Nel primo trimestre del 2024 rimbalza il reddito reale pro capite delle famiglie in Italia che migliora del 3,4%, dopo il calo dello 0,5% negli ultimi tre mesi del 2023, registrando la miglior crescita trimestrale tra i Paesi del G7. E’ una inversione di rotta – come evidenzia l’Ocse diffondendo i dati – dopo l’arretramento in controtendenza registrato per l’Italia nell’ultimo trimestre del 2023 quando la media per i Paesi Ocse era risultata in crescita dello 0,3% e la media per i Paesi G7 del +0,1%.
Il dato diffuso dall’Ocse è salutato con legittima soddisfazione dal governo: per il premier Giorgia Meloni «finalmente i redditi in Italia stanno crescendo più dell’inflazione, dopo anni di perdita di potere d’acquisto delle famiglie, ma c’è ancora moltissimo da fare ma questi segnali ci dicono che siamo sulla strada giusta».
L’andamento in Italia è altalenante: il reddito reale delle famiglie pro capite registrato dall’Ocse nel 2022 è arretrato dello 0,8% nel primo trimestre, è aumentato dello 0,3% e dello 0,1% nel secondo e nel terzo trimestre, è caduto con un -3,5% negli ultimi tre mesi; nel 2023, l’Ocse ha registrato per il primo trimestre un rimbalzo del 2,2% e per il secondo trimestre un calo dello 0,5%, il terzo trimestre ha ritrovato il segno più con una crescita dello 0,9%, il quarto è stato in calo dello 0,5%.
Lo scenario resta non privo di incertezze e contraddizioni: lo stesso Ocse, il mese scorso, ha registrato per l’Italia (terzultima, hanno fatto peggio solo Cechia e Svezia) un -6,9% dei salari solari rispetto al periodo pre-Covid (primo trimestre 2024 rispetto al quarto trimestre 2019).
Nei Paesi Ocse nel primo trimestre 2024 il reddito reale delle famiglie pro capite è aumentato dello 0,9%, più del Pil pro capite (+0,3%); nei Paesi del G7 l’incremento è dello 0,1%. «Tutte le economie del G7 hanno registrato un aumento», indica l’Ocse. Anche la Germania ha registrato un forte aumento (1,4%) in parte grazie a un aumento delle retribuzioni dei dipendenti. +0,6% in Francia, dove l’aumento è legato all’adeguamento delle pensioni di base all’inflazione. +0,6%, anche per il Canada. Aumenti più modesti per Regno Unito (+0,3) e Stati Uniti (+0,2).
Tra tutti i Paesi Ocse, la maggior parte ha registrato un aumento: spicca la Polonia che «ha visto l’aumento maggiore (10,2%) principalmente grazie agli aumenti delle retribuzioni dei dipendenti, dei benefici sociali diversi dai trasferimenti sociali in natura» oltre ai redditi da proprietà «più che triplicati». La maggior contrazione del reddito reale pro capite delle famiglie è in Grecia (-1,9%) pur a fronte di un Pil pro capite in crescita dello 0,9%.
L’inversione di tendenza parrebbe essersi verificata, ma bisogna vedere quanto riuscirà a reggere, anche perché l’Italia sconta una crescita asfittica dei redditi familiari dal 2000 in avanti, con una crescita reale negativa quando gli altri paesi sono cresciuti a doppia cifra. L’Italia paga almeno un decennio di politiche recessive che hanno nuociuto all’economia nazionale che non hanno centrato l’obiettivo di ridurre i disavanzi del bilancio pubblico, che registra una crescita sconsiderata del debito pubblico – ad un passo dai 3.000 miliardi – che anche sotto il governo Meloni è cresciuto in ragione di circa 150 miliardi l’anno. Parimenti è cresciuta la spesa corrente dello Stato che ha valicato ampiamente la soglia dei 1.000 miliardi (a 1.150), rendendo oltremodo indispensabili politiche di taglio della spesa pubblica, anche se ciò comporta lo scontentare qualche fetta di elettorato: l’interesse nazionale al risanamento dei conti pubblici non può essere posposto a quello privato del consenso elettorale dei partiti della maggioranza di turno.
Ma in agguato c’è la situazione economia europea che pare virare al brutto, specie in Germania, dove l’indice di fiducia Zew degli investitori tedeschi si è dimezzato a 19,2 punti ad agosto rispetto al 41,8 di luglio. L’indice Zew, un indice fra i più osservati fra quelli che anticipano l’andamento dell’economia tedesca, si tratta del livello più basso da gennaio. Secondo il presidente dello Zew Achim Wambach «le prospettive economiche della Germania stanno collassando» ed «è probabile che sulle aspettative continui a pesare l’elevata incertezza causata da una politica monetaria ambigua, dai dati deludenti dell’economia americana e dalle crescenti preoccupazioni per un’escalation del conflitto in Medio Oriente».
E se la Germania vede sempre più “nero” è probabile che gli effetti negativi non tardino a riflettersi anche sull’economia italiana, specie delle regioni del Nord, legate a triplo filo alle regioni “motore” dell’economia tedesca, a partire dalla Baviera e dal Baden Wurttemberg.
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