L’Antitrust «condivide le conclusioni cui sono pervenuti il giudice amministrativo nazionale e la Commissione europea secondo cui è evidente l’attuale situazione di notevole scarsità (in alcuni casi inesistenza) che caratterizza le aree demaniali a disposizione dei nuovi operatori» afferma l’Autorità nella segnalazione ad Anci e Conferenza Stato-Regioni sulle concessioni balneari, sottolineando che la situazione «è ancor più pronunciata se si considerano gli ambiti territoriali comunali o comunque si prendono come riferimento porzioni di costa ridotte».
Il concetto di scarsità «deve essere interpretato in termini relativi e non assoluti, tenendo conto non solo della “quantità” del bene disponibile, ma anche dei suoi aspetti qualitativi e, di conseguenza, della domanda che è in grado di generare da parte di altri potenziali concorrenti – evidenzia l’Antitrust -. Ciò considerando che, ancora oggi, i dati del Sistema Informativo del Demanio marittimo – richiamati anche dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato – attestano l’esistenza di una percentuale di occupazione delle coste molto elevata, viste le zone di spiaggia libera che non risultano fruibili e tenuto conto dei limiti quantitativi massimi di costa che può essere oggetto di concessione previsti in molte Regioni».
Nella segnalazione pubblicata sul proprio bollettino settimanale, l’Autorità ricorda che il “Milleproroghe” del 2022, disponendo la proroga al 31 dicembre 2024 delle concessioni balneari in essere, ha anche previsto la possibilità di spostare ulteriormente il termine al 31 dicembre 2025, «nel caso in cui le amministrazioni non riescano a completare nei termini le procedure di gare per motivate ragioni oggettive».
Alla luce di tali norme, molte amministrazioni hanno deciso di adottare provvedimenti di proroga al 31 dicembre 2025 motivandoli con la complessità del quadro giurisprudenziale e normativo; l’impossibilità di espletare le gare prima del riordino delle concessioni e prima che fossero dati chiarimenti sulla scarsità o meno della risorsa demaniale.
L’Antitrust precisa quindi di aver fornito pareri motivati, in cui chiariva che le amministrazioni concedenti «avrebbero dovuto disapplicare la normativa nazionale» per contrasto con la Direttiva servizi dell’Unione europea, e procedere alle gare. «Come noto, infatti, gli Stati membri sono tenuti a conformarsi ai principi e alle disposizioni eurounitari e, ove la normativa interna confligga con il diritto dell’Unione europea, se ne impone la relativa disapplicazione» afferma la nota dell’Antitrust.
In numerose occasioni, inoltre, l’Autorità ha contestato gli argomenti degli enti a sostegno della proroga, «considerata l’infondatezza degli stessi». La norma infatti «circoscrive la possibilità di differire ulteriormente la durata delle concessioni a ipotesi del tutto eccezionali connesse a specifiche circostanze che impediscono la conclusione della procedura selettiva. Affinché la norma possa trovare applicazione, dunque, è necessario che la procedura selettiva sia stata avviata e che sussistano ragioni oggettive che impediscono la conclusione della procedura. Solo in presenza di tali circostanze è legittimo ritenere che il termine di scadenza delle concessioni possa essere differito».
Ma «in nessuno dei casi esaminati dall’Autorità le amministrazioni concedenti avevano avviato una procedura selettiva per l’assegnazione delle concessioni». Con riferimento alle proroghe, del resto, anche il Consiglio di Stato ha da ultimo affermato il principio per cui si può ritenere compatibile con il diritto dell’Unione solo la proroga “tecnica” limitata per il tempo strettamente necessario allo svolgimento delle gare, specifica ancora il Garante.
La posizione dell’Antitrust dovrebbe mettere la parola fine alle velleità della politica e dei concessionari a continuare a lucrare su continue proroghe che allo Stato – e ai cittadini – rendono un pugno di mosche, parallelamente ad un’elevata tendenza alla scorrettezza fiscale da parte di molti concessionari che dichiarano redditi poco veritieri.
Per Antonio Capacchione, presidente del Sindacato italiano balneari, il problema «è che l’Autorità fa riferimento a una proroga automatica generalizzata, che è chiaramente improponibile. Siamo sempre stati d’accordo con l’idea di una proroga differenziata – puntualizza – e dalle indiscrezioni mi sembra che il governo stia andando proprio verso questo tipo di proroghe».
Per il presidente di Federbalneari, Marco Maurelli, l’Agcm adotta invece «due pesi e due misure che non rappresentano mai una soluzione equa. Non pretendiamo che si fermino i processi, ma che si rispetti il legislatore ed il dialogo con la Commissione Ue per ottenere una riforma che manca da 15 anni».
Per Maurizio Rustignoli, presidente di Fiba-Confesercenti, «lascia perplessi l’intervento dell’Antitrust, che arriva in un momento in cui si cerca un doveroso confronto con la Commissione Ue e un punto di equilibrio tra i principi europei e i giusti diritti delle imprese. Imprese che – lo ricordiamo – hanno fatto investimenti importanti, in un quadro normativo completamente diverso che riconosceva i diritti che oggi non ci sono più. Questi interventi a gamba tesa ci sembrano poco costruttivi: in questa fase bisognerebbe lasciar lavorare la politica. Continuare a parlare di evidenze pubbliche e gare, vuol dire non contribuire in senso propositivo».
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