La spesa per le pensioni dei dipendenti pubblici cresce, soprattutto grazie al recupero dell’inflazione e supera quota 90 miliardi: secondo l’Osservatorio sulle pensioni dei dipendenti pubblici dell’Inps, gli assegni vigenti a inizio del 2024 sono quasi 3,14 milioni, ma se il numero dei trattamenti cresce dello 0,9%, gli importi aumentano dell’8,2% arrivando a 90.129 milioni di euro (erano 83.318 milioni nel 2023). L’importo medio delle pensioni dei dipendenti pubblici vigenti a inizio 2024 è di 2.209,70, in crescita di 147 euro rispetto ai 2.062,13 euro del 2023.
Gli importi in media sono superiori a quelli dei dipendenti privati, ma anche in questo settore c’è una grande differenza ai livelli apicali tra i trattamenti degli uomini e quelli delle donne. Le donne ricevono la maggioranza delle pensioni pubbliche (oltre 1,87 milioni contro 1,26), ma se un quarto di quelle erogate agli uomini sono pari o superiori a 3.000 euro al mese, questo avviene solo per una su 20 (il 4,97%) per quelle delle donne.
L’Osservatorio fa riferimento ai singoli trattamenti e non ai redditi da pensione del pensionato che possono riguardare più trattamenti. Gli assegni degli uomini sono il 40,3% del totale ma pesano per il 48,58% della spesa (43,78 miliardi), mentre i trattamenti delle donne sono il 59,7% del totale ma concentrano solo il 51,42% della spesa (46,35 miliardi).
L’Inps segnala che le pensioni liquidate nel 2023 (le nuove pensioni) sono diminuite rispetto al 2022 toccando quota 136.480 (-9,8%), diminuzione che «può essere imputata ad uno svuotamento delle generazioni pensionabili dovuta all’utilizzo, negli anni immediatamente precedenti, di anticipi pensionistici quali “Quota 100” e “Quota 102” e al sempre maggiore ricorso da parte degli iscritti alle ex Casse Tesoro alle pensioni in cumulo».
Guardando alle pensioni vigenti distinte per categoria e sesso, emerge che la maggioranza sono pensioni anticipate rispetto all’età di vecchiaia (il 58,9% delle pensioni sono di anzianità/anticipate, con un importo complessivo annuo pari a 58.921 milioni di euro), mentre il 14,6% sono pensioni di vecchiaia con importo complessivo annuo di 15.047 milioni di euro. Le pensioni di inabilità sono il 6,3% e il restante 20,2% è costituito dalle pensioni erogate ai superstiti di attivo e di pensionato.
L’Inps ha dato istruzioni sul riscatto dei periodi non coperti da versamenti contributivi. L’opportunità è valida solo per i lavoratori che hanno cominciato a versare a partire dal 1996 e quindi sono interamente nel sistema contributivo. La domanda di riscatto dei periodi non coperti da versamenti contributivi può essere fatta per un periodo massimo di cinque anni (anche non continuativi), ma è cumulabile con l’eventuale riscatto fatto grazie alla normativa del 2019. Nella circolare si spiega che il pagamento dei contributi per i periodi non coperti da contribuzione (ma non per quelli per i quali la contribuzione era obbligatoria, ma non è stata versata) andrà fatta con le aliquote contributive vigenti nel regime dove il riscatto opera alla data di presentazione della domanda. Bisogna avere almeno un contributo obbligatorio nella gestione pensionistica in cui è esercitata la facoltà di riscatto, versato in epoca precedente alla data di presentazione della domanda.
Per rimanere sempre aggiornati con le ultime notizie de “Il NordEst Quotidiano” e “Dario d’Italia”, iscrivetevi al canale Telegram per non perdere i lanci e consultate i canali social della Testata.
Telegram
https://www.linkedin.com/company/ilnordestquotidiano/
https://www.facebook.com/ilnordestquotidian/
X
https://twitter.com/nestquotidiano
© Riproduzione Riservata