Nessun ripensamento sulla revisione del “Green Deal” auto secondo il candidato commissario Ue all’ambiente, la spagnola Teresa Ribera, già vicepremier del governo di Pedro Sanchez, per non dire del resto del fantasmagorico piano ecologista scaturito dall’immaginazione dell’ex commissario socialista olandese Frans Timmermans, che Ribera rischia di surclassare.
Con le valigie già pronte per Bruxelles, la madrina del patto verde iberico ha iniziato a delineare i primi contorni della sua visione per il futuro del continente europeo in vista dall’audizione alla commissione ambiente che dovrà promuoverla o bocciarla. Le politiche ambientali ed economiche dovranno andare «di b», ma un punto fermo c’è ed è lo stesso già scolpito nella legge: in Ue dal 2035 non si potrà più immatricolare nuove auto e furgoni con motori Diesel e benzina.
Quella scadenza, ha chiarito Ribera, vicepresidente esecutiva designata che nella prossima Commissione guiderà la svolta green, «dà prevedibilità a investitori e produttori» e rappresenta «un elemento chiave» del più ampio disegno europeo di raggiungere le emissioni zero entro il 2050.
La revisione del “Green Deal” e del regolamento in vigore avverrà come previsto nel 2026. Una posizione che trova allineato anche il candidato commissario Ue per il Clima, il popolare olandese Wopke Hoekstra – che raffredda l’offensiva guidata dall’Italia di rivedere le norme già nel 2025 per tutelare l’automotive in crisi, così come del resto richiesto da tutti i produttori europei di veicoli, eccettuata la Stellantis di Elkann & Tavares.
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Uno scenario della mancata revisione del “Green Deal” che ha fatto insorgere Lega e Forza Italia, alimentando lo scontro politico tra i Socialisti e i Popolari (con quest’ultimi sempre più vicini alle posizioni della destra) che da giorni minacciano veti incrociati sulla nuova squadra di Ursula von der Leyen mettendone a rischio i piani.
Nelle sedici pagine di risposta alle domande scritte degli eurodeputati in vista dell’audizione del 12 novembre – che vedrà ben otto commissioni riunite a interrogarla -, Ribera esprime il suo impegno a una «gestione responsabile dell’ambiente», che sappia tenere per mano – come indicato anche dall’ex premier Mario Draghi – l’economia e l’industria. «Ho dedicato le mie energie a costruire ponti tra visioni e aspettative diverse» nel tentativo di «allineare posizioni e intrecciare molteplici variabili», precisa il ministro spagnolo della Transizione ecologica – destinata a fare il controcanto a un esecutivo a trazione Ppe – nel dare conto delle sue competenze.
Alla domanda sullo scenario della mobilità, però, la risposta è netta: gli obiettivi di taglio delle emissioni a partire dal 2030 in poi sono «chiari» e «occorre garantire l’elettrificazione e la disponibilità di combustibili puliti». Oltre all’elettrico, saranno gli e-fuel a ricoprire una posizione di rilievo da definire durante la revisione del regolamento. Quel momento cadrà nel 2026, scrive anche il popolare olandese Hoekstra, chiudendo alla revisione sia del target intermedio che dell’obiettivo finale del 2035. Nessun cenno, da entrambi i futuri commissari, a un possibile ruolo anche per i biocarburanti di cui l’Italia è leader. Di fatto, un muro alle richieste guidate da Roma e dal ministro Adolfo Urso.
«Se errare umano, perseverare è von der Leyen», è stata la pronta replica della delegazione della Lega al Parlamento europeo, che ha espresso «preoccupazione e sconcerto» per le frasi di Ribera su uno stop ritenuto una «follia ideologica» e una deriva della «sinistra estremista» che colpisce «industrie, lavoratori e famiglie».
Dello stesso avviso anche gli eurodeputati di Forza Italia, Fulvio Martusciello e Luca Squeri, che hanno bollato la visione della spagnola come «un modello da Urss», tenendo il punto sui biofuel e avvertendo che «migliaia di posti di lavoro sono a rischio». «È difficile votare una vicepresidente come lei», ha avvertito Martusciello.
Una scelta, quella del Ppe, che potrebbe essere speculare alla decisione dei Socialisti sul vicepresidente esecutivo italiano Raffaele Fitto con entrambi che potrebbero essere vittime di veti incrociati, aprendo però alla crisi dell’Ursula Bis prima ancora di fare il primo passo, il che, per l’Unione europea, non sarebbe nemmeno troppo grave aprendo ad un presidente meno pavido e sperimentato incapace come è stato von der Leyen nella scorsa legislatura europea.
Fin qui l’Europa. Ma anche in Italia ci sono problemi per il mercato dell’auto sempre più in crisi. Oggettivamente non si riesce a capire la portata della previsione contenuta nella legge di bilancio 2025, appena pubblicata, che stabilisce una forte penalizzazione dell’auto aziendale con motore termico assegnata in uso ai dipendenti, per i quali la tassazione cresce a ben il 50% del costo complessivo, a prescindere dal suo livello di emissione, come è invece oggi. Mentre si agevolano le auto ibride (20%) ed elettriche (15%).
Una decisione boomerang, perché cozza contro quanto sostiene lo stesso governo favorevole alla diffusione dei biocarburanti a ridotto impatto ambientale – inferiore anche a quello di un’auto a batteria – e che finisce con l’aumentare quelle tasse su aziende e dipendenti che il premier Giorgia Meloni spergiura di non avere rialzato.
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