Retribuzione ai dirigenti pubblici: sforbiciata in arrivo, forse

La legge di bilancio 2025 prevede la riduzione da 240.000 a 160.000 euro lordi all’anno omnicomprensivi valevole per tutti gli enti e società che incassano contributi pubblici.

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Retribuzione ai dirigenti pubblici

Sforbiciata in arrivo per la retribuzione dei dirigenti pubblici e privati che ricevono contributi dallo Stato. La manovra 2025 introduce un tetto che fissa il limite dei compensi al livello dell’indennità del presidente del consiglio dei ministri, che ammonta a circa 160.000 euro (80.000 netti). Una «norma di buonsenso», dice il premier Giorgia Meloni.

Che il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, colloca tra le misure di «buon uso del denaro pubblico» della legge di bilancio. Anche se i redditi effettivi del premier Meloni, stando alle dichiarazioni depositate alla Camera dei deputati, sono ben più alti: nel 2023 sono stati di 293.000 euro, cresciuti a 459.000 euro nel 2024 grazie agli incassi derivanti dai diritti d’autore della sua attività letteraria.

La novità viene confermata dal ministro Giorgetti in conferenza stampa, anche se manca ancora una proposta ufficiale, visto che il testo della legge di bilancio sarà depositata, secondo le ultime informazioni, solo lunedì prossimo.

«Anche tutto l’universo di quelli che sono enti, soggetti, fondazioni che non sono esattamente figlie dei ministeri, ma ricevono contributi a carico dello Stato saranno chiamati a rispettare alcune regole elementari di buona finanza», spiega Giorgetti. Il premier cita anche gli «enti privati che prendono contributi pubblici».

La stretta sulla retribuzione dei dirigenti pubblici si tradurrà in un abbassamento del tetto per i compensi degli organi di vertice dagli attuali 240.000 euro previsto per i manager pubblici al livello «ragionevole ed equo» dell’indennità percepita dal presidente del consiglio dei ministri. Gli stipendi da considerare, precisa Giorgetti, saranno «omnicomprensivi», inclusivi di tutti i vari compensi che si possono percepire all’interno dell’ente a vario titolo, come gettoni o diarie.

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Il perimetro dell’intervento sarebbe ancora in via di definizione ed è probabile che vengano posti alcuni paletti, vista la mole di soggetti che rischiano di essere coinvolti. L’elenco degli enti che rientrano nel perimetro Istat delle pubbliche amministrazioni è lunghissimo. Secondo alcuni tecnici, la norma riguarderebbe in prima battuta tutte le entità partecipate che oggi anche in parte minoritaria si sentono escluse dai vincoli applicati a tutta la pubblica amministrazione, come Aci, Camere di commercio, Cri, fondazioni e associazioni private che ricevono finanziamenti pubblici.

Per chi non si adegua si prospetta la perdita dei contributi pubblici. «Può darsi che qualcuno possa rinunciare anche al contributo pubblico e decidere autonomamente cosa fare, qualcun altro continuerà a richiederlo, ma si dovrà adeguare», osserva Giorgetti. Che richiama anche gli organi di controllo a vigilare: «collegi dei revisori dei conti e gli ispettori della Ragioneria sono chiamati a far rispettare questa norma».

Il tetto alla retribuzione dei dirigenti pubblici è da sempre un tema che fa discutere. Il ministro della funzione pubblica, Paolo Zangrillo, chiede da tempo di aprire un ragionamento sulla possibile eliminazione del tetto, in modo da permettere anche al comparto pubblico di reclutare “i migliori” e diventare così più competitiva.

La norma che ha introdotto il tetto risale al 2011, al “Salva-Italia” del governo Monti allora alle prese con i conti pubblici da rimettere in sesto. Il governo Renzi ne ampliò la portata nel 2014, estendendone la platea. Nel settembre 2022, il Parlamento tentò un blitz tentando di escludere dai limiti alcune figure, dai capi di stato maggiore al segretario generale della presidenza del Consiglio: ma l’esecutivo Draghi ristabilì rapidamente lo status quo.

Più che fare battaglie sui tetti retributivi dei vertici dello Stato e delle sue varie articolazioni centrali e locali, sarebbe meglio strutturare le retribuzioni di coloro che hanno responsabilità a qualsiasi livello su una base economica integrata da una retribuzione di risultato che vada effettivamente ad indagare sui risultati ottenuti, non erogata automaticamente a tutti e al massimo livello possibile come accade oggi. Nel privato è già una realtà consolidata e funzionante, che promuove l’impe

gno e lo sforzo dei migliori. Non si vede perché non possa attecchire anche nel pubblico, andando anche oltre i tetti per coloro che veramente lo meritano. Sempre, ovviamente, che il potere silenzioso dei vari alti e altissimi mandarini dello Stato non riescano a insabbiare il tentativo di tagliare il loro grisbì.

 

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