Milano. È stato il Tribunale delle imprese meneghino, presieduto dal giudice Marina Tavassi a rigettare le pretese di Audin Audiotecnica Internazionale srl contro Audium Italia srl e Bhbl Italia srl, gruppo Sonova holding, relative alla nullità del marchio Audium.
Audin Audiotecnica Internazionale srl è assistita dagli avvocati Massimo, Gabriele Piergiovanni e Benedetta Cartella dello studio legale Cartella – Manzoni.
Audium Italia srl e Bhbl Italia srl sono assistite dall’avvocato Gianluca Carobene fondatore dello studio legale Carobene e partners in Padova e dall’avvocato Luca Andrea Garibaldi dell’omonimo studio legale in Milano.
“PRETESA NULLITÀ DEL MARCHIO AUDIUM”
Era stata Audin nel 2013 a chiedere al giudice di dichiarare la nullità del marchio Audium registrato nel 2010 e accertare la contraffazione rispetto al marchio Audin depositato nel 2008 sulla base del fatto che la parola Audin, si legge in sentenza, è “lemma utilizzato come ragione sociale sin dal 12/11/52” dalla società attrice, rappresenta il cuore del proprio marchio complesso, “dotato di autonoma potenzialità evocativa nella memoria del consumatore”.
“IL CUORE DEI SEGNI CONSISTEN IN AUDI”
Per quanto riguarda il marchio Audium invece “il cuore dei segni va necessariamente individuato nella espressione “Audium”. “Ora, è notorio ed evidente come il lemma “audi”, comune ai due segni, – continua la sentenza – sia sintesi di “audio” – dal latino audire e diffuso nella comunicazione probabilmente in derivazione al relativo prefissoide inglese – che si riferisce a tutto ciò che riguarda la trasmissione e la ricezione del suono, indicando relazione con l’udito e la percezione acustica. Pertanto, di per sé siffatta dicitura non può costituire il cuore di un segno, in quanto, se non accompagnata da elementi di differenziazione, incontrerebbe ab origine il divieto di registrabilità di cui all’art. 13 CPI, consistendo esclusivamente dall’indicazione descrittiva della funzione e destinazione del prodotto, perfettamente percepibile dal consumatore medio, anche di scarsa formazione culturale.”
“NESSUNA ESCLUSIVA SE IL MARCHIO è COLLEGATO ALLA MERCE”
“La finalità della norma – continua la sentenza – è quella di impedire che si crei un diritto di esclusiva su parole, figure o segni che nel linguaggio comune sono collegate o collegabili al tipo merceologico, che debbono rimanere patrimonio comune onde evitare ogni ingiustificato ostacolo ai concorrenti, mediante la trasformazione dell’esclusiva sul segno in monopolio di fabbricazione.”
“Si tratta quindi di segni indubbiamente “deboli”, caratteristica di cui deve tenersi conto nel raffronto tra loro, sia in astratto che globalmente, con riguardo anche all’ uso concreto, ai fini di considerare la loro confondibilità nel giudizio del pubblico.”
Secondo il Tribunale delle imprese “dal punto di vista semantico i due marchi rinviano al medesimo campo di significato, e quindi “l’attenzione debba essere naturalmente concentrata sull’elemento fonetico delle lettere di fantasia che compongono il suffisso.” Il collegio giudicante ha fatto proprie le deduzioni degli avvocati difensori di Audium secondo cui “ nel marchio dell’attrice (Audin n.d.r.) una sola consonante nasale “N” segue la vocale I, di “audi”, mentre in quello della convenuta il fatto che alla I segua altra vocale U, concentra sulla stessa la percezione fonetica, risultando la consonante M (al pari della N attorea) pressoché assorbita e la precedente I fortemente depotenziata. Evidentemente, da un punto di vista fonetico i marchi appaiono adeguatamente differenziati, e come tali percepibili dal pubblico.”
Il Tribunale di Milano, con sentenza del 25 febbraio scorso ha rigettato le domande di Audin – Audiotecnica Internazionale s.r.l. nei confronti di Audium Italia s.r.l. e di BHBL Italia s.r.l., condannando Audin al pagamento delle spese di lite.
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