Risparmio tradito da troppe tasse, che così fugge all’estero

L’appello di Abi al governo a ridurre il prelievo. Mattarella richiama le istituzioni a tutelar eil risparmio. Il 50% delle famiglie non riesce a risparmiare.

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Risparmio tradito

Riserva per far fronte a eventi improvvisi ma anche una «risorsa per il futuro» come ricorda il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che può e deve essere attratta verso gli investimenti nell’economia: il risparmio in Italia non è più così diffuso e pervasivo come in passato, ma spesso è un risparmio tradito, specie da coloro che dovrebbero tutelarlo ai sensi dell’articolo 47 della Costituzione.

Il risparmio degli italiani è una massa da 5.000 miliardi di euro, più del doppio dei 2.085 miliardi del Pil nazionale 2023 che, sempre più spesso, prende la strada dell’estero visto che in Italia, come lamenta l’Abi, è «pesantemente tassata» e viene usata solo in parte per gli investimenti, rimanendo in gran parte giacente nei conti correnti con una remunerazione spesso inesistente.

La celebrazione della centesima Giornata mondiale del risparmio, organizzata dal’Acri, l’associazione delle fondazioni bancarie e casse di risparmio, è stata l’occasione per celebrare questo «bene individuale e collettivo» tutelato dall’articolo 47 della Costituzione come ha ricordato il Capo dello Stato. Nel suo discorso, Mattarella ha tracciato finalità e significato del dettato della Carta sul tema e ha sottolineato come il 50% della popolazione, secondo i dati della Banca d’Italia, non sia in grado di risparmiare. Una situazione che porta a «gravi diseguaglianze» che l’aumento della povertà rischia di incrementare e che rende «prioritarie» per ogni governo la lotta all’inflazione e la tutela del risparmio.

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Ma il problema della povertà in Italia è a doppia faccia: dal 2011 al 2022 il numero di poveri ufficiali è passato da 2,5 a 4,6 milioni, mentre la spesa pubblica è passata nello stesso periodo da 80 a 157 miliardi di euro, tutti gravanti sulla fiscalità generale. Un dato che stride con il fatto che gli italiani sono un popolo di proprietari diffusi di prima casa e spesso anche della seconda, di almeno un’auto se non frequentemente di due, di possessori di almeno due telefoni cellulari, di abbonamenti alla Tv a pagamento e di giocatori d’azzardo visto che nel solo 2023 sono stati spesi ben 150 miliardi di euro.

Ma il risparmio è anche il carburante per un paese come l’Italia, ad alto debito pubblico, e per tante imprese che il canale bancario può finanziare a patto di poter anche disporre di una raccolta stabile.

Una risorsa che però non può essere forzata o vincolata o, peggio, essere risparmio tradito, ma che deve trovare un ambiente favorevole o comunque non punitivo. Per il presidente dell’Abi, Antonio Patuelli, l’alta tassazione italiana «spinge tante volte i risparmiatori italiani ad investire all’estero». E se le banche hanno evitato una nuova tassa nella legge di bilancio 2025 (che ha previsto un posticipo delle deduzioni per 4 miliardi), quelle attuali sugli istituti di credito e sul risparmio dei clienti restano: l’imposta ordinaria del 26% sugli interessi che si aggiunge alla pressione fiscale sulle società quando in esse viene investito, oltre all’imposta di bollo.

Sulla necessità di attrarre questi risparmi in Italia ha insistito anche il governatore della Banca d’Italia Fabio Panetta: «il flusso annuo di risparmio privato supera oggi i 400 miliardi, un quinto del reddito nazionale. Solo parte di esso, tuttavia, finanzia gli investimenti in Italia». Una situazione che va invertita per il Paese che comunque può contare oramai su «banche ben capitalizzate e redditizie» in grado si sostenere le imprese.

Tocca al governo Meloni intervenire per rendere più leggere le pretese del fisco, a partire da un’altra forma di risparmio tradito, quella previdenziale, specie di quello gestito dalle casse previdenziali privatizzate, colpito da un anomalo, eccessivo doppio prelievo: una volta nella fase dell’accumulo del capitale previdenziale, con un prelievo portato, grazie al governo Renzi, dal 20 al 26% sui rendimenti maturati ogni anno, l’altra al momento dell’incasso del maturato sotto forma di erogazione pensionistica. Il governo Meloni dovrebbe tagliare subito il prelievo sul maturato annuale per cancellare una disparità rispetto alla previdenza dell’Inps, oltre che per garantire pensioni contributive un po’ più alte di quelle da fame che si prospettano per tutti gli iscritti.

 

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