Secondo l’Istat gli italiani sono molto preoccupati. Peggiora anche il carico del sistema giudiziario italiano, specie nel settore civile
Giustizia, criminalità e sicurezza – nell’annuario Istat 2015 – confermano uno spaccato del Paese preoccupante, anche se con qualche segnale positivo. Il carico dell’arretrato nel settore civile, pur registrando un calo del 3,3%, costituisce un vero e proprio “tappo” con 4 milioni e mezzo di cause da smaltire, e nel settore penale le cose non vanno meglio con l’aumento dei reati che più destano allarme sociale, come i furti in casa, o il sovraffollamento delle carceri, una piaga non ancora superata. In particolare, per il contenzioso civile, i dati rilevati dall’Istat e relativi al 2013, segnalano una contrazione delle pendenze del 3,1% nei tribunali e del 9,6% presso le corti di appello.
Nonostante ciò, le cifre reali sono ancora da brividi: i procedimenti civili in attesa del primo grado sono 4.501.021 (-3,3% rispetto al 2012). Gli uffici più intasati sono i tribunali con 3.157.893 procedimenti in “stand by” (70,2% del totale), seguono gli uffici del giudice di pace con 1.296.075 fascicoli (28,8% del totale) e le corti d’appello con 47.053 (1% del totale).
Si marcia meglio nei Tar anche se servono pur sempre quasi 4 anni per l’esito di un giudizio amministrativo. Il picco dei 671.288 ricorsi pendenti del 2008 si è più che dimezzato: a fine 2013 i ricorsi giacenti erano 298.221, e la durata media era scesa a 3,8 anni mentre era di 9,6 nel 2008. Sempre grandi, pur se in calo, le cifre della “mala” economia dolosa o figlia della crisi: nel 2014 il numero di titoli di credito protestati rispetto al 2013 ha segnato un -22,9%, ma il valore complessivo sfiora la ragguardevole cifra di 2 miliardi di euro, quanto l’aumento della spesa pubblica in sicurezza e cultura deciso dal governo Renzi dopo gli attentati di Parigi. Difficile, su questo fronte, anche il contrasto penale: quasi il 20% dei procedimenti per bancarotta, a causa del taglio della prescrizione, viene archiviato quando ancora è in Procura.
La mappatura della tipologia dei reati di cui si ha notizia – quasi tre milioni – indica un aumento dei reati contro il patrimonio, per lo più vandalismi, e un calo di quelli contro la persona. Nel dettaglio, l’Istat rileva che nel 2013, sono stati 2.892.155, circa 48 ogni mille abitanti, i delitti denunciati dalle forze di polizia all’autorità giudiziaria, in aumento del 2,6% rispetto al 2012. Diminuiscono gli omicidi volontari consumati (-4,9%) e, al loro interno, quelli di tipo mafioso (-23,5%), tornano ai livelli del 2011. In calo anche i tentati omicidi (-7,9%), le lesioni dolose (-4,6), le violenze sessuali denunciate (-4,3%) e lo sfruttamento e favoreggiamento della prostituzione (-10,4%). Truffe e frodi informatiche registrano un deciso aumento (+20,4%), in crescita estorsioni (+6,3%), rapine (+2,6%) e furti (+2,2%) e per quelli in abitazione l’Istatrileva che hanno segnato +48,6% nel periodo 2010-2013.
Gli uomini mantengono il primato della delinquenza: su un totale di 300.381 persone iscritte nel casellario giudiziale centrale nel 2014, la percentuale di uomini è sempre nettamente maggiore, qualunque sia il reato commesso. Sono uomini l’82,2% dei condannati per delitto, percentuale che supera il 90% per omicidio volontario (96,5%) e droga (92,3%). Stabile il ricorso a misure alternative alla detenzione: alla fine del 2014 sono 25.756 tra affidamento in prova al servizio sociale, semilibertà, detenzione domiciliare, libertà vigilata, libertà controllata, semidetenzione, in aumento dell’1,7% rispetto all’anno precedente. Le misure più applicate sono l’affidamento in prova al servizio sociale (46,6%) e la detenzione domiciliare (36,7%). Su 100 misure alternative in corso nel 2014, otto riguardano le donne e 15 gli stranieri. Nelle carceri si contano 53.623 persone alla fine del 2014, novemila in meno rispetto al 2013 (-14,3%) una deflazione in linea con gli ultimi dati del Ministero della giustizia che al 30 novembre 2015 conta 52.636 detenuti. Il trend decrescente è dovuto, segnala l’Istat, al “maggior accesso alle misure alternative” e alla “forte limitazione degli ingressi in carcere per i reati di gravità minore”. Tra il dicembre 2010 e la fine del 2014, 15.814 detenuti sono stati mandati ai “domiciliari”. Quasi un detenuto su tre è straniero (32,6%), uno su quattro è tossicodipendente, il 27,1% svolge un’attività lavorativa, nella maggior parte dei casi alle dipendenze dell’amministrazione penitenziaria. L’indice di affollamento delle carceri (rapporto tra detenuti presenti e posti letto previsti) è in forte discesa nel 2014, passa da 131 dell’anno precedente a 108. Rimane però una forte differenza territoriale: sono solo otto (comprese le due province autonome di Trento e Bolzano) le regioni con un indice di affollamento inferiore a 100. La regione con il maggiore sovraffollamento è la Puglia (138 detenuti per 100 posti letto regolamentari), seguono Lombardia, Friuli-Venezia Giulia e Veneto, con valori tra 129 e 127.
Secondo l’Istat, nel 2014, il 30% delle famiglie italiane giudica la zona in cui abita a rischio di criminalità, valore in lieve diminuzione rispetto al 2013 (31%). La Lombardia – prosegue il rapporto dell’istituto nazionale di statistica – è la regione in cui tale rischio è percepito maggiormente (37,2%), seguita dal Lazio (36,2%), dall’Umbria (34,35) e dal Veneto (33,6%); la Campania risulta in quinta posizione con il 33,3%. Seguono Piemonte, Puglia, Emilia-Romagna, tutte sopra il 30%. Poi tutte le altre regioni con valori compresi sotto al 30% e fino alla soglia “minima” del 9,1% della provincia autonoma di Bolzano. Con riferimento al “quoziente di delittuosità generico”, calcolato rapportando il totale dei delitti alla popolazione, quoziente che l’Istat stima a livello nazionale nella misura di 48 delitti ogni mille abitanti, l’annuario 2015 distingue il dato per macroaree. Si tratta di “un blocco comprendente sei regioni, tutte del Centro-Nord, con valori superiori alla media nazionale e compresi tra i 60 e i 52 delitti per mille abitanti”, ne fanno parte Emila-Romagna, Liguria, Lazio, Lombardia, Piemonte e Toscana. Livelli più contenuti si riscontrano in Molise (30) e Basilicata (26). Le Isole e il Sud si collocano, invece, “ben al di sotto rispetto alla media italiana”. Tuttavia, avverte l’Istat, “nella lettura del dato territoriale è opportuno tenere presente la differente propensione alla denuncia nelle diverse aree del Paese, soprattutto per quanto riguarda i delitti considerati meno gravi dalle vittime”.