CNA Produzione: «il peggio è passato. Ora occorrono rapidamente leggi per far ripartire il mercato interno e facilitare l’attività delle imprese»
Per la nautica da diporto il 2016 potrebbe essere l’anno della svolta. Ma per tornare al volume di affari raggiunto prima della crisi indotta in larga parte dalle manovre varate dal governo Monti il cammino sarà presumibilmente lungo.
La nautica, che ancora dà lavoro a oltre 180.000 addetti diretti e indiretti, è stato fra i settori più penalizzati dal crollo dei consumi interni e ormai si regge quasi solo sull’export, a sua volta diminuito. Nel 2015 il fatturato è ammontato complessivamente a 2,7 miliardi contro i 6,2 miliardi del 2007, anno record del comparto. Il 95% della produzione è destinato alle esportazioni, per un controvalore di 2,5 miliardi contro i 2,7 miliardi del 2008. Considerato che ogni euro investito nella produzione nautica ne genera 5,9 nell’intera filiera, negli anni della crisi, rispetto al picco produttivo raggiunto nel 2007, le perdite potenziali accumulate hanno superato i 22 miliardi.
A fotografare la situazione della nautica italiana è il Rapporto di ricerca 2016 dedicato a “Dinamiche e prospettive della filiera nautica da diporto”, realizzato da CNA Produzione/Nautica.
«Dopo anni di leggi e provvedimenti fiscali punitivi – si legge in un comunicato di CNA Produzione/Nautica – di recente si è registrata una inversione di tendenza della politica, a esempio con l’abolizione della tassa di possesso sulle imbarcazioni da diporto che aveva fatto scappare dai porti italiani un gran numero di diportisti e contribuito a deprimere la domanda interna. Ora speriamo che questa attenzione positiva possa consolidarsi».
CNA Produzione/Nautica ha illustrato un “pacchetto” di misure per facilitare l’attività delle imprese nautiche. Tra queste, una proposta di legge che definisce finalmente un quadro di regole chiare e omogenee in materia di concessioni per la cantieristica e che affronta anche l’annosa questione dell’occupazione del bene demaniale in attesa del rinnovo o di una nuova concessione. Diverse pronunce hanno infatti qualificato come occupazione abusiva la posizione delle imprese alla scadenza della concessione e in pendenza del rinnovo, danneggiando i cantieri e non prendendo nella dovuta considerazione il loro valore imprenditoriale e occupazionale.