L’Arera, l’Autorità di regolazione dei mercati energetici, ha presentato al Parlamento la relazione 2023 sulla sua attività.
Nel 2023 i mercati internazionali hanno mostrato una grande reattività come conseguenza di una maggiore globalizzazione e dell’aumento della centralità del GNL, per compensare il drastico calo delle importazioni dalla Russia, a seguito della guerra contro l’Ucraina, che unito alla ripresa economica post-pandemia aveva innescato una crisi nel 2022.
Come nel 2022, anche nella prima parte del 2023 i prezzi dell’energia elettrica in Italia e in Europa hanno risentito, seppur senza registrare i picchi dell’anno precedente, delle tensioni internazionali sui mercati all’ingrosso. I rialzi si sono riflettuti sulle bollette dei clienti domestici, nonostante le proroghe degli interventi pubblici da parte dei governi di molti Paesi europei, tra cui l’Italia. La tendenza dell’anno è stata, comunque, quella di un ritorno a una “nuova normalità” caratterizzata da mercati più reattivi e globalizzati, in cui i prezzi si sono assestati su livelli più alti del passato.
I prezzi medi dell’energia elettrica per i consumatori domestici nel 2023 fanno registrare aumenti del +6% in Italia (con prezzi medi finali pari a 38,64 c€/kWh) ben lontani dal +40% dell’anno precedente. Si è mantenuta pressoché stabile, invece, la variazione nell’Area euro che nel 2023 ha segnato un +12,6% (31,45 c€/kWh) rispetto al +13% del 2022.
L’aumento del prezzo lordo in Italia è dovuto principalmente alla componente oneri e imposte che, rispetto ai 12 mesi precedenti, ha subito sensibili variazioni (+54,4%) per la progressiva reintroduzione degli oneri generali in bolletta; i prezzi netti, infatti, dati dalla somma del prezzo di energia e vendita e dei costi di rete, hanno registrato una piccola variazione negativa (-2%), passando da 31,74 c€/kWh a 30,98 c€/kWh. Al contrario, nell’Area euro si è registrato un aumento dei prezzi netti (+16,6%, da 22,48 a 26,21 c€/kWh), mentre una lieve riduzione si è avuta per oneri e imposte (-4%, passando da 5,46 a 5,24 c€/kWh).
Grazie al minore incremento registrato dai prezzi lordi italiani, il differenziale rispetto all’Area euro, che nel 2022 aveva raggiunto quota +30%, si è ridotto al 22,9%, così come la differenza in termini di prezzi netti (cioè al netto di oneri, imposte e tasse) è scesa dal +40% al +18,2%. Dal confronto con i prezzi dei Paesi europei paragonabili per dimensione all’Italia emerge che, nel 2023, le famiglie tedesche tornano in prima posizione con i prezzi più elevati (42,03 c€/kWh) seguite da quelle italiane che lo scorso anno le avevano superate (38,64 c€/kWh), francesi (32,65 c€/kWh) e spagnole (26,02 c€/kWh) .
Guardando alle classi di consumo, il differenziale tra i prezzi lordi italiani e quelli dell’Area euro è positivo per tutte le classi, massimo per la prima a consumi più ridotti (+23,7%) e minimo per l’ultima con consumi maggiori (+5%). Anche per i prezzi netti i differenziali risultano tutti di segno positivo ma con valori più contenuti: +9% e +12 nelle classi DB (consumi da 1.000 a 2.500 kWh/a) e DC (consumi da 2.500 a 5.000 kWh/a), nelle quali si concentrano i maggiori consumi nel nostro Paese; +2,4% nella classe DE (superiore a 15.000 kWh/a) che rappresenta una quota residuale dei consumi domestici (circa il 2%).
In particolare, nella classe di consumo intermedia DC (consumi da 2.500 a 5.000 kWh/a), che è rappresentativa del cliente domestico italiano, sia perché ha il peso maggiore in termini di energia venduta, sia perché includeva nel 2023 anche il cliente tipo normalmente di riferimento per l’Autorità, si osserva che il prezzo lordo in Italia è aumentato solo del 5,9% a fronte di incrementi più elevati negli altri Paesi: 14,5% in Francia, 22,9% in Germania e 35,4% nell’Area euro. Considerando i valori al lordo delle imposte, le famiglie italiane con consumi in questa classe pagano un prezzo di 35,71 c€/KWh che corrisponde +46,5% rispetto alle famiglie francesi (24,38 c€/kWh) e +49,7% rispetto alle spagnole (23,86 c€/kWh), mentre pagano il 12,4% in meno delle famiglie tedesche (40,75 c€/kWh).
I consumi di energia elettrica si sono ridotti del 2,9%, la flessione ha interessato quasi tutti i settori con cali più rilevanti nell’agricoltura (-6,5%), nell’industria (-4%) e nel terziario (-2,1%), nel domestico (-3%), nonché nel comparto residuale “altro” (-10,5%), mentre trasporti e pesca hanno segnato aumenti, rispettivamente, del 5,6% e 5,2%.
La domanda nazionale è stata soddisfatta per poco meno dell’84% dalla produzione nazionale e per il 16,8% dal saldo con l’estero (il valore più alto dall’inizio del secolo). Questi valori si confrontano con quelli del 2022 (87,2%) e del 2021 (87,5%) e confermano il calo osservato negli ultimi anni (nel 2020 era del 90,2%). La produzione nazionale lorda è scesa del 6,9% e si attesta a 264,3 TWh (284 TWh nel 2022) soprattutto per effetto del -19,3% nella produzione termoelettrica solo parzialmente compensato dal +15,6% delle fonti rinnovabili. Nel dettaglio, il segno meno compare per tutte le voci della produzione termoelettrica: solidi (-41,5%), prodotti petroliferi (-26,9%) e b (-15,9%). Tra le fonti rinnovabili sono in aumento la produzione idroelettrica (+42,4%), quella fotovoltaica (+9,2%) e quella eolica (+13,7%) mentre si sono ridotte la generazione geotermica (-2,5%) e da bioenergie (-9,1%).
