Il premier celebra il secondo compleanno del suo governo dinanzi alla stampa estera con scarso risultato
Il secondo anno dell’Era Renziana è appena trascorso e ci si appresta ad entrare nel terzo e l’evento è salutato con una massiccia campagna di comunicazione con affissioni sui muri del Belpaese finanziata con i fondi del finanziamento pubblico al partito Democratico. Per celebrare l’evento, il premier Matteo Renzi ha scelto la sede della stampa estera, dove ha sciorinato 24 diapositive, una per ciascun mese dell’Era Renziana.
All’insegna di un marcato eccesso di vanagloria e di smaccate provocazioni (come quella di annunciare che “il prossimo 22 dicembre inauguriamo l’autostrada Salerno Reggio Calabria», beccandosi qualche fischio da parte dei cronisti in sala che credono più ai dati pubblicati dal Codacons che parlano di oltre 600 opere pubbliche incompiute per un controvalore di 5 miliardi di euro), Renzi ha magnificato i suoi “successi” in economia, a partire dai famosi 80 euro al mese in busta paga ai dipendenti che guadagnano meno di 1.400 euro. Per non dire del «poderoso taglio delle tasse» fatto per stimolare la domanda interna. Peccato solo che la Banca d’Italia abbia smentito solo qualche ora prima i trionfalismi renziani, sottolineando che le tasse sono invece aumentate, così come il deficit pubblico monstre, tanto che il famoso rapporto deficit/Pil si è nuovamente portato sul limite del 3% (soglia oltre cui scattano le forche caudine europee) e che la crescita del Paese è drammaticamente inchiodata a livelli di prefisso telefonico, così come l’andamento piatto dell’economia come testimonia l’inflazione ferma e addirittura in calo (piena deflazione) in oltre 10 grandi città italiane.
Nel dettaglio, Renzi dice che la disoccupazione è calata all’11,4%: vero, ma è costata 11 miliardi di sgravi, perché i 110.000 posti di lavoro creati sono solo una carissima goccia nell’oceano della disoccupazione. Inoltre, c’è da registrare che in gennaio la cassa integrazione guadagni è tornata a salire. Per Renzi la disoccupazione giovanile scesa al 37,9%, sottacendo che sono aumentati i giovani che non studiano e non lavorano (i cosiddetti “NEET”). La diapositiva è una mistificazione delle realtà: secondo il Premier Gigliato il Pil italiano è passato da -1,9% a +0,8%, ma se va bene sarà lo 0,7 o, più probabilmente (secondo la stima Ocse), lo 0,6%. Questo in presenza dell’azione di “quantitative easing” condotta dalla Banca Centrale Europea che, da sola, vale uno 0,3% del Pil, del prezzo del petrolio ai minimi storici, un euro debole per buona parte dell’anno che avrebbe dovuto stimolare l’export. A livello di comparto produttivo, eccetto per agricoltura, auto e farmaci, l’industria sarebbe ancora in recessione.
Renzi ha poi insistito sui mancati tagli alla sanità, sul 730 precompilato, le fatture elettroniche. Alla sanità mancano due miliardi, il precompilato è risultato una sonora fregatura per i cittadini specie sulle detrazioni delle spese sostenute (rendendo di fatto obbligatorio ricorrere al commercialista o ai Caf). Ma Renzi è sorvolato bellamente sui 70 miliardi che il comparto pubblico deve alle imprese per le forniture ricevute.
Anche in tema di investimenti esteri, Renzi spaccia le acquisizioni di aziende italiane per investimenti, quando si è dinanzi ad un impoverimento del patrimonio nazionale, con il passaggio delle leve decisionali all’estero, spesso in balia delle necessità delle grandi multinazionali, che non esitano a chiudere gli impianti se questi non sono profittevoli.
Insomma, due anni con risultati più in scuro che in chiaro: davvero un po’ poco anche per un premier ambizioso come Renzi.