Per Coldiretti, il prezzo oggi liquidato è inferiore ai valori di vent’anni fa. Pan: «serve un’azione decisa da parte del governo»
Continua la mobilitazione degli allevatori per vedersi riconosciuto un prezzo del latte che sia congruo ai costi di produzione. Gli allevatori italiani hanno perso in un anno oltre 550 milioni di euro perché il latte viene pagato al di sotto dei costi di produzione, con una riduzione dei compensi di oltre il 20% rispetto allo scorso anno e su valori inferiori a quelli di venti anni fa. E’ quanto emerge dal dossier presentato dalla Coldiretti in occasione della protesta sul prezzo del latte che dura da quattro giorni e si è estesa oggi ai supermercati delle grandi città, dove sono state portate mucche e trattori.
Secondo Coldiretti, nel 2015 hanno chiuso circa mille stalle, oltre il 60% delle quali si trovava in montagna, con effetti irreversibili sull’occupazione, sull’economia, sull’ambiente e sulla qualità dei prodotti. «A rischio c’è un settore che rappresenta la voce più importante dell’agroalimentare italiano, con un valore di 28 miliardi di euro e 180.000 gli occupati nell’intera filiera», afferma il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo. Il settore lattiero caseario – sottolinea l’organizzazione agricola – rappresenta la voce più importante dell’agroalimentare italiano, con 35.000 imprese di allevamento, oltre la metà delle quali (55%) si trova in zone montane o svantaggiate, per una produzione complessiva di latte bovino che ammonta a 11 milioni di tonnellate a fronte di 20 milioni di tonnellate consumate. In altre parole, l’Italia è diventata dipendente dall’estero per quasi la metà del proprio fabbisogno in prodotti lattiero caseari. Dalle frontiere italiane – aggiunge Coldiretti – passano ogni giorno 3,5 milioni di litri di latte sterile, ma anche concentrati, cagliate, semilavorati e polveri per diventare mozzarelle, formaggi o latte italiani, all’insaputa dei consumatori perché manca l’obbligo di indicazione in etichetta. Tre cartoni di latte a lunga conservazione su quattro venduti in Italia sono stranieri – conclude l’organizzazione agricola -, mentre la metà delle mozzarelle sono fatte con latte o addirittura cagliate provenienti dall’estero.
Lo studio ufficiale sui costi di produzione del latte bovino elaborato in esecuzione della legge 91 del luglio 2015 – continua la Coldiretti – evidenzia che nel giugno 2015 in Lombardia i costi medi di produzione del latte oscillano da un minimo di 38 centesimi al litro per aziende grandissime di oltre 200 capi di pianura, a prevalente manodopera salariata, con destinazione a formaggi DOP, fino ad un massimo di 60 centesimi al litro per aziende piccole di 20-50 capi di montagna/collina, a prevalente manodopera familiare, con destinazione del latte a formaggi DOP.
Per Moncalvo «in gioco c’è un patrimonio del “Made in Italy” alimentare che ha garantito all’Italia primati a livello internazionale ma anche un ambiente ed un territorio unico che senza l’allevamento rischia l’abbandono ed il degrado».
L’assessore all’agricoltura della regione Veneto, Giuseppe Pan, di dichiara solidale con gli agricoltori veneti che stanno presidiando insieme ai colleghi lombardi gli stabilimenti della Lactalis a Lodi e a Pavia e che oggi manifestano davanti all’Ipercoop di Mestre. «Pochi giorni fa a Cremona, alla Fiera della zootecnia da latte, insieme al mio omologo lombardo Giovanni Fava – dichiara Pan – ho chiesto al ministro delle Politiche agricole di accelerare l’iter di approvazione del decreto relativo ai criteri di riconoscimento delle OP, cioè le Organizzazione dei produttori. Solo in questa forma, di organizzazioni riconosciute a livello europeo, i produttori potranno concentrare l’offerta e promuovere la contrattazione collettiva del prezzo del latte in base alla regolamentazione comunitaria. Sono personalmente impegnato a proseguire il dialogo con il ministro Martina, con il quale ho avviato un franco e cordiale confronto, per trovare una soluzione ai problemi di un settore strategico per la nostra agricoltura e l’economia del “Made in Italy”».
Per Pan «solo se da Roma arriveranno aiuti concreti ai produttori per abbattere i costi di gestione si può sperare di ridurre la forbice tra costi e prezzi e di difendere la qualità del latte italiano e dell’intera filiera lattiero casearia. Se le istituzioni lasceranno soli i produttori purtroppo il destino sarà segnato. Ma se Regioni, Stato e Unione Europea lavoreranno insieme alle categorie dei produttori sarà possibile sostenere la riorganizzazione del settore e sviluppare progetti innovativi in grado di aumentare il valore aggiunto per i produttori del territorio».