerce.

Secondo Nomisma, per realizzare le opportunità di “Industria 4.0” e gli obiettivi di “Europa 2020” occorre prima di tutto rinforzare la capacità d’indirizzo generale della politica economica. Ne viene la necessità di approfondire la concorrenza, migliorare la dotazione d’infrastrutture fisiche e di comunicazione, riducendo le disparità territoriali e permettendo così alle aziende di accedere a “global value chains”. Per questo c’è bisogno di individuare istituzioni per un ecosistema industriale moderno, che favorisca la crescita dimensionale delle imprese e il ricambio generazionale, valutando anche l’opportunità di misure fiscali specifiche. Né si può differire lo sforzo, che le imprese intervistate da Nomisma riconoscono essere iniziato, finalizzato ad accompagnare la presenza delle imprese italiane sui mercati esteri.