Mercato auto, a ottobre nuovo calo delle immatricolazioni in Italia (-9,05%)

Pesa l’incertezza normativa sulle regole europee, oltre al caro auto che allontana i consumatori. Serve una spinta sull’auto aziendale, prevedendo il superamento degli odierni, antistorici, limiti alla deducibilità fiscale.

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mercato dell'auto

Nuova caduta del mercato auto italiano: a ottobre sono state immatricolate 126.488 autovetture con un calo del 9,05% sullo stesso mese del 2023. Grazie alla modesta crescita accumulata nella prima parte dell’anno, il 2024 dovrebbe chiudere con un livello di immatricolazioni dell’ordine di 1.600.000 unità. Un livello che è comunque infimo se si considera che all’inizio del secolo e per l’esattezza nel 2001 in Italia vennero immatricolate 2.418.226 e su questo livello il mercato si mantenne poi fino al 2007, quando le immatricolazioni furono 2.494.115. Il volume di immatricolazioni del 2024 si collocherà poi al di sotto del livello ante-crisi del -16,5%. E non conforta certo il fatto che la situazione non è molto diversa da quella degli altri paesi dell’Unione Europea da cui arrivano notizie da bollettino di guerra, specie da Francia e Germania.

Dall’inchiesta congiunturale mensile condotta dal Centro studi Promotor a fine ottobre emergono valutazioni estremamente preoccupate dei concessionari per il futuro prossimo e meno prossimo, da cui emerge come il 69% dei concessionari lamenta in ottobre una insoddisfacente raccolta di ordini, il 48% segnala un alto livello di giacenze di auto nuove invendute e questo dopo che le scorte di invenduto erano state estremamente basse negli anni precedenti il 2024 per effetto delle difficoltà di produzione legate alle carenze di importanti componenti. E ancora, il 65% di concessionari segnala un basso livello di visitatori nei saloni, mentre il 61% si attende vendite in calo nei prossimi tre mesi.

E ad aggravare la situazione lato concessionari c’è il problema della sostanziale invendibilità delle auto elettriche, di cui – come denuncia Federautodevono farsi carico delle auto immatricolazioni per soddisfare almeno in parte gli obblighi europei, salvo finire con l’immobilizzare capitali sempre più consistenti esposti ad una fortissima svalutazione.

Di fatto, il mercato dell’auto e i consumatori di tutt’Europa hanno decretato il fallimento delle politiche europee della mobilità, con l’imposizione dell’elettrificazione forzata entro i prossimi 10 anni, una tecnologia ancora sostanzialmente immatura e oltremodo costosa.

Per uscire da questa situazione che rischia di fare una strage di aziende e di posti di lavoro, oltre che di fatturati e di Pil europeo, è necessario ripensare da subito le politiche europee, rilanciando su motori termici efficienti, settore dove l’Europa è all’avanguardia con il Diesel, e sui nuovi biocarburanti che possono dare vantaggi ambientali anche sul parco auto già circolante.

Per smuovere e sostenere il mercato dell’auto italiana non serve gettare soldi nei bonus per gli acquisti dei privati che non hanno sufficienti risorse per acquistare un’auto nuova, anche complice il caro denaro delle vendite rateali, ancora ben oltre il 9% a fronte di un tasso di sconto ufficiale del 3,25%, con il risultato che le case costruttrici guadagnano più dalla vendita di credito che dalla stessa vettura.

Per il presidente di Federauto, Massimo Artusi, «il governo Meloni, a nostro avviso, deve rapidamente definire una politica chiara, perché il taglio di oltre 4 miliardi sull’Automotive offre una prospettiva di decrescita. Se non si vuole proseguire nella logica dei bonus, si investano le risorse in un piano triennale di riforma della fiscalità che avrebbe connotazioni fortemente positive per le piccole e medie imprese italiane e ricadute estremamente interessanti per gli acquisti di auto usatefresche” delle famiglie». Oltre a stabilizzare strutturalmente il mercato, visto che aziende e partite Iva i loro acquisti li programmano nel tempo con tempi di rinnovo ridotti e certi, a differenza dei privati che attendono anche 13 anni prima di cambiare auto.

Pure la bozza di legge di bilancio 2025 non aiuta il settore: secondo il presidente di Unrae, Michele Crisci, «la modifica della tassazione dei “fringe benefits”, la riduzione delle aliquote al 10 e 20% per i veicoli BEV e PHEV rappresenta certamente un passo avanti da leggere in modo positivo. Tuttavia, in ossequio al principio di neutralità tecnologica al quale è già ispirata la normativa vigente, sarebbe necessario applicare queste aliquote rispettivamente alle vetture con emissioni di CO2 pari tra 0 e 1-60 g/Km, anziché fare riferimento alle alimentazioni. Riteniamo inoltre che l’aumento dell’aliquota al 50% per le vetture con emissioni tra 61 e 160 g/Km sia eccessivamente penalizzante: la nostra proposta al Governo è quella di mantenere l’attuale aliquota del 30% almeno per il triennio 2025-2027».

 

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