Il deposito nazionale delle scorie nucleari non lo vuole nessuno? E allora ne facciamo tre: uno al Nord, uno al Centro e uno al Sud. E i rifiuti più radioattivi, quelli delle vecchie centrali, li lasciamo all’estero. A pagamento, anche se ciò non è la migliore delle ipotesi, specie da un punto di vista etico. Questa la soluzione–provocazione che il ministero dell’Ambiente e della sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, sta valutando per risolvere l’annoso problema di dove mettere i rifiuti nucleari italiani per uscire dal continuo rimpallo tra i vari enti locali.
Pichetto Fratin ha spiegato il piano a margine di un convegno di Confindustria a Roma: «tutti i giorni produciamo scorie nucleari a bassa e media intensità» ha detto, riferendosi ai rifiuti radioattivi prodotti dagli ospedali e dalle industrie. «In questo momento abbiamo 30 e più siti di stoccaggio. La cosa bella sarebbe ridurli a uno. Altrimenti, uno al Nord, uno al Centro e uno al Sud. E’ una valutazione da fare».
Poi ha aggiunto: «sul deposito geologico», quello per le scorie ad alta radioattività, provenienti dalle centrali dismesse, «possono esserci soluzioni diverse. Possiamo anche lasciarle in Francia, facendo pagare noi e i nostri figli a vita», anche se sul territorio nazionale ci sarebbero siti idonei alla bisogna, facendo risparmiare le casse pubbliche già di loro disastrate e rispettando un obbligo etico di gestire internamente i rifiuti nazionali.
L’Unione europea da anni chiede all’Italia di trovare un sito dove conservare in sicurezza i suoi rifiuti radioattivi. Oggi quelli più pericolosi sono nel Regno Unito e in Francia (a pagamento) dove sono anche attivi gli unici impianti di processamento del carburante nucleare esaurito. Quelli meno pericolosi sono sparsi in una trentina di siti in Italia, in condizioni spesso precarie.
La Sogin, la società pubblica per lo smantellamento delle vecchie centrali, ha individuato 51 aree in Italia dove si potrebbe costruire il deposito. Ma nessuno dei comuni interessati si è detto spontaneamente disponibile.
La questione è passata al ministero dell’Ambiente, che deve decidere dove realizzare il deposito nazionale di scorie nucleari. «L’Unione europea non ci dice di fare “un” deposito – ha spiegato il ministro -. Ci dice che deve esserci “il” deposito dei rifiuti, in particolare per quelli a bassa e media intensità. In questo momento in Italia i depositi sono decine». Concentrando le scorie in tre depositi invece che in uno, il Mase pensa forse a impianti più piccoli e più accettabili alle popolazioni locali. Ma c’è anche il rischio che, invece di dover fronteggiare l’opposizione di un solo, si trovi a dover affrontare quella di tre territori. In ogni caso, ha precisato Pichetto, «va avanti la procedura di Valutazione di impatto ambientale sui 51 siti», quelli individuati nella Carta nazionale delle aree idonee (Cnai) preparata dalla Sogin. La mappa individua 51 siti in 6 regioni: Basilicata, Puglia, Lazio, Piemonte, Sardegna, Sicilia. «Su quella valutiamo», ha concluso il ministro. E, soprattutto, si decida una volta per tutte, compreso quello per il deposito ad alta radioattività, specie ora che lo scenario del rilancio del nucleare sta riprendendo d’interesse anche in Italia.
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