Il 2024 potrebbe segnare il record storico dell’export agroalimentare italiano sfiorando i 70 miliardi di euro, anche se sul futuro pesa lo spauracchio di una nuova tornata di dazi, minacciata dal presidente Usa, Donald Trump, già nei primi giorni di insediamento alla Casa Bianca, situazione che rischia di togliere smalto al traguardo già raggiunto nei primi dieci mesi del 2024 con un incremento del 9% delle vendite alimentari sui mercati internazionali.
Secondo l’elaborazione dati del Centro studi di Federalimentare sulle statistiche diffuse dall’Istat, l’industria alimentare italiana ha registrato una quota export agroalimentare di oltre 47 miliardi di euro, con una crescita tendenziale del +9% sul gennaio – ottobre 2023, superiore al +8,6% segnato sui nove mesi.
Il decollo dell’export agroalimentare italiano si lega ai risultati di molti mercati, ma in gran parte alla spinta specifica del mercato statunitense, che ha segnato un +18,4% sui dieci mesi. La piazza Usa dovrebbe toccare, a consuntivo 2024, una quota pari a 7,8 miliardi, ponendosi a ridosso della Germania, mercato estero leader da sempre dell’export agroalimentare italiano.
«Il problema dei dazi potremo porcelo quando le parole del presidente Trump troveranno una loro concretezza attraverso atti politici che, come sistema Paese, potremo analizzare e valutare» afferma il presidente di Federalimentare, Paolo Mascarino -. Come industria alimentare siamo focalizzati a rendere strutturali le ottime performance di questi mesi. Come Italia, anche nel passato e precisamente durante il primo mandato di Trump, affrontammo la questione dazi con effetti complessivamente contenuti al settore che comunque non causarono flessioni dell’export agroalimentare italiano totale».
Mascarino guarda con fiducia al futuro: «qualora gli stessi timori dell’epoca dovessero ripresentarsi, il governo italiano saprà rispondere con autorevolezza a questi rischi, mettendo in campo politiche che saranno in grado di proteggere le nostre catene del valore, il nostro export e le nostre produzioni».
Fra i grandi mercati di sbocco dell’export agroalimentare italiano, il Centro studi di Federalimentare segnala anche le crescite a due cifre della Polonia (+18,7%), del Canada (+16,6%), del Giappone (+12,5%) e dell’Australia (+15,4%). Si affiancano le spinte dei mercati europei, della Spagna (+7,7%), del Regno Unito (+6,3%), della Germania (+6,6%) e della Francia (+4,4%).
Tra le categorie merceologiche volano gli “oli e grassi” (+28,0%), seguiti dal “dolciario” (+16,6%) e dalla “trasformazione ittica” (+16,2%). A fianco dell’industria, il settore primario (agro-zootecnico) supera sui 10 mesi la quota export di oltre 9 miliardi di euro, con una crescita tendenziale del +7,3%, dopo il +7,2% dei nove mesi. L’agroalimentare complessivo registra perciò, sui dieci mesi, una quota export di oltre 56 miliardi, con un tendenziale del +8,7%, che potrebbe essere ancora migliore se il fenomeno dei plagi esteri dell’agroalimentare italiano (“italian sounding”) fossero combattuti con energia, visto che vengono valutati attorno a quota 100 miliardi all’anno di mancate vendite.
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