Secondo la Banca d’Italia l’aumento è stato di 2,1 miliardi di euro, con il totale a 2.230,8 miliardi. Cresce l’indebitamento dello Stato e, in misura minore, degli enti locali
Nuovo (in)successo del Governo Renzi e della sua politica per la revisione della spesa pubblica che langue nascosta in un cassetto: in aprile, secondo la rilevazione di Banca d’Italia, il debito delle amministrazioni pubbliche è aumentato di 2,1 miliardi, portandosi ad un totale di 2.230,8 miliardi. L’incremento del debito è stato inferiore al fabbisogno del mese (7,8 miliardi), grazie alla riduzione di 5,2 miliardi delle disponibilità liquide del Tesoro (a fine aprile pari a 64,7 miliardi; 83,1 miliardi nello stesso periodo del 2015) e all’effetto complessivo dell’emissione di titoli sopra la pari, della rivalutazione dei titoli indicizzati all’inflazione e della variazione del cambio dell’euro (0,5 miliardi).
Con riferimento ai sotto settori, il debito delle amministrazioni centrali è aumentato di 1,7 miliardi, quello delle amministrazioni locali è cresciuto di 0,4 miliardi; il debito degli enti di previdenza è rimasto sostanzialmente invariato. Le entrate tributarie contabilizzate ad aprile nel bilancio dello Stato sono state pari ad aprile a 28,9 miliardi (in calo rispetto ai 29,5 miliardi nello stesso mese del 2015). Nel primo quadrimestre del 2016 le entrate tributarie sono state complessivamente pari a 118,5 miliardi, superiori di 3,3 miliardi (2,9%) rispetto a quelle relative allo stesso quadrimestre dell’anno precedente.
Immediate le dichiarazioni di critica all’operato del Governo Renzi da parte delle opposizioni. «Finalmente il Pd ha trovato qualcosa da “festeggiare” domani: il nuovo record del debito pubblico a 2.230 miliardi di euro. Così non si riparte» scrive su Twitter il senatore di Forza Italia Andrea Mandelli, vice presidente della Commissione Bilancio di Palazzo Madama. «Con questi numeri – prosegue Mandelli -, celebrare la riduzione della pressione fiscale è completamente fuori dalla realtà. Perché se non si mette mano ad una seria “spending review”, se non la si smette con le manovre in deficit e non si pensa ad una crescita strutturale, è inevitabile che le tasse aumentino».
Altre critiche provengono dal veneziano presidente dei deputati di Forza Italia, Renato Brunetta: «“No Imu-day”. Non solo da quando è al governo, Renzi non ha abbassato le tasse ma, come si evince dai documenti di finanza pubblica, elaborati, approvati e pubblicati dallo stesso governo, la pressione fiscale generale nel nostro Paese è aumentata dal 43,4% del 2014 al 43,7% del 2015, al 44,2% del 2016, a dimostrazione che Renzi con una mano dà e con l’altra prende. Il punto è che, oltre ad aver aumentato il carico tributario sulle spalle degli italiani, nei suoi due anni e mezzo di governo Renzi non ha ridotto in alcun modo la spesa pubblica, e soprattutto ha fatto lievitare deficit e debito, per pagare i suoi bonus e le sue mance elettorali». Secondo Brunetta «a febbraio 2014, quando ha cominciato a governare Renzi, il debito pubblico italiano ammontava a 2.107,6 miliardi, ora è a quota 2.230,8 miliardi. Significa che con Renzi è aumentato di 123,20 miliardi in poco più di due anni. C’è poco da festeggiare con il “No-Imu day” domani. I numeri sbugiardano Renzi. E Padoan si deve dimettere».