Divina (Capogruppo Ln Commissione giustizia del Senato): “dalla giustizia è lecito attendersi toni più concilianti verso la politica e la cittadinanza”
Anche quest’anno si è consumato il rito dell’inaugurazione dell’anno giudiziario, celebrato in contemporanea a Roma e in tutte le sedi di corti d’appello del Paese. Un rito sempre più stanco, quasi che i protagonisti della giustizia parlassero più per sé stessi che per cercare di risolvere gli annosi problemi del mondo giudiziario che in Italia è ormai degno di un paese sottosviluppato. Sarebbe bello che la Giustizia si occupasse effettivamente di amministrare la giustizia, dirimendo i contenziosi e i processi in tempi rapidi e assicurando la certezza del diritto. Ma spesso così non è, talvolta proprio a causa di un certo modo di concepire la Giustizia da parte dei protagonisti.
Anche il senatore Sergio Divina, capogruppo della Lega Nord nella Commissione giustizia del Senato c’è qualcosa che non funziona a dovere: “la tensione sembra calata, non notiamo più il presidente dell’Associazione nazionale magistrati (ANM) Luca Palamara, che fino a poco tempo fa era una star presente in ogni Tg a qualsiasi ora impegnato a tirar giù filippiche contro le decisioni sulla Giustizia da parte della politica e della maggioranza di centro destra. Peccato che le emergenze di allora siano le stesse di oggi: carenza negli organici, ridotte dotazioni finanziarie, conflitto di interessi, anche se constato che queste emergenze, pur sussistendo, vengono recepite non più come impellenti”.
Divina commenta anche i contenuti della relazione del Procuratore generale della Repubblica del Tribunale di Trento, Giovanni Pescarsoli, che “avrebbe potuto usare, nella sua relazione, toni più concilianti quali si addicono ad un uomo di giustizia più che ad un giustiziere. Ricordare il passato con livore, come egli ha fatto, non aiuta ad affrontare responsabilmente le questioni che oggi si pongono e a cui tutti, politici, avvocati e magistrati dovrebbero contribuire”. Secondo l’esponente leghista “se il che giudice deve
dirimere le vertenze, sedare le liti e rappacificare le parti, ossia fare il pompiere, fa invece il piromane come il Procuratore generale di Trento, rende difficoltoso il dialogo con gli altri soggetti, nonché trovare soluzioni condivise per il buon funzionamento della giustizia”.
La magistratura vede sempre la pagliuzza negli occhi dei vicini, salvo non accorgersi delle travi che ha nei propri: “un vero ‘tabù’ di cui non si vuol parlare in queste occasioni, è la produttività dei magistrati. I tempi della giustizia italiana (7,3 anni per una causa civile; 4,9 anni per una penale) sono gravosissimi ed inaccettabili per un Paese civile, che causano ai contribuenti oneri per i risarcimenti dovuti in base alla legge sul giusto processo (46 milioni di €/anno) e per la perdita secca di 2 punti percentuali di P.I.L. per la mancata crescita dell’economia nazionale dovuti ai minori investimenti stranieri e disincentivi a trattare con imprese italiane, dati i tempi eccessivi per aver risposte certe alle normali vertenze commerciali” commenta il senatore Divina che allarga il discorso anche al tema caldissimo della chiusura delle sedi periferiche dei Tribunali che sta sollevando le proteste degli amministratori locali, dei cittadini e degli operatori del diritto: “chi crede di risparmiare tagliando sedi periferiche di tribunali sbaglia di grosso, perché i veri costi sono diversi da quelli riferiti dal Ministro Severino. Il costo di una sede periferica è dato dal costo dell’affitto dell’immobile, spesso offerto in comodato gratuito dall’ente locale: il giudice è e rimane sempre lo stesso, sia che celebri i processi nel Tribunale o nelle sedi distaccate sul territorio. I veri costi, invece, li sosterrebbero i cittadini con la chiusura delle sedi periferiche: al posto di un giudice che si muove per fare dieci udienze, si dovrebbero muovere difensori per dieci cause, parti per dieci vertenze, i relativi testimoni per le deposizioni e così via. Dove sta il risparmio? Sulla carta! Mentre i disagi e i costi per cittadini ed imprese sarebbero invece certi”.