Treviso. Vola l’export del prosecco che raggiunge quasi il 50% degli 80 milioni di bottiglie prodotti dal distretto di 3243 viticoltori, 445 vinificatori e 183 case spumantistiche che danno lavoro a quasi 6000 addetti del settore.
In attesa delle etichette intelligenti, in grado di trasmettere tracciabilità e rintracciabilità delle informazioni sulla produzione e sulla reale provenienza del prodotto, crescono anche i casi di contraffazione ed i vari consorzi di tutela investono più di un milione di euro all’anno per tutelare i propri produttori. Così negli anni si è assistita alla diffusione sul mercato di prosecco made in Crimea, al prosecco della Nuova Zelanda, quello inglese alla spina e quello croato. Mentre sul fronte del mercato americano, si spera nella trattativa in corso sull’accordo di libero scambio tra Unione Europea e Stati Uniti, Transatlantic Trade and Investment Partnership (TTIP) che rappresenta momento fondamentale per tutelare l’agroalimentare italiane anche dal fenomeno dell’italian sounding molto diffuso sul mercato statunitense.
La Denominazione di Origine o l’Indicazione Geografica è sufficiente a tutelare il vino italiano all’estero?
La legislazione comunitaria – il regolamento CE 479/08 – che ha istituito l’Organizzazione del Mercato Comune – settore vitivinicolo – ha indubbiamente offerto un valido strumento di tutela del mercato vino nell’ambito degli stati membri della Comunità Europea.
Con l’introduzione di questa normativa il prodotto vino è suddiviso in: 1) Vini senza denominazione di origine (generici o varietali) che non vantano uno specifico legame con il territorio geografico e non sono sottoposti ad un disciplinare di produzione; 2) Vini con denominazione di origine (I.G.P. e D.O.P.) che vantano uno specifico legame con il territorio geografico e sono sottoposti ad un rigido disciplinare di produzione.
All’Italia – in forza della vecchia normativa di cui alla legge n. 164/92, di fatto trasfusa nel regolamento comunitario 479/08 e al successivo Decreto Legislativo 08.04.10 – è consentito utilizzare delle menzioni specifiche tradizionali, rappresentate dalle sigle I.G.T., D.O.C., D.O.C.G., che possono essere indicate in etichetta da sole o accompagnate dalla corrispondente dicitura europea I.G.P., D.O.P.
«Negli ultimi anni i produttori italiani – Osserva l’avvocato Annalia Bassetto, consulente UpLex – si sono trovati ad instaurare cause di opposizione alla registrazione di falsi marchi negli Stati Uniti, Canada, Germania, Brasile, recentissimamente anche in Russia ed Ucraina, a dimostrazione che il progressivo aumento di esportazioni di alcuni brand favorisce l’aumento delle contraffazioni.»
Sul fronte comunitario la regolamentazione impedisce agli stati membri di utilizzare impropriamente il brand Prosecco e consente di interviene presso lo stato trasgressore per far cessare l’azione di usurpazione e/o imitazione del prodotto mediante una sanzione o l’eliminazione dal mercato.
Mentre le questioni di concorrenza sleale negli Stati extra UE sono gestite direttamente dagli organismi di tutela, con le istituzioni italiane in prima linea che, sollecitati dai relativi consorzi di tutela del Prosecco, interagiscono con i vari Stati per attivare delle procedure di riconoscimento dell’indicazione geografica Prosecco e scongiurare l’uso improprio in etichetta della relativa denominazione.
Così sono nati accordi bilaterali fra l’Italia e i Stati extra U.E., recentemente con Russia e Canada proprio per la tutela del Prosecco, che hanno come obiettivo la protezione e il controllo della qualità del prodotto. L’Italia ha stipulato una serie di convenzioni in materia di protezione delle I.G. e D.O. attivando un sistema di tutela basato sul c.d. meccanismo di lista: i Paesi contraenti assicurano la protezione nei loro mercati interni della I.G. e D.O. iscrivendo queste denominazioni in specifici elenchi. Alle aziende che operano negli Stati che hanno sottoscritto questi accordi è vietato utilizzare la denominazione in questione.
«La legislazione europea da un lato e gli accordi bilaterali con i singoli stati extra U.E. dall’altro – conclude l’avvocato Bassetto – sono un valido supporto per i produttori italiani per tutelarsi dalla innumerevoli contraffazioni e falsificazioni nel settore vitivinicolo, ma non sono sufficienti per garantire una tutela completa, che resta in capo ai consorzi o ai singoli produttori.»
Spetta ai i consorzi di riferimento dei produttori, coadiuvati da specialisti legali del settore, dare un valido supporto per aiutare i produttori di Prosecco a salvaguardare i propri interessi contro il fenomeno dell’italian sounding che alimenta la registrazione di falsi marchi soprattutto oltre oceano.