Nel 2023 le importazioni sono passate da 47,4 a 54,5 TWh (+15%, +7,1 TWh rispetto all’anno precedente) mentre le esportazioni sono diminuite in misura percentualmente più elevata (-24,6%, da 4,4 a 3,3 TWh); di conseguenza l’incremento del saldo estero è risultato amplificato: rispetto al 2022, infatti, l’elettricità estera entrata nel sistema italiano è aumentata del 19%.
Nel 2023 il gruppo Enel si conferma il primo produttore con una quota del 16,9% (in calo rispetto al 18% del 2022) seguito da Eni al 9,5% (stabile rispetto al 2022), che risulta al primo posto per generazione termoelettrica (16,5% contro il 15,2% di Enel).
Enel si è confermata anche il primo operatore nella produzione da fonti rinnovabili con il 22,4% della generazione lorda, con una quota in calo, ma ancora significativa, nell’idroelettrico (37,8%) e la totalità di quelle nel geotermico. Tra i principali 15 gruppi che hanno contribuito alla produzione da energia rinnovabile restano rilevanti, pur se in diminuzione rispetto al 2022, le quote nell’eolico di Erg (10,6% contro 11,5% del 2022) e di Edison (9,4%, invariata rispetto all’anno precedente) e la quota nelle bioenergie di A2A (14,7% rispetto al 13,3% nel 2022).
Complessivamente, per l’anno 2023, i costi derivanti dall’incentivazione delle fonti rinnovabili sono risultati pari a circa 7 miliardi di euro (erano 6,4 mld € nel 2022 e 10,5 mld € nel 2021), in aumento rispetto all’anno precedente quando, per effetto degli elevati prezzi di mercato dell’energia elettrica e dei meccanismi di funzionamento degli incentivi descritti, il costo di alcuni strumenti incentivanti si è annullato. Fino al 31 marzo 2023, inoltre, i costi relativi ai regimi commerciali speciali (prezzi minimi garantiti e scambio sul posto) sono stati posti a carico della fiscalità generale.
A fine 2023 il numero di punti di prelievo domestici è risultato pari a 30,2 milioni, di cui poco meno di 8,9 milioni serviti in maggior tutela e circa 21,4 milioni nel mercato libero. Al 1° luglio 2024 i clienti vulnerabili in Maggior Tutela sono 3,6 milioni mentre sono 8,4 milioni i clienti vulnerabili che hanno scelto il mercato libero. I clienti non vulnerabili transitati automaticamente nel servizio a tutele graduali sono anch’essi circa 3,6 milioni mentre sono circa 14,7 milioni quelli nel mercato libero. I punti domestici serviti nel mercato libero erano saliti a fine 2023 al 70,7% (64,8% nel 2022), rappresentando il 75,5% dell’energia totale acquistata (68,5% nel 2022). Mentre al 1° luglio 2024 la quota del mercato libero risulta pari al 76,5%.
Nel 2023, il numero dei venditori attivi scende per la prima volta da 806 del 2022 a 765. I volumi venduti al mercato finale sono stati poco più di 241 TWh (-4,4%) a 37,3 milioni di clienti domestici e non domestici +0,2%).
Il gruppo Enel rimane, come sempre, l’operatore dominante del mercato elettrico italiano con una quota del 33,8%, in lieve diminuzione rispetto al 36,3% del 2022, che sale al 41,6% per il solo settore domestico, seguito da A2A (8,4%), Hera (5,9%) ed Edison (5,4%). Il livello di concentrazione del mercato totale si è leggermente ridotto: la quota dei primi tre operatori (gruppi societari), è passata dal 48,7% delle vendite complessive nel 2022 al 48,2%.
Lo scorso anno, il 66,8% dei clienti domestici ha sottoscritto un contratto nel mercato libero a prezzo fisso mentre il 33,2% ha scelto uno a prezzo variabile: nel 2022 queste percentuali erano rispettivamente 76,7% e 23,3% probabilmente anche in conseguenza della diminuzione per tutto il 2022 (e per la prima parte del 2023) della disponibilità di contratti a prezzo fisso. Inoltre, su fronte dei prezzi, il calo registrato nel 2023 ha avuto un impatto significativo sui contratti a prezzo variabile: i clienti domestici hanno pagato mediamente 227,33 €/MWh per la componente energia, circa 150 €/MWh in meno rispetto al 2022.
Il 33,7% dei clienti domestici ha sottoscritto un contratto che prevede uno sconto, mentre per quanto riguarda la presenza di servizi aggiuntivi si conferma la preferenza per l’acquisto di energia prodotta da fonti rinnovabili (51,7%) e per i servizi energetici accessori come strumenti digitali e collaborativi per il controllo di consumi e costi energetici, strumenti per aumentare l’efficienza energetica, prestazioni professionali come assistenza telefonica, manutenzione impianti, assicurazione sugli impianti energetici (37,6%).
In tema di prezzi ai clienti domestici si osserva, comunque che dopo la parentesi del 2022, il mercato libero presenta nuovamente valori superiori al servizio di maggior tutela, salvo che per i clienti con i consumi annui più elevati (superiori a 5.000 kWh/anno).
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