La Casa denuncia di avere sottostimato i consumi di 800.000 vetture. La UE pronta ad avviare la procedura d’infrazione delle regole comunitarie. La procura di Brunswick in Germania apre un’inchiesta
Quello che agli inizi era solo un “Dieselgate”, ora si allarga anche ad altri settori della produzione Volkswagen, coinvolgendo anche i motori a benzina (oltre che Diesel) con un’autodenuncia dove si ammette di avere sottovalutato i valori di consumo di circa 800.000 vetture al fine di farli rientrare all’interno della categoria di minore emissione e, come tale, avvantaggiata su alcuni mercati (ad iniziare dal quello tedesco) sul piano fiscale.
Il gruppo di Wolsburg ha fornito una prima stima del costo della nuova puntata dello scandalo: 2 miliardi di euro, ovvero 2.500 euro a vettura – molto più del costo stimato per riparare ognuno degli 11 milioni di motori diesel con il software truccato per superare senza problemi i test d’inquinamento in sede di omologazione. Tale azione sarebbe stata motivata per riuscire a inserire le auto nella classe “A” della cosiddetta eco-etichetta entrata in vigore nel 2011, classe che impone emissioni non superiori ai 99 grammi di CO2 per chilometro, che comportano anche agevolazioni fiscali per gli acquirenti.
Volkswagen avrebbe rifatto i test e riscontrato emissioni superiori a quelle dichiarate. Per ovviare alla nuova magagna, la Casa sarebbe pronta a riacquistare i veicoli coinvolti e starebbe preparando un sito dedicato con i vari modelli coinvolti (dalle Volkswagen Polo, Golf e Passat alle Audi A1 e A3, oltre che modelli Seat e Skoda; ci sarebbero auto con motori diesel Tdi 1.4, 1.6 e 2.0 di cilindrata e motore a benzina Tsi 1.4 litri). Secondo quanto ha riferito il ministro tedesco dei Trasporti Dobrindt al Bundestag, le auto circolanti in Germania sono circa 200.000. Il resto sarebbe quindi stato venduto in altri paesi europei. Tutti i modelli venduti nella Ue sono comunque stati omologati in Germania, ed è quindi la motorizzazione tedesca ad essere oggetto della truffa. Tra le potenziali conseguenze c’è la frode fiscale: poiché in Germania il bollo auto è in parte legato alle emissioni di CO2, la parte dei veicoli venduta in Germania avrebbe pagato meno di quanto dovuto in realtà.
Proprio su questi presupposti, la procura di Brunswick, nel nord della Germania, ha aperto un’inchiesta sulle 800.000 vetture Volkswagen, 98.000 delle quali a benzina, che presenterebbero livelli di emissioni di CO2 superiori a quelli dichiarati. «Abbiamo avviato un’indagine preliminare ma non abbiamo ancora deciso se aprire un’inchiesta formale», spiega una portavoce della procura di Brunswick, spiegando che entro la settimana prossima verrà deciso se archiviare o meno il fascicolo sulla base degli elementi disponibili.
Secondo la Sueddeutsche Zeitung, le 800.000 vetture incriminate (numero che, secondo alcuni analisti, sarebbe destinato ad aumentare) emetterebbero una quantità di CO2 superiore del 18% a quella “ufficiale”. L’impatto politico di queste nuove accuse è ancora più marcato del caso “Dieselgate” in quanto, dichiarando livelli di emissioni più basse di quelle effettive, Volkswagen ha di fatto evaso il fisco per centinaia di milioni di euro. A fare i calcoli ha provato l’associazione ecologista Deutsche Umwelthilfe, secondo la quale Volkswagen non sarebbe l’unico produttore ad avere taroccato le emissioni. Per l’associazione l’ammanco complessivo per l’erario teutonico sarebbe pari a 1,8 miliardi di euro nel 2015.
Nel caso di emissioni di CO2, Bruxelles ha il potere di imporre sanzioni. Secondo la regolamentazione comunitaria, se la flotta di automobili di un marchio automobilistico supera i previsti limiti di CO2, la società è chiamata a pagare una multa: 5 euro per il primo grammo in eccesso per chilometro, 15 euro per il secondo, 25 euro per il terzo, 95 euro per ogni ulteriore grammo per chilometro. Dal 2019, la multa sarà di 95 euro per grammo e per chilometro fin dal primo grammo di CO2 in eccesso.
Se questa stima fosse fondata, il gruppo dovrebbe accantonare un’altra quota a copertura dei rischi oltre ai 6,7 miliardi di euro già stanziati. Se poi si dovessero aggiugnere anche le multe che la Commissione Europea potrebbe commissionare, per il costruttore tedesco che ambiva ad essere il primo produttore mondiale si aprono scenari ancora più foschi, che potrebbero amplificare le già ampie perdite registrate sulla valorizzazione di borsa (ha già perso il 40% della capitalizzazione), cui potrebbe aggiungersi anche il calo del fatturato che inizia a dare segnali di cali visto che le vendite dei prodotti del gruppo in Gran Bretagna e Germania ad ottobre sono calate del 10%.
Il calo della reputazione ed affidabilità economica di Volkswagen è stata la causa per cui l’agenzia di rating Moody’s ha tagliato da A2 ad A3 il rating del debito a lungo termine di Vw citando «crescenti rischi per la reputazione di Vw e per i futuri profitti, a seguito dell’annuncio di irregolarità sui consumi e delle nuove accuse delle agenzie Usa».
Oltre che sul fronte tedesco, la magistratura si muove anche in Italia. Il Tribunale di Venezia è stato attivato con la class action proposta da Altroconsumo per la discrepanza tra i consumi dichiarati e quelli reali della Vw Golf 1.6 TDI (in versione da 105 cavali). I giudici veneziani si sono riservati di decidere sull’ammissibilità della class action e la decisione è attesa nel giro di due-tre settimane.
In gioco a Venezia ci sono risarcimenti per 7.863 consumatori, che hanno dato la loro pre-adesione all’azione. Altroconsumo ha calcolato che, per una percorrenza annua di 15.000 chilometri, gli automobilisti hanno subìto un danno di 502 euro per i maggiori consumi.
Tutta la vicenda rischia di mandare al macero la credibilità del “Made in Germany” ed in particolare di quello “Made in Wolfsburg” e dintorni, visto che praticamente tutti i motori di punta sarebbero stati oggetto di taroccamenti alle centraline di gestione. Più che “Das Auto” o “All’avanguardia della tecnica”, slogan promozionali di sicuro effetto da parte di Volkswagen ed Audi, c’è da chiedersi cosa circoli nei responsabili di vertice del Gruppo tedesco. Il dubbio è che in questa situazione Volkswagen non sia affatto sola. Chi solo poche settimane fa aveva ghignato al “profumo di gasolio”, potrebbe essere coinvolto nella truffa dei consumi dichiarati inferiori a quelli reali, cosa peraltro stranota a tutti da anni, dai politici agli addetti ai lavori. Sarà la volta buona perché le regole siano valide per tutti e fatte rispettare da tutti senza mezzucci di comodo?